Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12302 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 27/04/2017, dep.17/05/2017),  n. 12302

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1366-2013 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA SONIA

VULCANO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SPARONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 93/2011 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 22/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. G.G. impugnava gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Sparone per l’Ici relativa agli anni 2003, 2004, 2005 e 2006 in relazione ad immobili di sua proprietà. La commissione tributaria di Torino rigettava il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale del Piemonte.

2. Avverso la sentenza della C.T.R. propone ricorso per cassazione G.G. affidato a 7 motivi. Il Comune non si è costituito in giudizio.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo l’illegittimità degli atti impositivi in quanto non recavano la sottoscrizione autografa della responsabile dell’imposta comunale sugli immobili M.N.. Ciò era illegittimo in quanto il nominativo del funzionario responsabile doveva essere indicato in un apposito provvedimento di livello dirigenziale ed anche in quanto la sottoscrizione avrebbe dovuto essere autografa ai sensi del D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3 che trova una limitazione restrittiva nella L. n. 421 del 1992, art. 2, comma 1, per i casi in cui gli atti amministrativi richiedono una specifica motivazione sicchè essi non possono essere considerati atti di informatizzazione automatica.

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo l’illegittimità degli atti impositivi in quanto erano sottoscritti da funzionario privo di qualifica dirigenziale. Il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109, comma 2, prevede che nei comuni privi di qualifica dirigenziale le funzioni possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale e, nel caso di specie, il provvedimento di delega non era stato allegato agli atti impositivi.

5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il dipendente sottoscrittore dell’atto impositivo avrebbe dovuto essere in possesso almeno di un titolo di scuola media superiore di secondo grado, aver frequentato un apposito corso di preparazione e qualificazione organizzato a cura dell’ente locale ed aver superato un esame di idoneità. Un tanto non era stato provato dal Comune nonostante la specifica contestazione sul punto.

6. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè negli atti impositivi non era stata indicata l’autorità amministrativa o giurisdizionale competente presso la quale tutelare la posizione giuridica.

7. Con il quinto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la rendita catastale attribuita dal Comune avrebbe potuto avere efficacia solo dal momento in cui era stata notificata e, dunque, a partire dal 2009.

8. Con il sesto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè nell’avviso di accertamento erano citate le delibere relative all’approvazione delle aliquote Ici ed all’approvazione dei valori delle aree fabbricabili ma non era stato allegato o riportato il contenuto essenziale di esse sicchè l’atto impositivo doveva considerarsi privo di motivazione. Trattandosi di atti a contenuto collettivo ove i destinatari erano aprioristicamente determinati, tali delibere dovevano essere motivate ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 1, affinchè potesse ritenersi rispettato il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 6, comma 2.

9. Con il settimo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR avrebbe dovuto ritenere che il Comune era incorso in decadenza per aver notificato gli avvisi di liquidazione oltre il termine previsto.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero, in materia di formazione degli atti amministrativi informatici, la disposizione di cui al D.Lgs. n. 39 del 1993, art. 3 ha una formulazione della massima ampiezza, cosicchè le relative disposizioni sono applicabili a tutti i provvedimenti nei quali sia effettivamente configurabile una formazione con tecniche informatiche automatizzate – e cioè quando il tenore del provvedimento dipende da precisi presupposti di fatto e non sussiste l’esercizio di un potere discrezionale – dovendosi pertanto ritenere che la sostituzione della firma autografa con la mera indicazione del nominativo del responsabile sia ammessa tanto per i provvedimenti della fase esattiva che per quelli inerenti la fase impositiva (Cass. n. 15448 del 15/10/2003). Nel caso che occupa i provvedimenti impositivi impugnati erano stati emessi sulla base della rendita catastale attribuita agli immobili sicchè l’attività accertatrice si è concretata in un mero calcolo matematico da cui esulava qualsiasi attività discrezionale. Quanto alla asserita mancata indicazione del funzionario responsabile, si osserva che, come emerge dalla parte narrativa del ricorso, la CTP di Torino, all’esito del giudizio di primo grado, ha affermato che “…il soggetto firmatario dell’atto risulta essere nominato funzionario responsabile e dell’Ici con apposito decreto sindacale “. La ricorrente non ha dedotto di aver formulato nel giudizio di appello la censura su tale punto della decisione, per il che il motivo di ricorso in parte qua è inammissibile.

2. Il secondo motivo è parimenti infondato. Ciò in quanto la Corte di legittimità ha già affermato il principio, cui questo collegio intende uniformarsi, secondo il quale, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), il rapporto di specialità che regola il conflitto tra le disposizioni del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, comma 4, a tenore del quale “con delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta: il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi”, e le disposizioni del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 107, comma 2, e art. 109, comma 1, secondo cui “la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti” e gli incarichi dirigenziali sono conferiti con provvedimento motivato del Sindaco, va risolta alla stregua del principio “lex posterior generalis non derogat priori speciali”, confortato, nella specie, dal fatto che l’art. 274 del testo unico del 2000, che pure ha disposto, alle lett. x) e y), l’abrogazione espressa di numerose disposizioni del D.Lgs. n. 504 del 1992, non ne ha abrogato l’art. 11, comma 4. Ne consegue che non è richiesta la “qualifica dirigenziale” per l’esercizio della potestà amministrativa relativa alla emissione dell’avviso di liquidazione ICI (Cass. n. 1659 del 24/01/2013). Quanto alla mancata allegazione agli atti impositivi del provvedimento di delega, nessuna disposizione prevede espressamente che la Delibera della Giunta comunale di preventiva designazione del funzionario esercente l’attività organizzativa e gestionale dell’imposta ICI sia menzionata ed individuata negli avvisi concernenti la suddetta imposta e, pertanto, nella specie deve ritenersi operante (in mancanza di espressa disposizione in contrario) la presunzione (iuris tantum) che l’esercizio della potestà impositiva sia avvenuto nel rispetto dei presupposti di legge, restando così a carico del destinatario del provvedimento l’onere di dedurre e provare, in sede di opposizione, l’insussistenza delle condizioni previste per il legittimo esercizio della potestà impositiva e, pertanto, non la mancata menzione ed indicazione della delibera nell’avviso opposto, bensì l’insussistenza o illegittimità della delibera medesima, dovendosi peraltro considerare che le delibere o i regolamenti comunali devono in ogni caso ritenersi giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione (Cass. n. 14094 del 11/06/2010, Cass. n. 10605 del 26/10/1998).

3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto la ricorrente non ha dedotto di aver formulato la specifica censura nei giudizi di merito.

4. Il quarto motivo è infondato, posto che, come rilevato dalla CTR, negli atti impositivi, dei quali è stato trascritto il testo nel ricorso, era indicato che il ricorso avrebbe dovuto essere proposto alla CTP di Torino ed erano altresì indicate le modalità di proposizione del ricorso stesso.

5. In ordine al quinto motivo, si evince dalle sentenze di primo grado, il cui testo è riportato nel ricorso, che gli immobili risultavano accatastati con attribuzione di rendita fin dal 1992 e che tali rendite sono state riprese nella denuncia di variazione catastale presentata con procedura DOCFA nel 2008. Tale accertamento in fatto non è stato oggetto di censura da parte della ricorrente la quale assume, tuttavia, che l’attribuzione della rendita conseguente alla procedura DOCFA non poteva esplicare effetti se non a decorrere dall’anno di imposta successivo. Ne deriva che, non essendo stata proposta con la ridetta procedura una rendita diversa nè risultando che l’Ufficio abbia attribuito una rendita maggiore, l’Ici doveva essere versata per gli anni precedenti sulla base delle rendite che erano rimaste invariate, non ponendosi, quindi, una questione di irretroattività in quanto non era stata attribuita, a seguito della procedura DOCFA, una nuova e maggiore rendita.

6. Il sesto motivo è infondato poichè le delibere relative all’approvazione delle aliquote Ici ed all’approvazione dei valori delle aree fabbricabili, richiamate negli atti impositivi, erano state rese note alla contribuente essendo state pubblicate nell’albo pretorio a norma del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 124, comma 1. Ne consegue che non sussiste violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, secondo cui “Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama.”, posto che le delibere dovevano ritenersi conosciute dalla contribuente ed erano comunque visionabili presso il Comune.

7. Il settimo motivo è infondato. Invero la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, prevede, al comma 161, che “Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonchè all’accertamento d’ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato. Gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 16 e 17e successive modificazioni.” Il comma 171 prevede che “Le norme di cui ai commi da 161 a 170 si applicano anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge”. Ora, tenuto conto che con il comma 173 legge medesima è stata prevista l’abrogazione dei commi 1, 2, 2-bis e 6 del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 non può affermarsi che la previsione dell’applicazione della nuova norma anche ai rapporti di imposta pendenti violi il principio sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 3, – secondo cui “I termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati “- in quanto, trattandosi di omessa presentazione di dichiarazione Ici, era previsto il termine decadenziale di cinque anni per l’accertamento anche secondo la norma abrogata.

8. Il ricorso va, dunque, rigettato. Non si provvede sulle spese data la mancata costituzione del Comune.

PQM

La corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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