Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12289 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2020, (ud. 09/01/2019, dep. 23/06/2020), n.12289

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20081/2016 R.G. proposto da:

C.T., elettivamente domiciliato in Roma, via (Ndr:

testo originale non comprensibile) presso lo studio dell’avv.to

Federica Pica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Picca e

Riccardo Marro giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 738/23/2016, depositata il 1 febbraio 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 gennaio 2019

dal Consigliere Marco Dinapoli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Stanislao De Matteis, che ha concluso per il rigetto

del ricorso.

Uditi gli Avvocati delle parti costituite.

Fatto

RILEVATO

Che:

C.T. impugnava l’atto di irrogazione di sanzioni amministrative n. 7765 in data 20 febbraio 2012 per l’importo di Euro 10.476,66 emesso dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli ufficio di Napoli 1 per errata indicazione doganale del valore della merce (pantaloni vari) importata dalla Cina nell’anno 2011; contestava in particolare l’applicabilità della sanzione, in solido con l’importatore, anche allo spedizioniere che avesse agito in rappresentanza diretta di quest’ultimo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli rigettava il ricorso con sentenza n. 13377/14. Avverso tale decisione il C. proponeva appello, che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 738/23/2016 del 20 ottobre 2015 (depositata il 1 febbraio 2016).

C.T. ricorre in questa sede per cinque motivi e chiede la cassazione della sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione e vittoria di spese. Resiste l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso e chiede il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Motivi del ricorso e controdeduzioni della convenuta.

1.1 – Con il primo motivo di ricorso il C. lamenta violazione e falsa applicazione del Reg. CEE 2913/92, art. 201, p.. 3, (in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) che stabilisce che il debitore doganale è il dichiarante, figura che, in virtù dello stesso regolamento, art. 4, punto 18, si identificherebbe con l’importatore qualora lo spedizioniere ne abbia assunto la rappresentanza diretta, come è avvenuto nel caso in esame. Controdeduce l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che ai sensi del predetto Regolamento, artt. 202 e 205, in caso di nascita dell’obbligazione doganale a seguito di irregolarità, come nel caso di specie, la figura dell’obbligato responsabile è individuabile in tutti i soggetti compartecipi dell’irregolarità.

1.2 – Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della L. 25 luglio 2000, n. 213, art. 2, commi 6 e 7 (in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) che escluderebbero la responsabilità solidale dello spedizioniere per il pagamento del tributo salvo che non fosse stato o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della erroneità, falsità, incompletezza dei dati. Tale condizione soggettiva andrebbe esclusa nel caso in cui vi sia corrispondenza fra la dichiarazione doganale resa dal rappresentante e la documentazione fornita dall’importatore, come nel caso in esame. L’Agenzia controdeduce che l’attività degli spedizionieri doganali si configura quale garanzia, sia per l’importatore che per l’Autorità doganale, che le dichiarazioni siano conformi alla normativa di settore, onde l’obbligo di particolare diligenza a loro carico quali intermediari qualificati.

1.3 – Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 11 (in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) che prevede che “fino a prova contraria si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi”. Il fatto rientrerebbe invece nell’ipotesi di cui al predetto D.Lgs., art. 10, in quanto il ricorrente sarebbe stato solo autore mediato della violazione, per essere stato indotto dall’importatore a commetterla per errore incolpevole; infatti la dichiarazione infedele sarebbe stata da lui effettuata sulla base dei documenti forniti dall’importatore, senza alcuna possibilità di controllarne l’attendibilità. L’Agenzia sottolinea, in contrario, la natura negoziale del vincolo fra l’importatore e lo spedizioniere doganale, secondo il parametro delineato dall’art. 1737 c.c., onde la corretta applicazione della norma in questione da parte della sentenza impugnata.

1.4 – Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 – e del Reg. Cee 23 aprile 2008, n. 450, art. 16, p. 4 (presumibilmente in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) perchè l’erogazione della sanzione avrebbe dovuto essere preceduta da un atto di contestazione con l’assegnazione al destinatario di un congruo termine per le eventuali controdeduzioni, in ossequio al principio del contraddittorio. L’Agenzia delle Dogane osserva, in contrario, che non esiste alcuna norma che preveda l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale in campo tributario, e che comunque, nel caso specifico, l’atto di erogazione della sanzione è stato preceduto dalla notifica di un processo verbale di constatazione relativo alla incongruità del valore della merce dichiarato nella bolletta di importazione.

1.5 – Con il quinto motivo di ricorso, infine, il C. denunzia omessa motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio (presumibilmente in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la sentenza impugnata omesso di accertare se lo spedizioniere dichiarante in rappresentanza diretta fosse o meno a conoscenza dell’erroneità dei dati circa il valore della merce riportati nella fattura a corredo della dichiarazione doganale. L’Agenzia delle Dogane eccepisce l’inammissibilità di questo motivo di ricorso e ne rileva l’infondatezza richiamando, in contrario, la giurisprudenza di questa Corte in materia di sanzioni doganali che ritiene sufficiente la volontarietà dell’azione od omissione, e la sussistenza della colpa del trasgressore, su cui grava l’onere di fornire la prova contraria.

2. Esame dei motivi di ricorso.

2.1 – I primi due motivi di ricorso, che possono essere qui esaminati congiuntamente, sono fondati, in quanto la sentenza impugnata ha male applicato le norme di cui il ricorrente lamenta la violazione.

2.2 – Va premesso che la dichiarazione doganale può essere fatta personalmente dall’importatore ovvero a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. Nel primo caso il rappresentante agisce in nome e per conto dell’importatore; nel secondo caso il rappresentante agisce in nome proprio ma per conto dell’importatore. L’operatore che agisce in rappresentanza diretta deve essere iscritto nell’apposito albo professionale istituito con la L. 22 dicembre 1960, n. 1612 e deve rispettare gli obblighi previsti dalla legge, fra i quali assumono rilievo, ai fini della presente decisione, quelli previsti dalla successiva L. 25 luglio 2000, n. 213.

2.3 – L’obbligazione doganale grava sul soggetto che fa la dichiarazione in nome proprio ovvero sulla persona in nome della quale la dichiarazione è fatta. Pertanto nel caso della rappresentanza diretta, che ricorre nella vicenda in esame, la responsabilità grava normalmente sull’importatore. Tuttavia anche lo spedizioniere doganale dichiarante non va esente da responsabilità, ma solo qualora abbia contravvenuto agli obblighi impostigli dalla legge.

2.4. In particolare, in caso di dichiarazione doganale regolare ma infedele (come nel caso in esame), la responsabilità solidale dello spedizioniere dichiarante diretto è configurabile soltanto nel caso in cui egli stesso abbia fornito i dati o i documenti necessari alla stesura della dichiarazione nella consapevolezza della erroneità dei dati e/o della irregolarità dei documenti (Reg. Comunitario Doganale 2913/92, art. 201).

2.5 – Alla luce di detta normativa unionale va interpretato pertanto la L. 25 luglio 2000, n. 213, art. 2 (commi 6 e 7), che pone a carico degli spedizionieri doganali l’onere di accertare la regolarità, veridicità e completezza dei dati contenuti nelle dichiarazioni da presentare agli uffici finanziari, pena la responsabilità per il pagamento dei tributo, (oltre che per i danni procurati all’erario nel caso di dichiarazione irregolare) qualora fossero a conoscenza o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della infedeltà; tale responsabilità sussiste però solo quando essi stessi, e non l’importatore, abbiano fornito i dati o prodotto i documenti in base ai quali è stata redatta la dichiarazione, come già deciso in precedenza da questa Corte: “Quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei diritti dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali” (Cass. n. 9777 del 18 giugno 2003).

2.6- pertanto la sola qualità di spedizioniere rappresentante diretto dell’importatore non vale a ritenerne la responsabilità solidale per la dichiarazione regolare ma infedele, a meno che non consti la sua personale partecipazione nei termini di cui sopra, la cui prova è a carico dell’Amministrazione doganale, e che nel caso in esame non solo non è stata fornita, ma neanche prospettata.

2.7 – Non convince del contrario il richiamo dell’Agenzia al cit. Reg. CEE, artt. da 202 a 205, che si applicano alle diverse ipotesi di assenza della dichiarazione o di sottrazione al controllo, o di importazione di merce materialmente diversa da quella dichiarata. Situazioni in cui la natura fraudolenta dell’operazione giustifica l’aggravio del regime della responsabilità solidale.

3. – I rimanenti motivi di ricorso restano assorbiti in ragione dell’accoglimento dei primi due.

4. – In base alle considerazioni che precedono, pertanto, il ricorso deve essere accolto nei sensi di cui in motivazione; di conseguenza la sentenza impugnata deve essere cassata e non essendovi questioni di fatto da esaminare, la causa può essere decisa nel merito. (Ndr: testo originale non comprensibile). Le spese processuali dell’intero giudizio possono essere compensate in ragione della novità della questione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito accoglie il ricorso originario del contribuente e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio ed il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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