Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12291 del 15/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 15/06/2016, (ud. 25/02/2016, dep. 15/06/2016), n.12291

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12296/2013 proposto da:

F.S., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI

PIERRO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BRUNO

BELLISAI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE ANGUILLARA VENETA, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOSUE’ BORSI 4, presso lo

studio dell’avvocato FEDERICA SCAFARELLI, rappresentato e difeso

dagli avvocati FERASIN GIOVANNI, FEDERICO CASA giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 697/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 26/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato NICOLA DI PIERRO;

udito l’Avvocato ALESSIA CIPROTTI per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Tribunale di Padova, con decreto ingiuntivo del 12 febbraio 1998 emesso su ricorso di F.S., ingiungeva al Comune di Anguillara Veneta di pagare al F. la somma di Lire 70.113.216 quale corrispettivo di attività professionale consistente nella redazione di un progetto generale esecutivo della sua rete fognaria. Essendosi il Comune opposto, lo stesso Tribunale, con sentenza del 4 novembre 2004, revocava il decreto e condannava il Comune a pagare al F. la somma di Euro 10.711,98, oltre a interessi e a due terzi delle spese di lite.

Avendo il F. proposto appello principale contro tale sentenza e il Comune appello incidentale, la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 9 gennaio – 26 marzo 2012, accogliendo l’appello incidentale e ritenuto assorbito l’appello principale, rigettava la domanda del F. per maturata prescrizione decennale e comunque per nullità del contratto di incarico per mancanza di forma scritta.

2. Ha presentato ricorso il F., sulla base di due motivi.

Il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., nonchè degli artt. 2934 e 2944 c.c., affiancando a questa doglianza l’ulteriore denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione sul fatto controverso decisivo rappresentato dagli atti interruttivi della prescrizione.

Il giudice d’appello avrebbe errato nell’affermare inesistenti atti interruttivi, che sarebbero invece identificabili in una lettera dell’11 ottobre 1982 del F. al Comune, in una Delib. Consiglio Comunale 28 giugno 1984, n. 38 e una raccomandata dell’8 marzo 1994 del F. al Comune. Essi non sarebbero stati considerati, in violazione delle norme invocate nella rubrica del motivo; e l’eccezione di interruzione della prescrizione è rilevabile dal giudice in ogni stato e grado.

Il giudice d’appello inoltre avrebbe errato nel non tenere conto dei comportamenti del Comune, che avrebbe riconosciuto il diritto di credito del F., così interrompendo ex art. 2944 c.c., il termine prescrizionale, in primis mediante il pagamento al ricorrente di sei stralci esecutivi, e, in secondo luogo, mediante il pagamento allo stesso della fattura n. (OMISSIS) per lavori rientranti nel progetto generale esecutivo.

Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine a fatto controverso e decisivo, per avere il giudice d’appello ritenute mancanti sia la prova dell’incarico di redazione di progetto generale esecutivo, sia la delibera di approvazione del suddetto progetto, laddove la Delib. n. 68 del 1977 del Commissario Prefettizio e Delib. n. 16 del 1980 del Consiglio Comunale riguardavano un progetto generale che sarebbe stato proprio il progetto generale esecutivo, in quanto approvato dalla Regione Veneto, approvazione che rende esecutivi i progetti generali. Anche il c.t.u. della consulenza espletata avrebbe ritenuto che il ricorrente abbia realizzato un “progetto generale esecutivo” del 13 gennaio 1980 approvato con la Delib. Consiliare n. 16 del 1980.

Si è difeso con controricorso il Comune di Anguillara Veneta, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, che sia rigettato.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., insistendo nei suoi motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è inammissibile.

Dalla sintesi sopra tracciata emerge che, con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto prescritto il suo diritto al corrispettivo, e, con il secondo, la censura per non avere ritenuto sussistenti la prova dell’incarico, che egli avrebbe ricevuto, di redigere un progetto generale esecutivo, e la relativa delibera amministrativa.

Chiaramente, dunque, è logico esaminare in primo luogo il secondo motivo, relativo all’accertamento dell’originale esistenza di quel diritto di cui il secondo motivo censura la dichiarata prescrizione.

Invero, la corte territoriale ha accolto l’appello incidentale rigettando la domanda del F. sulla base di due rationes decidendi, ciascuna sufficiente a dirimere: il fatto che “per ammissione dello stesso appellante l’incarico troverebbe fondamento in un accordo verbale intercorso con l’Amministrazione”, per cui il contratto sarebbe nullo per difetto di forma scritta, e il fatto che il diritto di credito risulterebbe “interamente coperto dalla prescrizione decennale maturata nell’anno 1991 non essendo stati prodotti in causa atti interruttivi” ed essendo stato emesso il decreto ingiuntivo nel 1998 (anche la corte effettua la stessa inversione logico-giuridica del ricorso, esponendo per prima quest’ultima ratio decidendi).

Il secondo motivo, allora, viene addotto come violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (rectius, n. 4, trattandosi di norme procedurali) congiunta a vizio motivazionale (motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria) relativamente a fatto controverso e decisivo.

Osserva il ricorrente che la corte territoriale ha rilevato la mancanza agli atti di “una qualche delibera di approvazione di un progetto generale esecutivo”, partendo dal principio per cui “il contratto di prestazione d’opera professionale stipulato con la pubblica amministrazione, ancorchè quest’ultima agisca “iure privatorum”, deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta” e rilevando poi che ciò non è stato rispettato nel caso in esame, in cui risulta “documentalmente provato che il Comune di Anguillara ha con delibera dell’11/10/1977 conferito l’incarico al professionista”, approvato con provvedimento del 18/1/1980 il progetto generale e il primo stralcio lavori, e conferito l’incarico per la redazione dei progetti esecutivi degli stralci dal secondo al sesto con successive delibere, specificamente indicate. Quindi il giudice d’appello avrebbe negato l’esistenza di un diritto del ricorrente al pagamento del corrispettivo partendo dal presupposto che agli atti mancherebbe “sia la prova dell’incarico formale” di redazione del progetto generale esecutivo, “sia una delibera di approvazione di un progetto generale esecutivo”. Ma ciò sarebbe contraddittorio, perchè la stessa corte “richiama le fonti formali dell’incarico professionale conferito”, che sarebbero, appunto, la Delib. 11 ottobre 1977, n. 68, del Commissario Prefettizio e la Delib. 18 gennaio 1980, n. 16, del Consiglio Comunale. E avrebbe dunque errato il giudice d’appello, in violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., omettendo “di porre alla base della propria decisione delle prove documentali”, come le Delib. appena citate.

In realtà, così come conformato il motivo denuncia un’errata valutazione probatoria da parte del giudice di merito, per non avere ritenuto provato il presupposto del diritto del ricorrente al corrispettivo per la redazione del progetto generale esecutivo, o non avere comunque ben governato gli esiti di prove documentali pur menzionate nella motivazione. In tal modo, il ricorrente presenta una censura già di per sè inammissibile, in quanto persegue dal giudice di legittimità una valutazione fattuale sostitutiva di quella che avrebbe operato la corte territoriale, in relazione a prove documentali, come sopra si è esposto: ovvero chiede a questo giudice di espletare una cognizione che esorbita dall’ambito della legittimità.

Ma vi è di più. La corte territoriale, invero, non ha fondato la propria decisione – per quanto concerne la ratio decidendi in esame –

su un difetto di prova dell’esistenza materiale di un contratto di conferimento dell’incarico, bensì sulla nullità di tale contratto, avendo lo stesso F. ammesso che l’incarico avrebbe trovato “fondamento in un accordo verbale” con il Comune. E’ d’altronde indiscutibile che una delibera amministrativa di autorizzazione al conferimento d’incarico non ha incidenza, ovvero non sostituisce il contratto stipulato jure privatorum dall’ente, che rimane vincolato alla forma scritta ad substantiam e rispetto al quale non sussistono altri atti fungibili (così insegna giurisprudenza consolidata: cfr.

tra gli arresti più recenti Cass. sez. 1, 15 giugno 2015 n. 12316;

Cass. sez. 1, 17 marzo 2015 n. 5263; Cass. sez. 3, 8 maggio 2014 n. 9975; Cass. sez.1, 20 marzo 2014 n. 6555; Cass. sez. 2, 23 aprile 2014 n. 9217; Cass. sez. 3 aprile 2010 n. 8000; Cass. sez. lav. 8 novembre 2007 n. 23265; Cass. sez. 1, 26 ottobre 2007 n. 22537). Su tutto ciò il motivo – dopo l’iniziale richiamo al rilievo del giudice d’appello sulla nullità del contratto per difetto di forma scritta – glissa in modo assoluto, pur essendo proprio questa la sostanza della ratio decidendi in esame che, come si è visto, la corte territoriale affianca a quella relativa alla prescrizione del diritto che sarebbe scaturito dall’adempimento del contratto. E dunque il motivo risulta inammissibile, per il difetto di interesse che impregna l’intero suo contenuto, non concernente l’effettiva ratio decidendi (cfr. Cass. sez. lav. 22 ottobre 2014 n. 22380; Cass. sez. lav. 22 novembre 2010 n. 23635; Cass. sez. 3, 5 giugno 2007 n. 13068; Cass. sez. 1, 16 agosto 2006 n. 18170; Cass. sez. 5, 11 giugno 2004 n. 11160, S.U. 14 marzo 1990 n. 2078).

Il secondo motivo essendo inammissibile nonchè – in considerazione di quanto già più sopra rilevato – assorbente del motivo soltanto formalmente primo, tutto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2016

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