Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12301 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 27/04/2017, dep.17/05/2017),  n. 12301

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13710-2012 proposto da:

CIRCOLO RICREATIVO AZIENDA ENERGETICA MUNICIPALE, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI 911, presso lo studio

dell’avvocato LIVIA SALVINI, che lo rappresenta e difende unitamente

agli avvocati GIOVANNA MARIA CARLA ODDO, ELENIO BIDOGGIA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI DIANO MARINA PROVINCIA DI IMPERIA, domiciliato in ROMA

PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato ANTONIO CHIARELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/2012 della COMM.TRIB.REG. DI GENOVA,

depositata il 24/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. L’associazione Circolo Ricreativo Azienda Energetica Municipale impugnava gli avvisi di accertamento emessi dal Comune di Diano Marina per l’Ici relativa agli anni 2000, 2001, 2002 e 2003 in relazione ad un immobile da essa posseduto ed adibito ad attività turistico-ricreativa. Assumeva la ricorrente di essere esente dall’imposta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i, in quanto l’immobile era utilizzato esclusivamente dagli associati ed essa non aveva per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale. La commissione tributaria di Imperia accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte del Comune di Diano Marina, la commissione tributaria regionale della Liguria lo accoglieva sul rilievo che l’immobile non era utilizzato dall’ente, il quale assumeva avere i requisiti soggettivi, poichè era stato concesso in comodato ad un terzo, intestatario dell’autorizzazione amministrativa. Inoltre l’attività svolta era commerciale dato che potevano usufruire della struttura anche soggetti nei cui confronti l’associazione non svolgeva alcuna funzione istituzionale.

2. Avverso la sentenza della C.T.R. propone ricorso per cassazione l’associazione Circolo Ricreativo Azienda Energetica Municipale affidato a tre motivi. Resiste con controricorso il Comune di Diano Marina.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i, ed al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c. Sostiene che la CTR ha errato nel ritenere che difettava il requisito soggettivo dell’utilizzazione diretta dell’immobile poichè l’associazione aveva sempre utilizzato direttamente l’immobile stesso destinandolo esclusivamente allo svolgimento di attività ricettive e ricreative. La stipulazione del contratto di comodato era stata necessaria solo per consentire di continuare la propria attività per soddisfare i bisogni dei soci, e ciò a causa del vincolo di destinazione alberghiera imposta dall’autorità amministrativa, per il che non era concesso all’associazione di ottenere l’intestazione di una licenza per la gestione di un’azienda alberghiera. Inoltre l’associazione medesima non aveva finalità di lucro e non producevo utili ma solo avanzi di gestione che venivano destinati secondo le previsioni statutarie.

4. Con il secondo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che i giudici di appello non hanno illustrato le ragioni per le quali si doveva ritenere che l’associazione ricorrente svolgesse attività commerciale.

5. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c. per aver omesso la CTR di pronunciarsi in ordine alla domanda volta all’annullamento delle sanzioni, stante l’incertezza interpretativa della norma.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, comma 1, lett. i), prevede l’esenzione dall’imposta per gli immobili utilizzati dai soggetti di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 1, lett. c), (enti pubblici e privati, diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio d’attività commerciali), purchè destinati esclusivamente allo svolgimento di alcune specifiche attività, tra cui quelle “ricettive e culturali”. La corte di legittimità a Sezioni Unite, con la sentenza n. 28160 del 2008, dopo aver affermato che l’esenzione dall’ICI di cui al citato art. 7, comma 1, lett. i) costituisce – al pari delle altre norme che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria – una deroga alla regola generale, ed è perciò di stretta interpretazione, ha ritenuto che l’esenzione in questione opera in costanza della “duplice condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito”, escludendo che il beneficio possa spettare in caso di utilizzazione indiretta, pur se assistita da finalità di pubblico interesse (conforme Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7385 del 11/05/2012). Posto che, nella specie, non sussiste l’utilizzazione diretta dell’immobile da parte dell’associazione perchè esso è stato concesso in comodato ad un terzo che risulta essere intestatario dell’autorizzazione amministrativa e che lo gestisce, sia pure per soddisfare le esigenze proprie dell’associazione, il presupposto per l’esenzione non sussiste.

7. Il secondo motivo di ricorso rimane assorbito.

8. In ordine al terzo motivo, mette conto considerare che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111 Cost., comma 2, nonchè di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c. ispirata a tali principi, una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può omettere la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito allorquando la questione di diritto posta con il suddetto motivo risulti infondata, di modo che la pronuncia da rendere viene a confermare il dispositivo della sentenza di appello (determinando l’inutilità di un ritorno della causa in fase di merito), sempre che si tratti di questione che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass. n. 2313 del 01/02/2010). Ciò posto, esaminando la questione oggetto della pronuncia, il rilievo è infondato. La Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 13076 del 24/06/2015; Cass. n. 4394 del 24/2/2014; Cass. n. 3113 del 12/2/2014; Cass. n. 24670 del 28/11/2007) è ripetutamente intervenuta a definire l’ambito di non debenza delle sanzioni enunciando i seguenti principi di diritto: per “incertezza normativa oggettiva tributaria” deve intendersi la situazione giuridica oggettiva, che si crea nella normazione per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra cui in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione normativa, e che è caratterizzata dall’impossibilità, esistente in sè ed accertata dal giudice, d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica sotto la quale effettuare la sussunzione di un caso di specie; l’incertezza normativa oggettiva costituisce una situazione diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto come emerge dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 che distingue in modo netto le due figure dell’incertezza normativa oggettiva e dell’ignoranza (pur ricollegandovi i medesimi effetti) e perciò l’accertamento di essa è esclusivamente demandata al giudice e non può essere operato dalla amministrazione; l’incertezza normativa oggettiva non ha il suo fondamento nell’ignoranza giustificata, ma nell’impossibilità, abbandonato lo stato d’ignoranza, di pervenire comunque allo stato di conoscenza sicura della norma giuridica tributaria. L’essenza del fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva si può rilevare attraverso una serie di fatti indice, che spetta al giudice accertare e valutare nel loro valore indicativo, e che sono stati individuati a titolo di esempio e, quindi, non esaustivamente: 1) nella difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge; 2) nella difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) nella difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) nella mancanza di informazioni amministrative o nella loro contraddittorietà; 5) nella mancanza di una prassi amministrativa o nell’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) nella mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) nella formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei Giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte costituzionale; 8) nel contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) nel contrasto tra opinioni dottrinali; 10) nell’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente. Tali fatti indice devono essere accertati, esaminati ed inseriti in procedimenti interpretativi della formazione che siano metodicamente corretti e che portino inevitabilmente a risultati tra loro contrastanti ed incompatibili. Costituisce, quindi, causa di esenzione del contribuente dalla responsabilità amministrativa tributaria una condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull’oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ossia l’insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso la sua interpretazione”. Nella fattispecie la normativa applicabile fornisce elementi adeguati e sufficientemente chiari per la determinazione dei casi di spettanza dell’agevolazione, per il che appare sussistente la sola incertezza derivata da condizioni soggettive del contribuente, mentre è da escludere l’errore dovuto ad interpretazione errata della normativa o la diversa interpretazione dei fatti di causa, sola condizione che legittimerebbe lo sgravio delle sanzioni.

Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al Comune di Diano Marina le spese processuali che liquida in Euro 4.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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