Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12320 del 15/06/2016


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Cassazione civile sez. trib., 15/06/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 15/06/2016), n.12320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29909/2010 proposto da:

COMUNE DI LEVANTO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DELLA BUFALOTTA 174, presso lo studio

dell’avvocato PATRIZIA BARLETTELLI, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

B.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 141/2009 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 10/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione, da parte della contribuente, di un avviso d’accertamento e liquidazione emesso dal comune di Levanto, con il quale l’ente locale, richiedeva il pagamento dell’imposta Ici per l’annualità 2000 relativamente ad un immobile di proprietà della medesima contribuente. La ricorrente ha evidenziato di aver effettuato il versamento dell’imposta dovuta sulla base della rendita presunta, poichè non conosceva i dati di classamento della propria unità immobiliare, comunicati dal Comune solo in sede di notifica dell’avviso d’accertamento.

La ctp accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, perchè rilevava che l’intervenuta variazione della rendita non era stata notificata alla contribuente e dichiarava, pertanto, dovute la sola differenza tra l’imposta accertata e l’imposta pagata, mentre dichiarava non dovuti sanzioni e interessi. Il Comune ha proposto appello, rilevando come la rendita catastale era in atti fin dall’impianto meccanografico del 1987 e che, a far data dall’1.1.1992 era stata elevata a Lire 2.250.000 a seguito della revisione generale delle tariffe di estimo, pertanto, il contribuente avrebbe dovuto determinare l’ICI sulla base della rendita riportata nel nuovo catasto edilizio urbano e non fare riferimento a una rendita presunta. Poichè la CTR ha confermato la sentenza di primo grado, il comune di Levanto ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di tre motivi, mentre la parte contribuente non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i tre motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente attenendo ad un medesimo profilo di censura, il Comune ricorrente ha denunciato, da una parte, il vizio di violazione di legge, in particolare della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 11 e 14, nonchè dell’art. 113 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e dall’altra, ha denunciato il vizio di motivazione insufficiente o contraddittoria, sul medesimo profilo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, l’art. 74 citato in rubrica non sarebbe applicabile alla fattispecie oggetto di controversia, in quanto alla data del primo pagamento ICI, l’immobile della contribuente era regolarmente censito con attribuzione di categoria e rendita, come risulterebbe dalla nota di trascrizione dell’atto di compravendita del medesimo cespite del 22.4.1972; d’altra parte, la rendita catastale era stata elevata a far data dal 1.1.1992 a seguito della revisione generale delle tariffe d’estimo del N.C.E.U. di cui al decreto ministeriale 27.9.1991, pubblicato nel supplemento straordinario alla G.U. n. 229 del 30.9.1991 serie generale. Tale variazione delle rendite, era una variazione generalizzata che interessava tutti gli immobili iscritti in catasto e che costituendo una mera attuazione del disposto normativo non era prevista una specifica notifica per ogni singolo contribuente. Mentre, invece, sempre secondo il comune ricorrente, della L. n. 342 del 2000, art. 74, riguarderebbe esclusivamente gli atti attributivi della rendita catastale a fabbricati non iscritti in catasto e gli atti modificativi della medesima rendita risultante in catasto, quando non è più adeguata per intervenute variazioni permanenti nel fabbricato e troverebbe esclusiva applicazione nel caso di legittimo utilizzo da parte del contribuente della c.d.

rendita presunta (v. D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5).

Il motivo è fondato.

E’ insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In tema di ICI, non può escludersi il pagamento di sanzioni e interessi in relazione all’accertamento della debenza di una somma maggiore a titolo di imposta per immobili la cui iscrizione in catasto e relativa attribuzione della rendita sia anteriore all’istituzione del tributo, anche ove tale rendita non risulti notificata precedentemente all’emissione degli avvisi di accertamento e rettifica, poichè in tal caso è inapplicabile della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, il quale esclude, in linea generale, sanzioni ed interessi per gli atti attributivi o modificativi di rendita adottati entro il 31 dicembre 1999, e non ancora definitivi a quella data, in quanto ilD.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, nell’introdurre l’ICI, ha fissato per i contribuenti, negli artt. 5 e 10, l’obbligo di dichiarare gli immobili e di pagare l’imposta calcolandone correttamente l’importo, previo accertamento dei presupposti, e quindi dell’iscrizione in catasto e dell’ammontare dell’eventuale rendita per ciascun cespite, senza alcuna correlazione con un corrispondente obbligo del Comune di procedere alla notifica dei dati catastali” (Cass. n. 24677/2011).

Nel caso di specie, risulta pacifico dagli atti di causa, che l’immobile di proprietà della contribuente godesse di una propria rendita fin dall’istituzione dell’imposta comunale sugli immobili e, pertanto, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 11 e 15, la competente CTR avrebbe dovuto dichiararne l’obbligo a corrispondere sanzioni e interessi oltre che l’importo dell’imposta non pagata, in quanto la norma di cui si assume l’errata applicazione (indicata in rubrica), fa riferimento all’ipotesi d’immobili non iscritti in catasto ovvero a quelli con attribuzione di rendita presunta per intervenuta modificazione a seguito di variazioni permanenti del fabbricato (v. D.Lgs. n. 504 del 1992, rispetto alla L. n. 342 del 2000, art. 74).

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata, sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito della già operata compensazione da parte delle CTR, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la parte contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 700,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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