Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12319 del 10/05/2021
Cassazione civile sez. I, 10/05/2021, (ud. 23/03/2021, dep. 10/05/2021), n.12319
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n. 10148/2020 proposto da:
M.T.A. alias A.T., rappresentato e difeso
dall’Avv. Assunta Fico, come da procura in calce al ricorso per
cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,
domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli
uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1729/2019,
pubblicata in data 11 settembre 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/03/2021 dal consigliere Caradonna Lunella.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. Con sentenza dell’11 settembre 2019, la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’appello proposto da M.T.A. alias A.T., cittadino del Pakistan (distretto di Gujrat, regione del Punjab), avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 13 dicembre 2018.
2. Il richiedente aveva dichiarato di essere andato via dal Paese di origine perchè era stato minacciato di morte dal suo datore di lavoro, che aveva visto uccidere due persone e che pur essendosi rivolto alla Polizia, questa aveva raccontato tutto al suo datore di lavoro che aveva picchiato i suoi genitori e lo aveva licenziato e denunciato per il furto di due bufali.
3. La Corte di appello, dopo avere ritenuto non necessaria l’audizione del ricorrente, perchè sentito dalla Commissione territoriale, era stato messo nelle condizioni di riferire ogni circostanza utile, illustrando con chiarezza le ragioni del suo espatrio, non ha ritenuto credibile il racconto del richiedente; i giudici di secondo grado, inoltre, hanno affermato che non sussistevano nemmeno i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, anche alla luce delle fonti internazionali consultate e specificamente indicate; quanto alla protezione umanitaria, è stato precisato che il richiedente non aveva allegato una specifica situazione di vulnerabilità, tenuto conto pure dell’inattendibilità ed incongruenza delle dichiarazioni dell’interessato e della situazione del Paese di provenienza; nè l’aspirazione a condizioni di vita migliori potevano giustificare la protezione umanitaria.
4. M.T.A. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a quattro motivi.
5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e della Direttiva 2013/32/UE, art. 46, comma 3, non avendo la Corte territoriale proceduto all’audizione personale dello stesso e, con motivazione contraddittoria, non aveva ritenuto credibile il suo racconto; che il verbale di audizione davanti la Commissione territoriale non era affatto esaustivo, come affermato dalla Corte di merito, perchè non aveva tenuto conto della documentazione successivamente prodotta dal richiedente, conducendo un esame istruttorio lacunoso e superficiale.
2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’omessa valutazione del livello di integrazione del ricorrente e dei documenti prodotti diretti a suffragare l’impiego lavorativo espletato e specificamente la comunicazione obbligatorie Unilav e le buste paga relative ai contatti di lavoro subordinato stipulati a far data dal 17 giugno 2017.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 – 27, avendo omesso la Corte territoriale di compiere un’adeguata istruttoria sul rischio di subire un danno grave a causa delle passibili ritorsioni che potrebbero essergli commisurate dai suoi persecutori.
4. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 e s.m.i. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, per la mancata comparazione tra integrazione sociale e situazione personale del richiedente; in particolare egli, attualmente assunto da una azienda che operava nel settore commercio, con qualifica di commesso, aveva un impiego stabile e ben remunerato da circa due anni e il datore di lavoro gli aveva assicurato che avrebbe prorogato il contratto di lavoro alla scadenza prevista per il 30 giugno 2019.
5. Occorre prendere atto che il secondo e il quarto motivo di ricorso sottopongono allo scrutinio della Corte il tema della correttezza e della congruità della motivazione resa dalla Corte territoriale a corredo del diniego della richiesta di protezione umanitaria in rapporto ai presupposti della misura di protezione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, il cui apprezzamento svolge la considerazione di questioni di diritto che sono state rimesse al Primo Presidente di questa Corte per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite con ordinanza interlocutoria n. 28316 depositata in data 11 dicembre 2020.
6. Ne consegue che, avuto riguardo al ruolo nomofilattico della Corte di cassazione e all’interesse alla salvaguardia della stabilità giurisprudenziale di cui all’art. 374 c.p.c., si impone il rinvio a nuovo ruolo della trattazione del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rinvia il ricorso a nuovo ruolo e dispone che, all’esito della decisione delle Sezioni Unite, la cancelleria trasmetta il fascicolo al Presidente per la fissazione di una nuova udienza camerale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021