Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12291 del 17/05/2017
Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 26/04/2017, dep.17/05/2017), n. 12291
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –
Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11099/2013 proposto da:
ETRURIA SERVIZI SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CICERONE
28, presso lo studio dell’avvocato PIETRO DI BENEDETTO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE MARTINI;
– ricorrente –
contro
C.O.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 8/2013 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,
depositata il 04/02/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
26/04/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che:
p. 1. Etruria Servizi srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 8/16/13 del 4 febbraio 2013 con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento notificato, per conto del Comune di Montalcino (SI), ad C.O. per il mancato pagamento di Ici 2006 su taluni immobili rurali iscritti in categoria catastale A/2, A/7 e C/2.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che: nonostante quanto affermato da Cass. SSUU 18565/09, l’esenzione da Ici derivasse non già dal classamento catastale in categoria di ruralità (A/6 o D/10) ma dalla effettiva strumentalità dell’immobile all’esercizio dell’agricoltura; – nel caso di specie, tale strumentalità sussistesse, trattandosi di immobili destinati all’esercizio di attività agricola del C..
Quest’ultimo non ha svolto attività difensiva in questa sede.
p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso Etruria Servizi lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione della normativa Ici di riferimento (D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2; art. 5, comma 2; D.L. n. 557 del 1993, art. 9; D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis). Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente disatteso quanto ritenuto dalle SSUU con la citata sentenza n. 18565/09, e confermato dalla normativa sopravvenuta; secondo cui ciò che rileva ai fini dell’esenzione Ici degli immobili rurali è unicamente il loro accatastamento in corrispondente categoria A/6 o D/10, qui non ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso la concessionaria lamenta violazione dell’art. 92 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15; per avere la commissione tributaria regionale posto le spese di lite a suo carico, nonostante che sussistessero i presupposti per la loro compensazione.
p. 2.2 I due motivi di ricorso sono fondati.
Non vi sono ragioni per discostarsi da quanto stabilito da Cass. SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”. A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (tra cui, Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14), più recentemente confermate – nel senso della ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività diretta alla manipolazione o alla trasformazione di prodotti agricoli, rilevando unicamente il suo classamento – tra le altre, da Cass. n. 16737/15 e da Cass. n. 7930/16.
Va altresì osservato come quanto stabilito dalle SSUU nella sentenza cit. si sia fatto carico anche dei profili di jus superveniens riconducibili all’emanazione sia del D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis, conv. in L. n. 222 del 2007, come introdotto dal D.L. n. 159 del 2007, art. 42 bis, conv. in L. n. 222 del 2007; sia D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, conv. in L. n. 14 del 2009. Con la conseguenza che nemmeno in base a questa normativa – salva l’ipotesi di mancato accatastamento – è dato al giudice tributario di accertare in concreto, incidentalmente, il carattere rurale del fabbricato di cui si sostenga l’esenzione da Ici.
La stessa conclusione va, infine, riaffermata (così Cass. 7930/16 cit. ed innumerevoli altre) pur alla luce dell’ulteriore jus superveniens (D.L. n. 70 del 2011, conv. in L. n. 106 del 2011; D.L. n. 201 del 2011, conv. in L. n. 214 del 2011; D.L. n. 102 del 2013, conv. in L. n. 124 del 2013) che ha attribuito al contribuente la facoltà di presentazione di domanda di variazione catastale per l’attribuzione delle categorie di ruralità A/6 e D/10, con effetto per il quinquennio antecedente.
Si tratta infatti di disposizioni che rafforzano l’orientamento esegetico già adottato dalle SSUU nel 2009, in quanto disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici; sulla base di una procedura ad hoc che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme.
p. 3. Discende da tutto ciò anche la fondatezza del secondo motivo del ricorso della società concessionaria; posto che dalla sua vittoria all’esito del giudizio deve dipendere la rivisitazione della disciplina delle spese.
In definitiva, la sentenza della commissione tributaria regionale va cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, nè essendo state dedotte altre questioni controverse” sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., mediante rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
In ragione della complessa evoluzione normativa ed interpretativa in materia, sussistono i presupposti per la compensazione delle spese di legittimità e merito.
PQM
LA CORTE
– accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente;
– compensa le spese di legittimità e merito;
– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;
– dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 26 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017