Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12312 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. I, 19/05/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 19/05/2010), n.12312

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.D. (c.f. (OMISSIS)), in proprio,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 14, presso

l’avvocato MENDICINI MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIANTIN MARIO e se medesimo, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.S.V. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CLITUNNO 51, presso l’avvocato ONGARO

FRANCO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato TONETTO

GIANCARLO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1350/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 340 del 12.12.2007- 6.02.2008, il Tribunale di Verona, pronunciata la separazione personale dei coniugi D.S. V., ricorrente (ricorso depositato il 11.12.2003), e M. D., assegnava alla moglie la casa coniugale, imponeva al M. di corrisponderle Euro 1.000,00 mensili, rivalutabili, per il mantenimento della loro figlia maggiorenne S., nata il (OMISSIS) e convivente con la madre, somma da incrementare del pagamento del 50% delle spese straordinarie, compensando, infine, le spese processuali.

Con sentenza del 22.09-13.10.2008, la Corte di appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello principale della D.S., le attribuiva l’assegno di Euro 800,00 mensili rivalutabili, per il suo mantenimento e respingeva, invece, l’appello incidentale del M., che condannava alle spese di entrambi i gradi di giudizio. La Corte osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:

– che infondata era l’eccezione del M. di difetto di legittimazione della D.S. a chiedere l’assegno in favore della figlia maggiorenne che occorreva esaminare prioritariamente l’appello incidentale, con cui il M. aveva chiesto la riduzione del contributo di mantenimento della figlia;

– che in effetti si doveva ribadire la manifesta inattendibilità dei dati riportati nelle sue dichiarazioni fiscali (mediamente circa Euro 20.000,00 all’anno), considerato che con i proventi della sua professione di avvocato (iscritto all’Albo dal 1988), aveva potuto acquistare la casa coniugale in zona centrale di (OMISSIS) (da lui stesso descritta come una lussuosa villetta a tre piani con giardino) intestandola alla figlia, tre appartamenti siti in località turistica, intestandone due alla figlia ed uno alla moglie, un immobile in (OMISSIS) adibito a studio professionale, intestandolo alla moglie, e da ultimo, il (OMISSIS), pendente il giudizio di separazione, un appartamento di nuova costruzione, destinato a sua abitazione, per il prezzo dichiarato di Euro 135.000,00 che non vi era stata prova alcuna del fatto che i menzionati acquisti immobiliari fossero stati dal M. compiuti con disponibilità economiche pervenutegli per successione ereditaria mentre irrilevante era il fatto che per l’ultimo acquisto avesse utilizzato il denaro tratto dalla liquidazione di una sua polizza assicurativa accesa presso la Montepaschivita, ciò in ogni caso dimostrando la sua capacità di effettuare anche cospicui investimenti finanziari, come peraltro pure evidenziato da altra polizza utilizzata per operazioni azionarie che gli emersi elementi dimostravano che in costanza di matrimonio la famiglia godeva di un alto tenore di vita, con apporto di gran lunga prevalente del marito rispetto a quello della D. S., che fruiva soltanto del reddito annuo di circa Euro 16.000,00, tratto dalla sua attività di medico fiscale a favore dell’INPS che l’elevato tenore di vita e la capacità contributiva del M. risultavano anche confermati dalla bozza di convenzione datata (OMISSIS), in cui si prevedeva la dazione da parte sua di complessivi Euro 3.000,00 mensili per il mantenimento della moglie e della figlia che la riduzione del 20% della capacità lavorativa generica del M., dipesa dagli esiti di tre incidenti da lui subiti a far data dal (OMISSIS), non poteva ritenersi avere ridotto anche quella specifica di natura spiccatamente intellettuale, quale avvocato, e, quindi, prodotto la contrazione dei suoi redditi, come confermato pure dai compiuti investimenti che congrua si rivelava la quantificazione in Euro 1.000,00 dell’assegno mensile stabilito in primo grado a carico del M. per il mantenimento della figlia, pur con riguardo al reddito di costei da fabbricati, nella misura prospettata dal padre, e considerando il minor contributo economico che la madre era in grado di offrirle che il reddito della D.S. non poteva ritenersi adeguato rispetto al pregresso tenore della vita coniugale, pure incrementato del ricavo che avrebbe potuto trarre dall’appartamento in zona turistica a lei intestato – che comparate le diverse situazioni economiche e considerati i rispettivi bisogni, appariva equo determinare in Euro 800,00 mensili la contribuzione in favore della D.S. – che in considerazione dell’esito complessivo del giudizio, le spese di entrambi i gradi dovevano essere poste a carico del M..

Avverso questa sentenza notificatagli il 12.11.2008, il M. ha proposto ricorso per Cassazione notificato il 9.01.2009, fondato su quattro motivi. La D.S. ha resistito con controricorso notificato il 17.02.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il ricorso il M. denunzia:

1. “Violazione degli artt. 2, 147, 148, 155 e 155 quinquies c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn 3 e 5” conclusivamente formulando, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, i seguenti quesiti:

“Se il figlio minore, proprietario di beni immobili produttivi, raggiungendo la maggiore età, consegua la legittimazione all’amministrazione dei propri beni, se non ne sia destinataria la genitrice affidataria (durante la minore età del primo), qualora non siano dimostrati gli elementi in contrario soggettivi e oggettivi che ne determinino conseguentemente diversa decisione del giudice.

In secondo luogo, laddove la genitrice già affidataria della figlia divenuta maggiorenne continui a non provvedere integralmente al suo mantenimento, traendo la figlia redditi immobiliari propri, se diventi legittimo rilasciare alla prima l’amministrazione relativa fino alla piena autosufficienza della figlia onorata. Pertanto, verificandosi in concreto la disponibilità a favore della figlia di redditi immobiliari propri, se debba ancora sussistere il mantenimento della rappresentanza della genitrice, in precedenza affidataria, cui consegua il diritto alla riscossione dal genitore onerato, di un assegno proporzionalmente diminuito per effetto della percezione del reddito proprio della figlia stessa”.

I quesiti formulati sono inammissibili, ponendo questioni essenzialmente attinenti all’amministrazione dei beni della figlia delle parti, maggiorenne ma non ancora economicamente auto sufficiente, non pertinenti rispetto al concorso negli oneri di mantenimento della stessa ed alle modalità di relativo adempimento, sulle quali la Corte distrettuale ha deciso, considerando le peculiarità del caso e doverosamente applicando ratione temporis la previgente disciplina normativa, stante l’irretroattività delle nuove disposizioni introdotte sul tema dalla L. n. 54 del 2006 (segnatamente, dal relativo art. 1.).

2. “Violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 143 e 156 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

In sintesi il ricorrente si duole:

della ritenuta inattendibilità della sua documentazione fiscale indebitamente tratta dall’elenco degli immobili da lui acquistati, senza dare atto che gli acquisti immobiliari erano avvenuti tra il (OMISSIS), con intestazione alla moglie e alla figlia, e che, quindi, non erano per lui fonti di alcun reddito, e che, inoltre, tra il (OMISSIS) aveva subito tre incidenti con inabilità permanente del 20% e sofferto di depressione, con riflessi sulle sue condizioni personali e professionali – della non proporzionalità del contributo impostogli per il mantenimento della moglie rispetto ai redditi dichiarati e reali della beneficiarla, alla capacità della stessa di incrementarli con attività privata, agli immobili a lei intestati, al beneficio da lei tratto dall’assegnazione della casa coniugale, alle ingenti somme di denaro da lei riscosse in due riprese nel (OMISSIS) del fatto che sia stato stravolto il significato della polizza assicurativa del fatto che la conclusione circa l’alto tenore della vita familiare non sia stata adeguatamente e ragionevolmente motivata, dal momento che la vita era normale senza fruizione di lussi e comodità, ma con vantaggio goduto solo dalla moglie e dalla figlia.

– che si è indebitamente considerata una bozza di accordo, non sottoscritta, in cui si p prevedevano Euro 3.000,00 mensili per la moglie e della figlia.

Conclusivamente il M. formula il seguente quesito “Se nella comparazione tra i redditi e le patrimonialità dei coniugi risulti esservi equiparazione, ma con una minore attribuzione patrimoniale al ricorrente, debba ritenersi legittimo e giustificato l’onere a carico di questi di una qualsivoglia, anche minima, contribuzione di un assegno a favore della consorte”.

Il motivo è inammissibile dal momento che il relativo quesito si risolve in generiche asserzioni, prive di qualsiasi correlazione non solo con le ragioni dell’avversata statuizione ma anche con l’illustrazione del motivo in esame, quale in precedenza sintetizzata.

3. “Violazione dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 143 e 155 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Sostiene conclusivamente che si sono tratte indebite presunzioni dalle modalità di acquisto di una casa per sè e conclusivamente formula il seguente quesito, “Se la Corte di merito, avendo il ricorrente dimostrato di avere percepito nel 2006 il riscatto di una polizza vita e con il relativo incasso provveduto all’acquisto di un miniappartamento per propria abitazione, poteva legittimamente ritenere che tale sopravvenuta disponibilità finanziaria potesse costituire prova di una personale permanente abbienza, risultando, invece, una omessa, insufficiente, contraddittoria e falsata motivazione relativamente alle condizioni di realizzo dell’acquisto”.

Anche questo quesito è inammissibile dal momento che si risolve in generica richiesta esplorativa, inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie e, comunque, ad integrare adeguata sintesi riassuntiva delle illustrate contestazioni sui modi con i quali il giudice di merito ha proceduto alla valutazione del fatto e delle prove.

4. “Violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il ricorrente sostiene l’illegittimità della sua condanna al pagamento delle spese dei due gradi di merito, data la sua soccombenza solo parziale e conclusivamente formula il seguente quesito; “Se la liquidazione delle spese di 1^ e 2^ grado, effettuata dalla Corte di merito, sia esagerata in raffronto al tenore complessivo delle domande svolte dalle parti ed alla obiettività dell’esito della controversia”.

Anche questo quesito è inammissibile, essendo inidoneo a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione al governo delle spese ed inoltre implicando la verifica di adeguatezza della liquidazione in rapporto all’entità della soccombenza, e, dunque, questione indeducibile in sede di legittimità se riferita alla valutazione discrezionale ed insindacabile compiuta dal giudice di merito di addossare la condanna al M., posto che in riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, ed, invece, in alcun modo illustrata se riferita all’entità del liquidato.

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del soccombente M. al pagamento, in favore della D.S., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il M. al pagamento, in favore della D.S., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

 

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