Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12320 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 19/05/2010, (ud. 05/05/2010, dep. 19/05/2010), n.12320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A.P.;

– intimata –

e sul ricorso n. 1767/2007 proposto da:

B.A.P., gia’ elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALBERICO II 33, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO SERGIO, che

la rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso

e ricorso incidentale e da ultimo domiciliata d’ufficio presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TOSI PAOLO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1873/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/12/2005 r.g.n. 1431/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/05/2010 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI; udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l’accoglimento parziale del

ricorso principale, rigetto nel resto, assorbito l’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.A.P. convenne in giudizio la Poste Italiane spa avanti al Tribunale di Torino chiedendo l’accertamento della nullita’ del termine apposto a una pluralita’ di contratti di lavoro conclusi inter partes, per diverse causali, tra il 1997 e il 1999.

Il Giudice adito dichiaro’ la nullita’ del termine apposto al primo dei contratti dedotti in giudizio, decorrente dal 3.7.1997.

La Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 18.11 – 5.12.2005, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, dichiaro’:

– la validita’ del termine apposto al contratto concluso tra B.A.P. e la Poste Italiane spa, a decorrere dal 3.7.1997, per “necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenza per ferie nel periodo giugno – settembre”;

– la nullita’ del termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le stesse parti a decorrere dal 16.10.1997 e la conseguente sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato da tale data.

Per la cassazione di tale sentenza la Poste Italiane spa ha proposto ricorso fondato su due motivi.

L’intimata B.A.P. ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale fondato su un motivo, e ha depositato memoria.

La Poste Italiane spa ha resistito con controricorso al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi vanno preliminarmente riuniti, siccome proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. La disamina del ricorso incidentale, siccome rivolto a far valere l’invalidita’ del termine apposto al primo contratto (quello decorrente dal 3.7.1997), e’ logicamente prioritaria.

Con l’unico motivo la ricorrente incidentale censura la sentenza impugnata deducendo che erroneamente la Corte territoriale non aveva rilevato come le prove offerte al riguardo dalla parte datoriale non consentissero il controllo sulla sussistenza delle concrete ragioni per le quali era stata disposta l’assunzione a tempo determinato. Con riferimento ad una fattispecie simile a quella in esame, questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., n. 4933/2007) ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la necessita’ di uno specifico collegamento fra il singolo contratto e le esigenze aziendali ed aveva ritenuto, in particolare, la sussistenza di un obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito, rilevando che la pronuncia era viziata da violazione di norme di diritto e da un vizio di interpretazione della normativa collettiva.

La violazione di norme di diritto e’ stata individuata nella statuizione con la quale la sentenza di merito aveva negato che l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva fosse del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie, osservando, al riguardo, che gia’ le Sezioni Unite di questa Corte (cfr, Cass., SU, n. 4588/2006) avevano affermato il principio di diritto secondo cui la L. n. 56 del 1987, art. 23 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria “delega in bianco” a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge.

Per quanto concerne il vizio di interpretazione della normativa pattizia e’ stato osservato che la statuizione del giudice del merito, nell’escludere che l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo potesse contemplare, quale unico presupposto per la sua operativita’, l’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie, aveva dimostrato una carenza di indagine sull’intenzione espressa dagli stipulanti, posto che il quadro normativo di riferimento imponeva l’esame del significato delle espressioni usate dalle parti e, in particolare, un’indagine sulle ragioni dell’uso di una formula diversa da quella della legge, priva di riferimenti alla sostituzione di dipendenti assenti, sostituiti dalla precisazione dei periodo per il quale l’autorizzazione e’ concessa (pur potendo le ferie essere fruite in periodi diversi), onde verificare se la necessita’ di espletamento del servizio facesse riferimento a circostanze oggettive ovvero esprimesse solo le ragioni che avevano indotto a prevedere questa ipotesi di assunzione a termine, nell’intento di considerarla sempre sussistente nel periodo stabilito, in correlazione dell’uso dell’espressione “in concomitanza”.

Inoltre altre decisioni di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., n. 26678/2005) hanno confermato la decisione di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, aveva ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operativita’ fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Alla luce di tali principi, dai quali il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, deve quindi rilevarsi l’erroneita’ dell’impostazione su cui si fonda la censura all’esame, ossia che il datore di lavoro abbia l’obbligo di dimostrare che “le assenze per ferie determinino (o possano determinare) difficolta’ nell’espletamento del servizio”, con riferimento all’ufficio ove il lavoratore assunto a termine ha prestato la propria opera.

3. Passando alla disamina del primo motivo del ricorso principale, va rilevato che il contratto in relazione a quale e’ stata ritenuta l’illegittimita’ del termine e’ stato concluso a norma dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 e, in particolare, in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane.

La Corte di merito ha ritenuto l’illegittimita’ del termine apposto a tale contratto sul presupposto che, anche nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi a norma della L. n. 56 del 1987, art. 23 fosse necessario che l’apposizione del termine fosse stata giustificata da “particolari, eccezionali esigenze”, conseguenti al processo di ristrutturazione in atto, ma “diverse dal mero svolgimento del processo di ristrutturazione e tali da legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro”; rilevato che la parte datoriale non aveva “dedotto alcuna prova sulla correlazione tra la assunzione della B. e la ristrutturazione in atto presso l’agenzia di (OMISSIS), ove la lavoratrice aveva espletato le proprie mansioni, ha concluso per l’illegittimita’ del termine, benche’ ricadente in un periodo precedente la data del 30 aprile 1998.

La suddetta impostazione e’ stata censurata dalla societa’ ricorrente la quale deduce, in particolare, che l’interpretazione data dalla Corte di merito si basa, in sostanza, su una erronea interpretazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 per essere stato ritenuto che tale fonte normativa non consentirebbe all’autonomia collettiva di costruire fattispecie di assunzione a tempo determinato correlate esclusivamente ad una situazione soggettiva dell’azienda.

Osserva il Collegio che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr, in particolare, Cass., nn. 14011/2004; 4862/2005), specificamente riferito ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato.

La Corte di merito ha deciso in palese violazione del suddetto principio di diritto; alla base della motivazione della decisione e’ infatti l’assunto secondo cui non sarebbe consentito autorizzare un datore di lavoro ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra contratti ed esigenze aziendali cui sono strumentali; la sentenza, quindi, si muove pur sempre nella prospettiva che il legislatore non abbia conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, imponendo al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1;

cio’ in contrasto con quanto ripetutamente affermato da questa Corte Suprema e ribadito dalla gia’ ricordata sentenza delle Sezioni Unite n. 4588/2006.

Il motivo all’esame deve quindi ritenersi fondato, restando assorbito il secondo motivo, relativo alla questione della intervenuta risoluzione del contratto per mutuo consenso.

4. In definitiva il ricorso principale deve essere accolto e quello incidentale rigettato.

La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio al Giudice designato in dispositivo, che procedera’ a nuovo esame conformandosi ai sopra enunciati principi e provvedere altresi’ sulle spese del presente giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara assorbito il secondo; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Genova.

Cosi’ deciso in Roma, il 5 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

 

 

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