Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12309 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/05/2019, (ud. 07/11/2018, dep. 09/05/2019), n.12309

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14447-2017 proposto da:

COMUNE DI MACCHIA ISERNIA, in persona del Sindaco legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIO MARIO EPIFANIO;

– ricorrente –

contro

S.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 120/2017 del TRIBUNALE di ISERNIA, depositata

il 10/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

11 Giudice di pace di Isernia, con sentenza depositata in data 24.01.2014, accertata l’illegittima apposizione dell’autovelox sul lato destro della carreggiata, anzichè sul lato sinistro, come autorizzato dal decreto prefettizio, accoglieva l’opposizione proposta da S.M. avverso un processo verbale di contravvenzione elevato a suo carico in ordine alla violazione dell’art. 142 C.d.S. e, per l’effetto, annullava il provvedimento impugnato.

Il Tribunale di Isernia, con sentenza n. 120 del 2017, rigettava l’appello proposto dal Comune di Macchia d’Isernia, confermando la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza del Tribunale di Isernia, il Comune di Macchia d’Isernia propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi.

E’ rimasta intimata la S..

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della Camera di consiglio.

Atteso che:

– con il primo motivo parte ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alla mancata ammissione della prova per testi da esso articolata fin dalla memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia ricondotto all’omessa ammissione della prova orale dedotta. Il motivo è inammissibile prima che infondato.

La doglianza è, invero, priva del necessario requisito di specificità prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) in ordine alla mancata trascrizione delle circostanze poste a fondamento della prova per testi (assunta come dedotta fin dalla memoria di costituzione in primo grado) della cui immotivata mancata ammissione il ricorrente si è lamentato.

La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, consolidata nell’affermazione del principio secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio della necessaria specificità del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. ex multis, Cass. n. 17915/2010, ord., e, da ultimo, Cass. n. 19985/2017, ord.);

– con il secondo motivo il Comune ricorrente lamenta, per un verso, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, convertito nella L. n. 168 del 2002 e del D.M. 15 agosto 2007, art. 2, anche in relazione al D.Lgs. n. 231 del 2001 (e succ. modif. e integr.), per un altro verso, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, avuto riguardo alla contestazione circa la ritenuta illegittimità del posizionamento dell’autovelox sul lato destro della carreggiata della S.S. “(OMISSIS)”, anzichè sul lato sinistro, come autorizzato dall’ente proprietario della strada, da cui era scaturita la conseguente illegittimità derivata del verbale di accertamento elevato a carico della suddetta società Enterprise s.r.l. in ordine alla rilevata violazione prevista dall’art. 142 C.d.S..

Il motivo è inammissibile con riferimento al prospettato vizio di omessa o insufficiente motivazione denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, siccome riferito all’antecedente formulazione di detta norma, nel mentre “ratione temporis”, nel caso di specie, trova applicazione la versione novellata nel 2012 (ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54,comma 1, lett. b), conv., con modif., nella L. n. 134 del 2012), alla cui stregua è ammissibile il solo omesso esame di un fatto decisivo della controversia che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. S.U. n. 8053/2014 e Cass. n. 23940/2017).

E’ appena il caso, peraltro, di rilevare che il Tribunale di Isernia ha comunque esaminato il contestato fatto decisivo relativo alla valutazione sulla legittimità o meno dell’accertamento del superamento del limite di velocità eseguito tramite autovelox, avuto riguardo al posizionamento dello stesso e alla riconducibilità o meno della relativa predisposizione ed attività di funzionamento dell’apparecchio elettronico al necessario provvedimento amministrativo autorizzatorio.

Non coglie nel segno, inoltre, la denunciata violazione di legge riferita alle richiamate disposizioni normative, sulla scorta del cui combinato disposto – secondo la prospettazione della difesa del Comune ricorrente – si sarebbe dovuto ritenere legittimo l’accertamento eseguito mediante l’utilizzazione dell’autovelox posizionato sul lato opposto rispetto a quello per il quale ne era stata autorizzata l’installazione con il decreto prefettizio.

Come di recente evidenziato da questa Corte (si veda in termini Cass. n. 23726 del 2018), qualora – come verificatosi nella fattispecie – il decreto prefettizio abbia previsto la legittima installazione dell’autovelox lungo un solo senso di marcia (che nel caso in esame avrebbe dovuto essere posizionato nella direzione Venafro – Isernia) ed, invece, l’accertamento sia stato effettuato mediante la rilevazione di un autovelox posizionato sul contrapposto senso di marcia, ne consegue che, difettando a monte l’adozione di uno specifico provvedimento autorizzativo, il relativo verbale di contestazione differita della violazione di cui all’art. 142 C.d.S. debba ritenersi affetto da “illegittimità derivata”, come statuito dal Tribunale di Isernia con la sentenza qui impugnata, senza che possano assumere rilevanza, al riguardo, eventuali note chiarificatrici successivamente approntate dalla competente P.A., a fronte di una precisa indicazione sulle modalità e sul punto di installazione dell’autovelox rinvenibile direttamente nel decreto autorizzativo.

Del resto questo principio si ricava da quanto affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 10206 del 2013), in base al quale, in tema di violazioni del codice della strada, se è pur vero che il più volte richiamato del D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4(convertito, con modificazioni, nella L. 10 agosto 2002, n. 168) conferisce al prefetto la competenza ad individuare le strade o i tratti di strada in cui possono essere installati dispositivi di controllo della velocità, precisandosi che detta norma non richiede che il provvedimento prefettizio specifichi necessariamente il senso di marcia interessato dalla rilevazione, argomentando a contrario si desume che se nel decreto prefettizio è contenuto specificamente il riferimento ad un determinato senso di marcia (come accaduto nel caso sottoposto all’esame del giudice di appello), il rilevamento elettronico della velocità e la correlata attività di accertamento (con contestazione differita) degli agenti stradali intanto potranno ritenersi legittimi se riferiti all’autovelox come posizionato in conformità al decreto autorizzativo e non, invece, con riguardo ad altro autovelox posizionato sulla stessa strada e in prossimità dello stesso punto chilometrico ma sulla carreggiata o corsia opposta, che non abbiano costituito oggetto di previsione da parte dello stesso o di altro provvedimento autorizzativo.

In conclusione il ricorso va respinto.

Nulla per le spese in difetto di attività difensiva da parte dell’intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dell’Amministrazione ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del Comune ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI – 2 Sezione Civile, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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