Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12308 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. II, 07/06/2011, (ud. 20/04/2011, dep. 07/06/2011), n.12308

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.L. (c.f. (OMISSIS)) rappresentata e

difesa dall’avv. D’urbano Paolo ed elettivamente domiciliata presso

lo studio del medesimo in Roma, via Carlo Conti Rossini n. 26;

– ricorrente –

contro

– S.r.l. EDILIR ((OMISSIS))in persona del suo legale

rappresentante sig. O.M.; rappresentata e difesa

dall’avv. Gaffi Vincenzo ed elettivamente domiciliata presso lo

studio del medesimo in Roma, via Aurelia n. 424, giusta procura

speciale rilasciata con scrittura privata autenticata dal notaio

Ciarlo Caddi il 6 aprile 2011;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1423/2005 della Corte di Appello di Roma,

depositata il 31/03/2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

20/04/2011 dal Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

Udito il procuratore della parte ricorrente avv. Stefania De Angelis

con delega dell’avv. D’Urbano Paolo, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso;

Udito il procuratore della parte controncorrente avv. Vincenzo Gaffi,

che ha insistito per il rigetto del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dort. CICCOLO Pasquale Paolo Maria, che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.L. citò innanzi al Tribunale di Roma la srl Edilir, promittente venditrice – giusta accordo del 26 ottobre 1986, sottoscritto da O.L., fratello di O.M., legale rappresentante della predetta società- di un appartamento in località (OMISSIS), assumendo che il prezzo di 92 milioni era stato regolato; L. 7 milioni erano stati versati in contanti; L. 22 milioni avrebbero dovuto esser pagati al momento della stipula del definitivo e 65 milioni mediante la cessione in permuta di altro appartamento oggetto di precedente preliminare poi annullato: sul punto specificò in mento l’attrice di aver sottoscritto, in data 14 settembre 1986 altro preliminare, questa volta con M. O., agente nella qualità di legale rappresentante della Edilir, avente ad oggetto diverso appartamento sito nel fabbricato edificato dalla prominente venditrice e di aver successivamente revocato il proprio impegno contrattuale con dichiarazione in calce alla copia di quel contratto. Non essendosi pervenuti al rogito di trasferimento della proprietà per l’ingiustificato rifiuto di controparte, chiese che venisse emessa sentenza à sensi dell’art. 2932 cod. civ. La convenuta si costituì negando di aver avuto rapporti negoziali con l’attrice, dichiarando di non poter affermare se la sottoscrizione del preliminare 26 ottobre 1986 fosse del proprio legale rappresentante. L’adito Tribunale, pronunziando sentenza n. 34.630/2001, respinse la domanda; identica pronunzia fu emessa dalla Corte di Appello di Roma, decidendo sul gravame della medesima B..

La Corte distrettuale motivò la propria sentenza assumendo: a – che non sarebbe stato rinvenuto in atti il contratto preliminare indicato dalla B., pur se descritto nell’indice dei documenti; b – che l’affermazione della Edilir, in ordine alla non conoscenza se la sottoscrizione normalmente apposta da O.L. fosse al medesimo riferibile, sarebbe rimasta senza risposta nè l’appellante avrebbe sul punto articolato prove ; c – che di conseguenza non avrebbero avuto rilievo le richieste istruttorie reiterate in appello, al fine di dimostrare che O.L. avrebbe agito usualmente come alter ego del fratello anche in occasione di altri preliminari aventi ad oggetto promesse di vendita a terzi di diversi appartamenti siti nello stesso comprensorio edificato dalla Edilir; d – che la spendita di una “procura speciale” in dette occasioni avrebbe semmai dimostrato che al momento della pretesa sottoscrizione del preliminare dell’ottobre 1986 O.L. ne sarebbe stato privo, non essendone stata depositata copia; e – che per altro verso le prove articolate in grado di appello – dirette a dimostrare la sottoscrizione del precedente preliminare, che si assumeva esser stato “annullato” – non sarebbero state idonee a dimostrare il collegamento tra i due contratti, così che l’eventuale incasso da parte della Edilir di titoli emessi dalla B. per il primo negozio, poi non perfezionatosi, non avrebbero avuto il significato di ratifica del (secondo) preliminare.

Contro tale decisione la B. ha proposto ricorso in cassazione articolato su quattro motivi; la srl Edilir ha resistito con controricorso, depositando memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Vanno preliminarmente scrutinate due argomentazioni difensive – contenute nel terzo motivo – stante la loro logica pregiudizialità rispetto all’esame del merito complessivo dei motivi, in quanto incidenti sulla percezione da parte della Corte distrettuale della realtà processuale: con la prima – fol. 16 del ricorso – si contesta la rispondenza alle emergenze di causa dell’affermazione, contenuta nella decisione della Corte d’appello (fol 4) secondo la quale la circostanza che fosse stato O.L. a sottoscrivere il preliminare dell’ottobre 1986, messa in dubbio dalla Edilir, non sarebbe poi stata oggetto di replica difensiva da parte della B. – determinando così l’irrilevanza delle successive richieste probatorie dirette a dimostrare la sua sostituzione del fratello nell’impersonare la volontà della Edilir al momento della stipula dei preliminari e, comunque, la contraddittorietà della decisione che, negando ingresso alle prove, aveva affermato che l’assunto sarebbe rimasto indimostrato- ; con la seconda – fol. 18 del ricorso – viene assento che il preliminare del quale si discute sarebbe stato erroneamente ritenuto non inserito nel fascicolo di parte – fol. 3 della sentenza di appello – mentre in esso sarebbe stato colà “regolarmente presente”.

I due rilievi sono: il primo inammissibile ed il secondo infondato.

1/a – Quanto alla prima contestazione, la stessa non può formare oggetto di scrutinio da parte della Corte in quanto non è stato riprodotto nel ricorso – in violazione dunque del principio di autosufficienza del medesimo- il contenuto delle richieste istruttorie, così da consentire la verifica del dedotto contrasto logico; quanto al secondo rilievo se ne apprezza l’infondatezza in quanto la Corte distrettuale, pur ammettendo che il documento sarebbe stato – legittimamente- prodotto in primo grado, escluse che fosse stato nuovamente depositato in appello, non solo non avendolo rinvenuto agli atti ma anche ritenendo che la sua eventuale produzione nel giudizio di gravame non sarebbe stata rituale non essendone stato dato atto con certificazione del cancelliere.

2 – Con il primo motivo viene denunziata la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5)” assumendosi che la Corte d’appello avrebbe respinto la richiesta istruttoria sull’erroneo presupposto che non esistessero in atti le prove che il preliminare dell’ottobre 1986 fosse stato effettivamente sottoscritto da O.L. mentre in realtà erano state acquisite precise prove in tale senso in un parallelo giudizio – svoltosi presso il Tribunale di Tivoli, iniziato dalla Edilir e finalizzato al rilascio dell’appartamento- aventi ad oggetto: sia la materiale sottoscrizione di tale negozio e la contestuale riconsegna dell’appartamento oggetto del primo preliminare, con dichiarazione autografa della ricorrente in merito alla rinunzia di ogni diritto derivante da detto contratto, sia il rilascio di titoli in bianco da parte di essa B., che sarebbero stati riempiti, quanto al nome del beneficiario, con il nome di un creditore della Edilir.

2/a – Il motivo non è ammissibile perchè, violando il principio di autosufficienza del ricorso, la B. ha omesso di riportare non solo il testo del capitolato di prova ma anche il contenuto degli atti difensivi propri e della controparte in merito al riconoscimento della sottoscrizione di O.L. – così impedendo il pur sollecitato scrutinio della Corte in merito alla congruenza logica ed alla giustificazione argomentativa della decisione di non ammettere prove e della rilevanza delle medesime in ordine al thema probandi.

3 – Con il secondo motivo la ricorrente si duole della ” violazione e falsa applicazione degli artt. 1150, 1351, 1392, 1399 e 2932 cod. civ. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn.3 e 5)” assumendo che la Corte romana avrebbe omesso di valutare la prova fornita attraverso le produzioni documentali ed i verbali delle deposizioni testimoniali, in merito alla ratifica dell’operato del falsus procurator da parte della Edilir srl, sostenendo che da tali atti sarebbe emerso il collegamento tra la dichiarazione liberatoria fatta sottoscrivere ad essa ricorrente da O.L. in calce al primo preliminare e l’analogo negozio oggetto di domanda di esecuzione specifica.

4 – Con il terzo e connesso motivo viene dedotta la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare degli artt. 116, 184, 356 c.p.c. (nel testo vigente prima della riforma del 20/12/1995); artt. 2721, 2724 e 2729 cod. civ. (art. 360 c.p.c., n. 3) Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5)” censurando la scarsa attenzione prestata da parte del giudice di secondo grado alle varie emergenze di causa, che avrebbe portato alla omessa valutazione di elementi di giudizio – logici e presuntivi- per confermare lo svolgimento dei fatti come esposto in citazione, con specifico riferimento ad una ratifica per facta concludentia, da parte di O.M., dell’operato del fratello.

I due motivi sono in parte inammissibili – in relazione alla dedotta violazione di legge- ed in parie infondati – per il vizio di motivazione.

5 – La Corte innanzi tutto non intende deflettere dal proprio costante insegnamento a niente del quale il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa mentre l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione ( vedi: Cass. 15499/04, 16312/05, 10127/06 e 4178/07Cass. 7394/2010): ne deriva che non correttamente si è invocata la violazione, o falsa applicazione di una serie di norme di legge, neppure formanti oggetto di specifica analisi nel corpo dei due motivi in esame.

6 – Quanto al vizio di motivazione va del pari richiamato il principio secondo il quale lo stesso si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte (cfr ex multis Cass. 10657/2010).

6/a – – Nella fattispecie il secondo ed il terzo motivo in esame sono stati dedicati ad illustrare – tra l’altro con meri rimandi ad altri atti e non con la citazione diretta- la rilevanza degli atti e documenti la cui valutazione fu giustificatamente omessa dalla Corte romana in quanto mise in rilievo il fatto che la B. non avrebbe chiesto di provare – mediante l’ovvia citazione del sottoscrittore- l’effettiva paternità del preliminare di cui aveva chiesto l’esecuzione: ne è derivato che la valutazione delle prove deve dirsi sufficientemente argomentata e priva di aporie nei suoi passaggi logici, così che le richieste di nuovo scrutinio delle risultanze istruttorie non sono ammissibili in questa sede: va solo rilevato che la ratifica di un contratto per il quale la legge prevede la redazione per iscritto ad substantiam può essere anche contenuta in un atto avente formale diverso contenuto ma non può, al contrario dell’assunto della B., ricavarsi in via di interpretazione logica da una serie di condotte e di documenti – il cui contenuto, come sopra osservato, sfugge allo scrutinio della Corte- atteso che si verterebbe allora in una prova non già indiretta ma per presunzioni che è inibita nel caso in esame da espressa previsione di legge (art. 2729 c.c., comma 2: sul punto vedi Cass. 3990/1982).

7- Con il quarto motivo la ricorrente lamenta la “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione alla richiesta in via subordinata di compensazione delle spese e violazione dell’art. 92 c.p.c.” avendo la Corte territoriale sancito la totale soccombenza dell’esponente, non tenendo conto della particolarità della fattispecie, con specifico riguardo alla situazione di apparenza che si sarebbe venuta a creare in merito alla intercambiabilità -nella veste di soggetto che poteva impegnare la società- tra L. e O.M..

7/a – Il motivo è infondato in quanto l’unico limite che incontrava la facoltà discrezionale del giudice dell’appello nella ripartizione dell’onere delle spese era costituito dal divieto di condanna della parte totalmente vittoriosa; va anche sottolineato che nella fattispecie la B. non avrebbe potuto neppure in thesi addurre il principio dell’apparenza di un potere rappresentativo in capo a O.L. in quanto, in tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, detto principio non può essere invocato dal promissario acquirente che abbia confidato nella sussistenza del potere rappresentativo del contraente che abbia speso il nome del promittente alienante, pur in assenza di una procura rilasciata in forma scritta, giacchè per il contratto preliminare è richiesta la stessa forma, scritta ad substantiam (art. 1350 e 1351 c.c.), stabilita per il negozio definitivo (cfr. sul punto, anche per i riflessi in merito alla forma della ratifica: Cass. 9505/2010).

8 – Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, GAP e spese generali come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 20 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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