Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12299 del 15/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 15/06/2016, (ud. 10/03/2016, dep. 15/06/2016), n.12299

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12916-2013 proposto da:

C.T., ((OMISSIS)), C.A.

((OMISSIS)) e CANCELLARO GROUP S.R.L. ((OMISSIS)), in

persona del suo legale rappresentante rag. C.A.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE ZEBIO N 43, presso lo

studio dell’avvocato MARCELLO D’AIUTO, rappresentati e difesi

dall’avvocato LORETO D’AIUTO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMPAGNIE FRANCAISE D’ASSURANCE POUR LE COMMERCE EXTERIEUR S.A.

(succeduta alla COFACE COMPAGNIA ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI

S.P.A.), in persona del suo preposto e legale rappresentante Dott.

D.M.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

EMANUELE GIANTURCO 6, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO

SCIUTO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO

SCOFONE giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 13/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/01/2013, R.G.N. 152/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/03/2016 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito l’Avvocato LORETO D’AIUTO;

udito l’Avvocato FILIPPO SCIUTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. – Con sentenza dell’ottobre 2010, il Tribunale di Milano accolse, nei soli confronti della Cancellaro Group s.r.l. e di C. A., la domanda di regresso proposta dalla Coface-Compagnia di Assicurazioni e riassicurazioni S.p.A. a seguito della escussione, da parte del Ministero dello sviluppo economico sulla scorta delle comunicazioni da questo ricevute dalla MPS, nelle quali si “face(va) espresso riferimento alle spese sostenute, inferiori alla quota di 1/3 prevista” oltre alla “mancata realizzazione dei un programma organico e funzionale”, della polizza fideiussoria n. (OMISSIS), stipulata dai predetti convenuti per le obbligazioni assunte in relazione alla erogazione di una quota di agevolazione finanziaria di Lire 215.440.000, ottenuta ai sensi della L. n. 488 del 1992.

Il Tribunale di Milano, quindi, condannò in solido la Cancellaro Group s.r.l. e C.A. al pagamento in favore della Coface della somma di Euro 111.265,90, oltre accessori, oltre alle spese di lite, mentre rigettò la anzidetta domanda attorea nei confronti di C.T., nei cui confronti la Coface aveva rinunciato alla propria pretesa, essendo emerso in sede istruttoria che la sottoscrizione del predetto T., apposta in calce all’appendice di coobbligazione, non era autentica.

Il medesimo Tribunale rigettò, altresì, la domanda di manleva proposta dalla Cancellaro Group s.r.l. e da C.A. nei confronti del Ministero dello sviluppo economico, chiamato in causa per aver illegittimamente escusso la polizza fideiussoria n. (OMISSIS).

2. – Avverso tale decisione proponevano impugnazione la Cancellaro Group s.r.l. e C.A., che la Corte d’Appello di Milano, nel contraddittorio con la Coface ed il Ministero dello sviluppo economico, rigettava con sentenza resa pubblica il 9 gennaio 2013.

2.1. – La Corte territoriale precisava, anzitutto, che il “titolo in base al quale Coface ha avanzato domanda di regresso si fonda sulla polizza n. (OMISSIS) stipulata da Cancellaro Group s.r.l. a garanzia dell’erogazione da parte del Ministero della prima quota delle agevolazioni finanziarie di cui alla L. 19 dicembre 1992, n. 488”.

La Corte territoriale rilevava, poi, che l’erogazione della prima quota, essendo stata ottenuta a titolo di mera anticipazione, non era subordinata alla verifica dello stato di avanzamento dei lavori, dovendo, invece, essere assistita, per legge, da una coeva garanzia fideiussoria escutibile a prima richiesta (in tal senso era stabilito, segnatamente, dal D.M. industria e del commercio 30 ottobre 1995, n. 537, art. 7, comma 2).

Il giudice del gravame, inoltre, osservava che anche il punto 7.3 della circolare ministeriale n. 38522 del 15 dicembre 1995, “anch’essa richiamata nella polizza sottoscritta dalle parti”, prevedeva che “ciascuna erogazione era subordinata alla verifica dello stato di avanzamento dei lavori, fatta eccezione per la prima che era svincolata da qualsivoglia indagine di tal genere dovendo essere, per legge, assistita da una garanzia fideiussoria escutibile a prima richiesta”.

La Corte ambrosiana rilevava, ancora, che la polizza in questione prevedeva, anche “nell’oggetto della garanzia” (art. 1), l’impegno della parte contraente alla restituzione, “a semplice e prima richiesta”, della “somma complessiva erogata a titolo di anticipazione”, “ove non fossero state realizzate un terzo delle spese approvate per la realizzazione del programma oggetto di agevolazione”.

Pertanto, il giudice del gravame, qualificando la polizza fideiussoria n. (OMISSIS) come contratto autonomo di garanzia, in quanto avente “le caratteristiche di polizza prima richiesta””, riteneva che la Coface, una volta escussa la polizza, poteva “agire in via di regresso solo ed unicamente contro il debitore garantito” e non contro “l’accipiens”, ossia il ministero/creditore beneficiario.

2.2. – Inoltre, la Corte ambrosiana assumeva che, dalla natura di contratto autonomo di garanzia della polizza assicurativa de qua, discendeva pure che, nel caso della inadempienza da essa prevista (mancato tempestivo sostenimento “di almeno di un terzo delle spese approvate”), il Ministero (beneficiario della polizza) aveva diritto “ad ottenere la restituzione della quota elargita a titolo di anticipazione, derivando tale obbligazione dall’esplicito impegno assunto da Cancellaro Group s.r.l. in sede di stipula del contratto fideiussorio”.

Sicchè, concludeva il giudice di appello, a nulla rilevava, ai fini della domanda di manleva degli originari convenuti, l’asserita illegittimità della condotta del Ministero per la richiesta restituzione delle somme in assenza della conclusione del procedimento di revoca delle agevolazioni, che, peraltro, era stato richiesto “con riguardo alla mancata realizzazione del programma di investimenti e non anche con riferimento all’erogazione anticipata del contributo” (prescindente dalla realizzazione delle opere stesse e subordinata “alla sola stipula di una polizza fideiussoria “a prima richiesta””).

2.3. – Quanto poi al gravame sulla dedotta “errata condanna alle spese degli appellanti”, la Corte territoriale osservava che la Cancellaro Group s.r.l. ed C.A. erano rimasti totalmente soccombenti in primo grado, poichè la Coface aveva rinunziato alla domanda soltanto nei confronti di C. T..

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono con un unico ricorso la Cancellaro Group s.r.l., C.A. e C.T., affidando le sorti dell’impugnazione a tre motivi.

Resiste con controricorso la Compagnie Francaise d’Assurance pour le Commerce Exterieur s.a., già Coface-Compagnia di Assicurazioni e riassicurazioni S.p.A. Non ha svolto attività difensiva il Ministero dello sviluppo economico.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con il primo mezzo è denunciata la “errata valutazione degli atti, dei fatti, delle richieste istruttorie” e la “errata e/o non adeguata motivazione su atti che portano ad una diversa decisione (in particolare, l’oggetto della polizza fideiussoria)”.

La Corte territoriale avrebbe “completamente travisato e/o ignorato il fatto concreto”, non avrebbe “svolto l’istruttoria richiesta”, nè, in violazione dell’art. 112 c.p.c., avrebbe pronunciato “su tutta la domanda”, per non aver stabilito se la quota di agevolazione erogata come anticipazione era, o meno, legata al contributo in conto capitale concesso dal Ministero.

Il giudice di secondo grado avrebbe errato a qualificare “la garanzia escussa contratto autonomo di garanzia”, arrestandosi all’esame sommario dell’atto fideiussorio e trascurando completamente il merito. Inoltre, avrebbe ignorato il “fatto controverso”, mancando di stabilire se “in assenza del Decreto Ministeriale, nel giudizio di regresso promosso dal fideiussore nei confronti del garantito, il soggetto garantito (Cancellaro Group s.r.l.), che non ha partecipato al procedimento bonario (extragiudiziale) di escussione della fideiussione, chiamando in causa il Ministero beneficiario della garanzia, può o meno chiedere al giudice di accertare se si è comportato o meno secondo le prescrizioni a lui imposte dal bando e dal progetto approvato e dal decreto”.

1.1. – Il motivo non può trovare accoglimento.

La Corte di appello, in forza di adeguata e plausibile motivazione in ordine alla qualificazione del contratto inter partes come contratto autonomo di garanzia (cfr. 2.1. e 2.2. del “Ritenuto in fatto” che precede), ha coerentemente disatteso (senza violazione alcuna del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c.) le questioni che gli allora appellanti, odierni ricorrenti, prospettavano, ed attualmente ripropongono, in quanto essenzialmente attinenti al merito del rapporto principale, intercorrente tra la Cancellaro Group s.r.l. ed il Ministero.

Invero, dall’autonomia del rapporto di garanzia rispetto al rapporto principale garantito discendeva l’obbligo del garante di pagare l’importo garantito a “prima” richiesta del creditore beneficiario, senza poter opporre le eccezioni relative al rapporto garantito.

Le doglianze avanzate dai ricorrenti non scalfiscono, dunque, siffatto impianto argomentativo, giacchè non solo essenzialmente nè prescindono, ma veicolano, altresì, critiche volte ad evidenziare, invece, profili di insufficienza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, i quali (al di là del fatto stesso di una prospettazione, di per sè, inammissibile, in quanto orientata a proporre un accertamento dei fatti e una valutazione probatoria alternativi a quelli effettuati dal giudice del merito, al quale soltanto spetta il relativo potere) non rispondono affatto al paradigma censorio applicabile ratione temporis (in ragione della pubblicazione della sentenza in data 9 gennaio 2013), ossia quello di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nell’attuale formulazione, novellata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), che ha reso denunciabile soltanto l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, altresì postulando unicamente il vizio omesso esame di un fatto storico, che, di per sè, non è integrato dall’omesso esame di elementi istruttori (tra le altre, Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. 8 ottobre 2014, n. 21257; Cass., sez. un., 23 gennaio 2015, n. 1241; Cass., 6 luglio 2015, n. 13928).

2. – Con il secondo mezzo è denunciata, “per C.T.”, la violazione dell’art 112 cod. proc. civ. La Corte territoriale, “scambiando” il ricorso proposto dalla Cancellaro Group s.r.l. e da C.A. al fine di ottenere la sospensione dell’esecutività della sentenza e/o la riduzione della temeraria iscrizione ipotecaria “con l’atto di appello proposto da C.T.”, avrebbe completamente ignorato la posizione di quest’ultimo.

2.1. – Il motivo è inammissibile.

Con esso, infatti, si assume (peraltro, in contrasto con quanto emerge dalla stessa intestazione della decisione – p. 1 – e dall’intera conseguente motivazione – v., tra l’altro, p. 4) che l’appello sarebbe stato proposto anche da C.T. e non solo dalla Cancellaro Group s.r.l. e da C.A., all’uopo adducendosi un travisamento degli “atti del giudizio”, che, per l’appunto, la Corte territoriale avrebbe “confuso… in modo superficiale” (i quali atti, peraltro, non sono indicati puntualmente, nè di essi – e, si presume, segnatamente dell’atto di appello vengono riportati i contenuti rilevanti, nè la localizzazione, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

Dunque, ci si duole di un errore di percezione del fatto processuale da parte del giudice del gravame in ordine alla proposizione dell’appello da parte di C.T. (che la sentenza impugnata esclude), ciò che viene ad integrare gli estremi del vizio revocatorio, ai sensi ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 non denunciabile con il ricorso per cassazione, bensì col mezzo della revocazione (tra le tante, Cass., 20 dicembre 2011, n. 27555).

3. – Con il terzo mezzo, “per C.A.”, è denunciata l’erroneità, l’incompletezza e l’illegittimità della sentenza.

Posto che ” C.A. è il soggetto maggiormente danneggiato dalla errata ed incredibile pronuncia del Giudice Monocratico di Milano confermata dalla Corte di Appello di Milano in modo superficiale ed incomprensibile”, la sentenza impugnata non avrebbe “considerato il disastro causato dalla pronuncia errata dal Tribunale di Milano a C.A.”, il quale avrebbe appellato tale sentenza, “ma nel dispositivo viene ignorato”.

3.1. – Il motivo è in parte inammissibile e in parte manifestamente infondato.

E’ inammissibile, là dove svolge critiche (oltremodo generiche) alla sentenza di primo grado e non già direttamente alla sentenza impugnata in questa sede.

E’ manifestamente infondato, invece, là dove intende accreditare una mancata pronuncia della Corte territoriale in ordine alla posizione di C.A., posto che la carente indicazione di quest’ultimo appellante nella premessa del dispositivo (p. 11) si appalesa soltanto come mera omissione del tutto ininfluente sulla portata della decisione, resa – con tutta evidenza (come emerge sin dall’intestazione della sentenza e, poi, dalla motivazione e dalla stessa statuizione dispositiva di rigetto, secondo una piana e complessiva lettura dell’intero atto) – anche nei confronti di C.A..

4. – Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Posto un siffatto esito dell’impugnazione, si appalesa superflua la rinnovazione della notificazione del ricorso invalidamente effettuata nei confronti del Ministero dello sviluppo economico presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, atteso che la concessione di un termine a tale scopo si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (tra le altre, Cass., 17 giugno 2013, n. 15106).

Ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico solidale dei ricorrenti e liquidate come in dispositivo in conformità ai parametri introdotti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

In ragione del rigetto del ricorso occorre dare atto della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in complessivi Euro 9.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Al sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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