Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12285 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 23/06/2020), n.12285

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18542-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE Dl LLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

SEBASTIANO CARUSO, ELISABETTA LANZETTA, CHERUBINA CIRIELLO;

– ricorrente –

contro

C.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA

41, presso lo studio dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMILIANO DEL VECCHIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 218/2017 della CORTE D’APPELLO di LECCE

SEZIONE DISTACCATA di TARANTO, depositata il 12/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA

DE FELICE.

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte d’Appello di Lecce, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato il ricorso dell’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Taranto, che aveva accolto la domanda di C.V., dipendente del disciolto Inpdap, rivolta al riconoscimento delle differenze retributive derivanti dallo svolgimento di mansioni di qualifica C3, superiori a quelle corrispondenti alla posizione C2 formalmente posseduta;

la Corte territoriale ha considerato non tempestivo il ricorso, in quanto presentato dopo un anno e due mesi dal deposito della pronuncia di primo grado, e ha dichiarato il passaggio in giudicato di quest’ultima;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di un unico motivo; C.V. ha resistito con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Istituto ricorrente deduce “Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 21, comma 1, del 6 dicembre 2011, modificato dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 e degli art. 328 e 299 c.p.c.”;

ritiene erronea la statuizione d’intempestività del ricorso atteso che, con la soppressione dell’Inpdap e il passaggio delle funzioni all’Inps si è verificata una successione a titolo universale dei rapporti che facevano capo all’ente soppresso, evento che configurerebbe un’ipotesi interruttiva del tutto parificabile a quella della morte della persona fisica;

deduce che il giudice del merito avrebbe dovuto accordare al ricorrente una proroga di sei mesi, essendo, la soppressione dell’Inpdap, intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza;

il motivo merita accoglimento;

secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte “Quando si verifica, tra una fase processuale e l’altra e dopo la pubblicazione della sentenza, la morte o la perdita della capacità di agire della parte persona fisica (o l’estinzione della persona giuridica), il problema della notificazione dell’atto di impugnazione e della instaurazione della fase di gravame va risolto non già alla luce dei principi di ultrattività del mandato al procuratore costituito, bensì in base alle disposizioni contenute nell’art. 328 c.p.c., secondo cui l’evento interruttivo incide non più sul processo, ma sul termine per la proposizione dell’impugnazione…” (Così Cass. n. 5367 dl 2002; cfr. anche Cass. n. 4058 del 2005, n. 16595 del 2005, n. 4721/2008);

nel caso in esame è pacifico che il ricorso in appello è stato proposto il 18 maggio 2012 e la sentenza di primo grado è stata depositata il 16 febbraio 2011;

con D.L. n. 20 del 2011, conv. con modif. nella L. n. 214 del 2011 l’Inpdap è stato soppresso e le sue funzioni sono state trasferite all’Inps che è succeduto in tutti i rapporti attivi e passivi in essere;

il cit. D.L., art. 21, ha stabilito che fino al 31 dicembre 2011 l’Inpdap avrebbe potuto svolgere soltanto gli atti di ordinaria amministrazione;

di conseguenza, l’Inps sarebbe subentrato nelle funzioni dell’ente disciolto dal 1 gennaio 2012;

la vicenda processuale che ci occupa si colloca, quindi, tra una fase processuale e l’altra e dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado;

ad essa si applicano perciò le disposizioni di cui agli artt. 299 e 328 c.p.c.;

il primo (art. 299 c.p.c.) equipara la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti o la cessazione della rappresentanza legale all’evento interruttivo naturale della morte della persona fisica, in quanto capace di interrompere il processo, allo scopo di offrire uno strumento di conservazione dell’integrità del contraddittorio;

il secondo (art. 328 c.p.c.) al comma 1, richiama gli eventi interruttivi di cui all’art. 299 c.p.c., per stabilire che al verificarsi di uno di essi si interrompe il termine di decorrenza per la proposizione dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 325 c.p.c.;

la stessa norma, al comma 3, aggiunge che qualora l’evento interruttivo si sia verificato dopo sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, il termine è prorogato di sei mesi dal giorno dell’evento;

avendo l’Inpdap cessato le sue funzioni a far data dal 1 gennaio 2012, nei confronti dell’ente subentrante deve ritenersi applicabile la proroga di sei mesi prevista dall’art. 328 c.p.c., comma 3, atteso che l’evento interruttivo, nel caso in esame, si è verificato dopo dieci mesi dalla data di pubblicazione della sentenza di primo grado;

se il nuovo termine per proporre impugnazione si determina a partire dell’evento interruttivo della perdita della capacità di stare in giudizio dell’ente soppresso, applicando la proroga di sei mesi, il ricorso di cui si controverte, proposto il 18 maggio 2012 avverso la sentenza del Tribunale di Taranto depositata il 16 febbraio 2011, è da ritenersi tempestivo;

in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Lecce per l’esame dei motivi d’impugnazione proposti dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Taranto;

la Corte d’appello di Lecce deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Lecce anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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