Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12317 del 15/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12317 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: RAGONESI VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 9240-2014 proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO INTEREDIL S.R.L., in persona
del Curatore prof. avv. SABINO FORTUNATO,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAMERINO

Data pubblicazione: 15/06/2015

15, presso l’avvocato ALESSANDRA VICINANZA,
rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLA ZAURITO,
2015

giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

878

contro

SOCIETA’ CANOPUS COMPANY LIMITED, nella qualità di

1

socio unico della cessata INTEREDIL S.R.L., in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, Via DELLA
GIULIANA 58, presso l’avvocato PIETRO TROIANIELLO,
rappresentata e difesa dagli avvocati TOMMASO

controricorso;
– controricorrente contro

INTESA SANPAOLO S.P.A.;
– intimata

avverso la sentenza n. 2310/2013 del TRIBUNALE di
BARI, depositata il 08/07/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/05/2015 dal Consigliere Dott.
VITTORIO RAGONESI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato PAOLA ZAURITO
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

SAVITO, ROBERTO VASSALLE, giusta procura in calce al

Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’improcedibilità o in subordine rigetto del
ricorso.

2

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 28.10.2003, la S.p.A. Intesa

il fallimento della s.r.l. Interedil.
In pendenza del procedimento per la dichiarazione di
fallimento, la s.r.l. Interedil in liquidazione, in data
13.12.03, proponeva ricorso per regolamento preventivo di
giurisdizione, sostenendo che, poiché dal 18.7.2001 la sede
statutaria della società era stata trasferita dall’Italia
(Monopoli) nel Regno Unito, a Londra, la giurisdizione in
ordine all’apertura della procedura concorsuale apparteneva
al Giudice inglese e non già al Giudice italiano.
In pendenza del procedimento per regolamento preventivo di
giurisdizione dinanzi alla Corte di Cassazione, il Tribunale di
Bari, ritenendo manifestamente infondata l’eccezione di
difetto di giurisdizione del giudice italiano, nonchè irrilevanti
ed infondate le ulteriori eccezioni sollevate dalla Interedil, ed
accertata la sussistenza dello stato di insolvenza della società,
dichiarava il ‘fallimento della Interedil s.r.L in liquidazione,
già con sede in Londra, Chelsea Chambers 262° Fulham
Road”.

Gestione Crediti chiedeva al Tribunale di Bari di dichiarare

Con atto di citazione del 18.6.2004 la s.r.l. Interedil
proponeva dinanzi al Tribunale di Bari , ai sensi dell’art. 18
Legge Fallimentare , opposizione alla predetta sentenza
dichiarativa di fallimento.

preliminare, l’eccezione, già formulata nella fase
prefallimentare, di difetto di giurisdizione del Giudice italiano,
sostenendo che la competenza ad aprire la procedura
concorsuale apparteneva al Giudice inglese ai sensi dell’art. 3,
paragrafo 1, Regolamento CE n. 1346/2000, atteso che la
“sede statutaria” ed il “centro degli interessi principale” della
società erano localizzati nel Regno Unito, a Londra, sin dal 18
luglio 2001.Sempre in via preliminare, l’opponente
rappresentava che sia l’attività in Italia che in Gran Bretagna
erano cessate, rispettivamente, in data 18.7.’01 e 22.7.’02,
sicchè la società non era più assoggettabile al fallimento ex
art. 10 11. alla data di emissione della relativa sentenza
dichiarativa (24.5.’04).
Nel merito, contestava la sussistenza dello stato di insolvenza.
I resistenti, costituendosi in giudizio,contrastavano
l’eccezione sollevata dalla società opponente, sostenendo
che, ai sensi del citato art. 3 Regolamento CE n. 1346/2000,
la competenza giurisdizionale sarebbe stata del Giudice
italiano in quanto la s.r.l. Interedil, pur avendo la propria
sede statutaria a Londra, avrebbe mantenuto in Italia “il
centro degli interessi principale” .

A sostegno . dell’opposizione la s.r.l. Interedil ribadiva, in via

In pendenza del giudizio di opposizione alla sentenza
dichiarativa di fallimento interveniva l’ordinanza di questa
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 10606/2005,
depositata il 20.5.2005, con cui pronunciandosi sul ricorso
per regolamento preventivo di giurisdizione proposto dalla

Giudice italiano.
Su richiesta della s.r.l. Interedil — la quale sosteneva che la
pronuncia della Corte di Cassazione sarebbe stata
“confliggente con l’art. 3, paragrafo 1, Regolamento CE n.
1346/2000 in base al quale la giurisdizione appartiene al
Giudice inglese” il Tribunale rimetteva gli atti alla Corte
di Giustizia della Comunità Europea, la quale, accertata la
ricevibilità della richiesta pregiudiziale del Tribunale,
provvedeva con sentenza del 20.10.11.
Per effetto della detta pronuncia della Corte di Giustizia
Europea, il tribunale di Bari, con sentenza 23.10.13
accoglieva l’opposizione e per l’effetto revocava la sentenza
di fallimento.
Avverso la detta sentenza proponeva appello la curatela
fallimentare cui resisteva la Canopus Company ltd.
La Corte d’appello di Bari, con ordinanza ex art 348 ter cpc,
dichiarava inammissibile l’appello.
La curatela fallimentare ha proposto ricorso sulla base di un
solo motivo avverso la sentenza del tribunale di Bari n.
23.10.13, cui resiste con controricorso illustrato con

s.r.l. Interedil il 13.12.2003, dichiarava la giurisdizione del

memoria la Canopus Company

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso la Curatela del
Fallimento Interedil denunzia, ai sensi dell’art. 360

grado per violazione degli artt. 382 c.p.c., 2909 c.c. e
267 TFUE, assumendo che il primo giudice avrebbe
dovuto dichiarare inammissibile l’ eccezione di carenza
di giurisdizione in quanto le questione era già stata
decisa dalla Suprema Corte, a seguito di regolamento
di giurisdizione proposto in sede prefallimentare, con
ordinanza n. :10606/05.
Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di
inammissibilità del ricorso sollevate dalla
controricorrente.
Con la prima si deduce

che il ricorso sarebbe

inammissibile in quanto non validamente notificato nel
termine di legge ad alcuno dei soggetti ai quali avrebbe
dovuto essere notificato, per cui la sentenza impugnata
sarebbe passata in giudicato.
Deduce a tale proposito che il ricorso è stato notificato ai
procuratori dei soggetti nei cui confronti si è svolto il
giudizio di primo grado mentre avrebbe dovuto essere
notificato alle parti del giudizio di appello e, cioè, al
procuratore della Canopus Company Limited

comma 1° n. 4 c.p.c., nullità della sentenza di primo

costituitasi in grado di appello quale unico socio della
cessata Interdil s.r.1., nonché, personalmente, alla soc. Intesa
Gestione Crediti rimasta contumace nel giudizio di appello.
Infatti,pur se l’art. 348 ter c.p.c. dispone che a seguito
dell’ordinanza di inammissibilità prevista dalla stessa

cassazione avverso il “provvedimento” di 1° grado, la
notifica del ricorso doveva comunque essere effettuata
nei confronti delle parti del giudizio di appello
conclusosi con la declaratoria di inammissibilità.
Il motivo è infondato.
Risulta dalla ordinanza ex art 348 ter cpc che in fase di
appello era stata citata ed era presente la Interedil srl e
per essa la Canopus Company ltd difesa dai medesimi
avvocati di cui al giudizio di primo grado. Del tutto
correttamente pertanto il ricorso è stato notificato a
questi ultimi quali difensori della Interedil srl.
Parimenti corretta appare la notifica effettuata alla
Banca Intesa Sanpaolo avente causa della Intesa
gestione crediti spa .
Con la seconda eccezione di inammissibilità si deduce la
violazione dell’art 366 n. 6 cpc poiché ,nonostante nel
ricorso siano indicati gli atti su cui lo stesso si fonda, gli
stessi non risultano essere stati depositati. Si deduce
inoltre che non risulta depositata l’autorizzazione del

norma, la parte appellante possa proporre ricorso per

Giudice delegato al fallimento a proporre ricorso.
L’eccezione è infondata.
Invero gli atti , ivi compreso il decreto ex art 348 bis cpc
risultano depositati e rinvenibili nel fascicolo di parte,

l’autorizzazione del giudice delegato al fallimento per la
proposizione del ricorso.
Venendo all’esame del ricorso, va preliminarmente
osservato che , in applicazione della specifica causa petendi
e del petitum dello stesso, la questione che viene posta
concernente la correttezza del decisum laddove nega che la
società aveva sede all’estero, si scinde in due profili: se il
Tribunale poteva disattendere l’efficacia vincolante della
sentenza pronunciata in sede di regolamento di
giurisdizione; se, qualora alla domanda si dia risposta
affermativa, sia non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale della legge di adesione al Trattato
RU, nella parte in cui, consentendo di disattendere detta
efficacia vincolante, se resa necessaria dalla necessità di
osservare una pronuncia della Corte di giustizia, violi gli artt.
3, 24, 102 e 113 Cost .
Esula invece dal presente giudizio la questione , non posta,
della riferibilità della pronuncia di inammissibilità ex art 348
bis cpc ad uno dei casi di manifesta inaccoglibilità
dell’impugnazione per motivi di merito, che avrebbero

così come nel fascicolo di parte è rinvenibile

consentito di pronunciare l’ordinanza ,con esclusione ,quindi,
dell’eventuale questione dell’esatta individuazione delle
ragioni della dichiarata inammissibilità dell’appello e
dell’ipotizzabilità di una sua ricorribilità per cassazione.

merito della valutazione in ordine alla sussistenza dei
presupposti per ritenere la società avente sede all’estero: la
ricorrente sostiene, a tale proposito , che, ai sensi dell’art. 348ter, comma 4, cpc ,non poteva denunciare il vizio dell’art. 360
n. 5 cpc, e in nessun modo esamina il merito di tale decisione
o, comunque, censura tale norma sotto il profilo della
legittimità costituzionale.
Ciò posto il ricorso appare infondato.
Invero la questione del carattere definitivo e vincolante della
pronuncia delle Sezioni Unite della cassazione in tema di
giurisdizione e della sua natura o meno di giudicato è stata
sottoposta all’esame della Corte di Giustizia ( vedi paragrafi 9
e 32 della sentenza) la quale ha ritenuto che tale circostanza
non costituisse causa di irricevibilità della richiesta di
pronuncia pregiudiziale ed ha conseguentemente affermato il
principio che ” il diritto dell’Unione osta a che un giudice
nazionale sia vincolato da una norma di procedura nazionale
ai sensi della quale egli debba attenersi alle valutazioni svolte
da un giudice nazionale di grado superiore qualora risulti che
le valutazioni svolte dal giudice di grado superiore non sono

Inoltre in nessuno dei motivi viene posto in discussione il

conformi al diritto dell’Unione come interpretato dalla Corte”
( par 39 della sentenza e paragrafo 1 del dispositivo).
Tale decisione ( opinabile o meno che sia, sussistendo anche
precedenti contrari sul cui esame questo Collegio ritiene

Corte in ragione del carattere vincolante delle pronunce
emesse dalla Corte di Giustizia in sede di parere ex art 267
TFUE e deve, pertanto, concludersi che il Tribunale di Bari,
una volta che aveva investito la Corte di Giustizia sulla
questione pregiudiziale e questa aveva ritenuto di
pronunciarsi su di essa non poteva non attenersi ai principi
stabiliti da quella Corte.
Come si è già detto, resta escluso dal presente giudizio
l’accertamento se il tribunale di Bari abbia fatto buon governo
o meno dei principi predetti in quanto tale questione non
viene posta nel ricorso.
La questione di costituzionalità prospettata dal fallimento
ricorrente appare manifestamente infondata discendendo la
supremazia della Corte di Giustizia dai Trattati costitutivi
dell’Unione Europea e dai conseguenti vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario cui l’Italia si è sottoposta in
osservanza degli artt. 11 e 117 Cost. ed essendo la decisione
della Corte di Giustizia basata sull’esigenza di garantire una
applicazione effettiva ed uniforme a livello europeo delle
norme europee ,per cui essa , alla luce del sistema di

superfluo soffermarsi ) non può essere disattesa da questa

interrelazione degli ordinamenti, opera come una sorta di
sentenza della Corte costituzionale che ,come è noto, vale
ad eliminare il vincolo, senza vulnerare i cc.dd. controlimiti
costituiti dai principi fondamentali dell’ordinamento
costituzionale e dai diritti inviolabili garantiti dalla

Nel caso di specie il principio del giudicato non ha un
espresso riconoscimento al livello costituzionale, per cui
sotto tale profilo lo stesso va valutato alla luce del diritto di
difesa delle parti e della tutela dei loro interessi in sede
giurisdizionale.
Si osserva a tale proposito che non sussiste alcuna
sottrazione di poteri al giudice italiano ( art 102 Cost) in
ragione del riconosciuto potere sovraordinato della Corte di
Giustizia conformemente agli artt. 11 e 117 Cost. Parimenti
non si riscontra alcuna violazione dell’art 113 cost, poiché
l” articolo in questione riguarda atti della Pubblica
amministrazione che nel caso di specie non sussistono.
Sotto il profilo del diritto di difesa va osservato che, nel caso
di specie, rivestendo la pronuncia sulla giurisdizione
carattere meramente processuale e non di merito , resta
comunque fatta salva la possibilità per la parte di far valere
le proprie ragioni innanzi alla giurisdizione competente,
senza che risulti violato il principio secondo cui una volta
conclusosi il processo con una sentenza di merito non possa

Costituzione.

più essere messo in discussione il diritto della parte che ha
avuto il definitivo riconoscimento delle proprie ragioni.
Il ricorso va in conclusione respinto.
La novità della questione consente la compensazione delle

PQM
Rigetta il ricorso ; compensa le spese di giudizio
Roma 1.5.15
Il Co

spese di giudizio

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