Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12320 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. II, 09/05/2019, (ud. 07/02/2019, dep. 09/05/2019), n.12320

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23211-2015 proposto da:

B.G., B.L., B.F., BI.JO.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MERULANA 234, presso lo

studio dell’avvocato CRISTINA DELLA VALLE, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati MAURIZIO CARRARA, LORENZO SPALLINO;

– ricorrenti –

contro

BE.CR. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRELLA UMBERTO;

– controricorrente e ric. incidentale –

avverso la sentenza n. 2666/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2019 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARMELO SGROI, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione; rigetto I e II motivo, assorbito il III del

ricorso incidentale;

uditi gli Avvocati SPALLINO Lorenzo, CARRARA Maurizio, difensori dei

ricorrenti che si riportano agli atti depositati;

udito l’Avvocato ROMANELLI Guido Francesco, difensore della

controricorrente incidentale, che si riporta agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L., F., B.G. e Bi.Jo. propongono ricorso per cassazione contro Be.Cr., che resiste con controricorso proponendo ricorso incidentale, illustrato da memoria, con ulteriore controricorso dei ricorrenti, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 23.6.2015 che, in parziale accoglimento dell’appello del’attrice Be. ed in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Como, sezione di Menaggio, li ha condannati ad arretrare il fabbricato in (OMISSIS) sino a rispettare la distanza legale, nel contempo arretrando il muro perimetrale di confine sul lato nord ovest e lo sporto di gronda, oltre le spese.

Il Tribunale aveva solo accolto la domanda di trasformazione delle cinque finestre prospicienti la proprietà del’attrice, rispetto alla quale l’edificio ristrutturato si trovava in aderenza, le quali costituivano vedute e di cui aveva imposto la trasformazione in luci mentre la Corte territoriale, con richiami giurisprudenziali, ha valorizzato la circostanza che trattavasi di nuova costruzione attesa l’entità delle modifiche apportate al volume ed alla conformazione del fabbricato.

I ricorrenti denunziano 1) violazione degli artt. 873,977,880,885,903 e 904 c.c. e del D.M. n. 1444 del 1968 in ordine alla ipotizzata nuova costruzione; 2) violazione del dm citato ed omesso esame di fatto decisivo per non aver considerato l’azzonamento dell’immobile; 3) violazione degli artt. 191,194,195,196 e 116 c.p.c. circa la valutazione delle prove; 4) violazione della normativa urbanistica locale e dell’art. 112 c.p.c.; 5) violazione del D.P.R. n. 380 del 2001, della L.R. n. 12 del 2005 ed omesso esame della ctu; 6) violazione dell’art. 111 Cost., art. 132 c.p.c. ed omesso esame in ordine alla invasione del muro perimetrale; 7) violazione dell’art. 840 c.c. ed omesso esame dell’assenza di concrete possibilità di utilizzazione dello spazio aereo al di sopra del tetto Be.; 8) violazione degli artt. 191,194,195,196 e 116 c.p.c.; 9) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 e violazione dell’art. 112 c.p.c..

Il ricorso incidentale denunzia violazione 1) dell’art. 900 c.c. e art. 112 c.p.c.; 2) della L. n. 46 del 1990 e degli artt. 1027 c.c. e ss.; 3) dell’art. 900 c.c. e ss, artt. 1226,2043,2967,874 e 938 c.c.; 4) in via subordinata ripropone l’istanza risarcitoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La sentenza impugnata qualifica l’immobile per cui è causa nuova costruzione con finestre che si affacciano sull’edificio confinante con la conseguenza che la distanza minima da rispettare è di 10 metri mentre il nuovo edificio costruito dal primo al quarto piano sopra il muro di confine si trova in aderenza rispetto all’edificio dell’attrice.

Mancando la corrispondenza tra il nuovo muro perimetrale ed il vecchio è stata disposto l’arretramento del muro e, quindi, dello sporto di gronda.

Rispetto a questa statuizione il ricorso principale, anche nella tecnica espositiva corredata da rappresentazione grafica, richiederebbe un riesame del merito, precluso in questa sede.

Sul primo motivo non si ignora la consolidata giurisprudenza secondo la quale vi è nuova costruzione in caso di alterazione di sagoma e volume.

Questa Corte ha, invero, statuito che nella ristrutturazione rimangono inalterate le componenti essenziali interne mentre la nuova costruzione comporta aumenti di volumetria e di superficie (Cass. 11.6.2018 n. 15041, Cass. 25.5.2016 n. 10873, Cass. 20.8.2015 n. 17043).

In ordine alla doglianza la controricorrente replica che in zona A sono previste solo ipotesi di intervento conservativo e ristrutturativo delle preesistenze, che vige il generale divieto di costruzioni ex novo e l’art. 6.1 delle norme tecniche del piano regolatore comunale qualifica espressamente gli interventi di demolizione e ricostruzione come nuova costruzione.

La sentenza, al riguardo, parla di edificio demolito dal primo piano in su, cioè non di mera ristrutturazione ma di nuova costruzione con finestre che si affacciano sull’edificio confinante.

Questa Corte, tuttavia, ha statuito che, in tema di distanze tra costruzioni, ove lo strumento urbanistico non contenga una norma espressa che estenda alle ricostruzioni le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni la disciplina dettata per queste ultime trova applicazione solo relativamente alla parte del fabbricato ricostruito che eccede i limiti di quello preesistente (Cass. 14.1.2016 n. 472) e, ove sia realizzata una costruzione in violazione delle distanze o dei confini, la riconosciuta illegittimità non comporta necessariamente la demolizione integrale ma unicamente la riduzione entro i limiti di legge delle sole parti che superano tali limiti (Cass. 28.11.2018 n. 30761), essendo la tutela del vicino limitata a quanto fatto in più.

Donde l’accoglimento del primo motivo e l’assorbimento del secondo.

Il terzo motivo è generico nel riferimento alla errata valutazione delle prove e non fornisce elementi utili all’accoglimento della doglianza.

Il quarto motivo non impugna congruamente la tassatività della distanza minima assoluta di 10 metri tra pareti finestrate.

Con sentenza 7 luglio 2011 n. 14953 le Sezioni unite di questa Corte, in riferimento al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9che prevede una distanza di 10 metri delle costruzioni dalle “pareti finestrate”, ha affermato che tale disposizione esige in maniera assoluta il rispetto della distanza in questione, essendo destinata a disciplinare le distanze tra le costruzioni e non tra queste e le vedute, in modo che sia assicurato un sufficiente spazio libero che risulterebbe inadeguato se comprendesse soltanto quello direttamente antistante alle finestre in direzione ortogonale, con esclusione di quello laterale.

In senso conforme sulla inderogabilità della distanza minima assoluta di metri dieci tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti Cass. 22.8.2018 n. 20951, Cass. 17.5.2018 n. 12129, Cass. 22.3.2016 n. 5594, Cass. 31.12.2014 n. 27558).

Il quinto, il sesto ed il settimo motivo non superano le preclusioni sulle doglianze ex art. 360 c.p.c., n. 5 nuovo testo; ai sensi dell’art. 360, n. 5, come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012, è inammissibile il motivo di ricorso per l’omesso esame ove il fatto storico sia stato comunque preso in considerazione.

Il nuovo testo dell’art. 360, n. 5 deve essere interpretato, alla luce dei canoni di cui all’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione con riferimento alla mancanza assoluta dei motivi, alla motivazione apparente, al contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, alla motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di motivazione (Cass. 14324/15, S.U.8053/14).

L’ottavo motivo è genericamente formulato e così anche il nono.

Il ricorso incidentale, di cui si eccepisce erroneamente la tardività perchè il termine decorre dalla notifica del ricorso principale e non della sentenza, riguarda il parziale rigetto del terzo motivo di appello, il rigetto della domanda inerente l’eliminazione della servitù di scarico, la delibazione della istanza risarcitoria ed, in via subordinata, e sostanzialmente condizionata, sempre della istanza risarcitoria sotto altro profilo ma le doglianze, prive di specificità anche nel rinvio generico alle risultanze processuali, non superano la motivazione della sentenza che, alle pagine otto e nove, ha statuito che le trasformazioni imposte dal Tribunale sono idonee ai sensi dell’art. 902 c.c. a consentire il passaggio della sola luce e dell’aria nei locali del nuovo edificio senza permettere di affacciare sul fondo dell’attrice, che in primo grado non aveva chiesto che le luci fossero dotate di inferriate e di grate fisse.

Quanto allo scarico le due aperture non comportavano una servitù, trattandosi solo di bocche di areazione dei locali della caldaia, peraltro obbligatorie per legge.

Quanto alla censura sul danno è assorbita dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale.

Donde la cassazione con rinvio in relazione al motivo accolto.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, rigetta gli altri ed i primi due del ricorso incidentale, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano, altra sezione anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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