Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12305 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. I, 19/05/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 19/05/2010), n.12305

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29615/2008 proposto da:

C.M. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso l’avvocato FRISANI

Pietro L., che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

nonchè da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

C.M.;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositato il

06/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/04/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE DI PALMA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

principale, rigetto del ricorso incidentale.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che C.M., con ricorso del 9 dicembre 2008, ha impugnato per cassazione – deducendo un unico motivo di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e delle finanze, il decreto della Corte d’Appello di Brescia depositato in data 6 novembre 2008, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del C. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso -, ha, condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 9.000,00 a titolo di equa riparazione, oltre gli interessi dalla data del decreto;

che resiste, con controricorso, il Ministro dell’economia e delle finanze, il quale ha anche proposto ricorso incidentale fondato su un unico motivo;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il C. avevano proposto, con ricorso del febbraio 1985, ricorso alla Corte dei conti avverso il decreto del Ministro della difesa con il quale gli era stato negato il trattamento pensionistico per infermità contratta nel corso del servizio militare; b) la Corte adita aveva deciso la causa con sentenza in data 24 gennaio 2007.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, preliminarmente, ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., i ricorsi principale ed incidentale debbono essere riuniti in quanto proposti contro la stessa sentenza;

che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente principale critica il decreto impugnato, per violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6 della CEDU, denunciando come illegittima l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo;

che il ricorso principale è inammissibile, perchè – in difformità dal “diritto vivente” – l’esposizione del motivo non si conclude con la formulazione del quesito di diritto, in violazione di quanto prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 19444 del 2009, pronunciata a sezioni unite);

che il ricorrente incidentale critica a sua volta il decreto impugnato, sostenendo che il diritto all’equa riparazione riconosciuto al ricorrente principale si sarebbe estinto per prescrizione fin dal momento in cui il processo presupposto – iniziato nel 1985 – avrebbe ecceduto il limite triennale di ragionevole durata;

che tale motivo è infondato;

che, infatti, questa Corte ha più volte enunciato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine di decadenza previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr. le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che la soccombenza reciproca giustifica la compensazione per intero delle spese del presente grado di giudizio.

PQM

Riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile quello principale e rigetta quello incidentale. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

 

 

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