Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12310 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/05/2019, (ud. 07/11/2018, dep. 09/05/2019), n.12310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19462-2017 proposto da:

D.T.M.N.D., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CRESCENZIO N. 19, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

PANZARANI, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTINA

POTOTSCHNIG;

– ricorrente –

G.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 152/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 20/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con lodo arbitrale del 21.11.2010 veniva riconosciuto l’inadempimento di D.T.M.N.D. al contratto del 6.07.2004 con cui lo stesso si era obbligato ad acquistare per 1.807.600,00 Euro, da pagarsi a rate, la nuda proprietà di due villette di proprietà di L.G., di cui G.F. era erede, con condanna del primo al pagamento del prezzo delle rate scadute, tranne l’ultima il cui pagamento era subordinato alla stipulazione del contratto definitivo.

A seguito di impugnazione interposta dal D.T. per sentir dichiarare la nullità del lodo arbitrale per contraddittorietà delle sue disposizioni, ex art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11, la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 152/2017, rigettava il gravame, rilevando che quanto disposto nel lodo arbitrale era chiaro e coerente e che le doglianze dell’appellante erano dirette a censurare la valutazione delle clausole contrattuali compiuta dagli arbitri e miravano ad un riesame nel merito della controversia.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna D.T. propone ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo.

E’ rimasta intimata G.F..

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11 e dell’art. 1453 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto che il lodo arbitrale fosse chiaro e coerente. A detta del ricorrente, al contrario, la condanna al pagamento del saldo del prezzo non potrebbe sussistere in mancanza del trasferimento della proprietà degli immobili da parte della G..

Il ricorso è inammissibile, oltre che infondato.

Va premesso che per principio consolidato il sindacato di legittimità va condotto esclusivamente attraverso il riscontro della conformità a legge della sentenza che ha deciso sull’impugnazione del lodo e non può riguardare il convincimento espresso dalla corte del merito sulla correttezza e congruità della ricostruzione dei fatti operata dagli arbitri (tra le tante, Cass. 10 settembre 2012, n. 15086; 31 gennaio 2007, n. 2201; 15 marzo 2007, n. 6028; 22 marzo 2007, n. 6986 e, da ultimo, Cass. 7 febbraio2018, n. 2985).

Nella specie, il giudice di merito, con motivazione esente da vizi, ha accertato la logicità e la coerenza dell’interpretazione data dal collegio arbitrale al contratto stipulato dal D.T. e dal L., al cui centro vi è la previsione di un tempo dilatorio per la stipula del definitivo, cui è collegata la volontà delle parti di anticipare il pagamento di tutte le rate, tranne l’ultima. Non è, dunque, dalla contraddittorietà del lodo arbitrale che scaturisce la condanna del D.T. al pagamento di tutte le rate tranne l’ultima, in mancanza del trasferimento della proprietà degli immobili, bensì dalla stessa volontà delle parti, così come delineata nel contratto del 6.07.2004 e interpretata dal collegio arbitrale. Non è ravvisabile, dunque, alcuna contraddittorietà tra le diverse componenti del pronunciamento, ovvero tra la motivazione ed il dispositivo, di cui alla sentenza impugnata, risolvendosi le doglianze del ricorrente in una diversa interpretazione del contratto, censura inammissibile in questa sede.

Ciò posto, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile sottoponendo all’esame di questa Corte censure non esaminabili.

Nulla per le spese in difetto di attività difensiva da parte dell’intimata società. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI – 2″ Sezione Civile, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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