Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12283 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 23/06/2020), n.12283

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22714-2018 proposto da:

P.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ITALO

CALVINO 49, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CIANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIERO SALITURO;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

DELMIRO GIACOMINI;

– controricorrente –

contro

C.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 538/2018 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

CONSIDERATO

Che:

la Corte d’appello di Bologna rigettava l’appello proposto da P.E. nei confronti di C.P. e C.C., quali eredi dei propri genitori C.L. e Ca.Fe., ed in relazione a C.C. anche in proprio, avverso la sentenza che aveva respinto le sue domande intese ad ottenere il pagamento di pretese competenze retributive, condannandola al pagamento delle spese processuali, nonchè al risarcimento dei danni per lite temeraria.

La Corte ha affermato anzitutto che gli appellati difettassero di legittimazione passiva avendo rinunciato all’eredità di entrambi i genitori; e che l’appello fosse comunque infondato anche nel merito posto che all’esito di una compiuta e articolata istruttoria testimoniale e documentale (nel corso della quale erano stati sentiti sette testimoni di cui quattro indotti dalla stessa parte appellante) il tribunale aveva correttamente accertato che l’attrice avesse già ricevuto tutto quanto le era dovuto anche per festività, preavviso, ferie, indennità di fine rapporto e lavoro straordinario.

Ha proposto ricorso per cassazione P.E. con tre motivi di ricorso illustrati da memoria, ai quali hanno resistito C.P. e C.C. con controricorso.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

RILEVATO

Che:

1. – con il primo motivo il ricorso lamenta la erronea e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 183c.p.c., comma 7 e dell’art. 210 c.p.c. per la mancata ammissione di istanze istruttorie in particolare in relazione allo ordine di esibizione della documentazione dell’Inps di Bologna per dimostrare la legittimazione passiva;

2. – con il secondo motivo il ricorso lamenta la erronea e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 183c.p.c., comma 7 e dell’art. 210 c.p.c. per la mancata ammissione di alcune testimonianze;

3. – con il terzo motivo il ricorso deduce la erronea e/o falsa applicazione delle norme di cui all’artt. 2099,2108,2109 e 2120 c.c. per il mancato riconoscimento del diritto alla giusta retribuzione.

4. – I motivi di ricorso, da esaminare unitariamente per la connessione delle censure, sono inammissibili. Ed invero con gli stessi motivi il ricorrente, sotto mentite spoglie di error in judicando o in procedendo, si limita a richiedere in realtà – ed in una ipotesi di doppia conforme un generale riesame della decisione presa con la sentenza impugnata che non si addice a questa sede di legittimità la quale non integra un terzo grado di giudizio di merito.

5. – Va comunque rilevato che la decisione cui è prevenuta la Corte territoriale rappresenta una legittima e logica opzione valutativa del materiale probatorio, e si sottrae quindi alle censure articolate nel ricorso con le quali la parte ricorrente si limita a richiedere una diversa valutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito (Cass. 8758/2017). D’altronde, non risultano indicate in ricorso, in maniera precisa e specifica, lacune od omissioni decisive che, se evitate, avrebbero condotto ad una diversa decisione; sicchè il ricorso non è dedotto neppure in conformità alla nuova previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione ternporis, alla cui stregua è richiesta la denuncia dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti (Sez. Un. 7 aprile 2014, nn. 8053, 8054; Cass. n. 9097/2017, n. 24555/2016, Cass. n. 27197/2011). Per contro è pure ripetutamente affermato da questa Corte di Cassazione che, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. Un. 7 aprile 2014, nn. 8053, 8054).

E’ noto inoltre che rientra nei poteri del giudice di merito la selezione delle prove idonee a fungere da premessa della decisione; mentre non è ammissibile, quale motivo di ricorso in sede di legittimità, la critica o la contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito, basate sull’assunto della correttezza dell’apprezzamento, dell’interpretazione e della stessa selezione di tali risultanze siccome prospettata dalla parte, siffatte deduzioni implicando un sindacato nel merito della causa non consentito nel giudizio di cassazione.

E’ stato ripetutamente affermato inoltre che il ricorso per cassazione conferisca al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011). Pertanto non è ammissibile, quale motivo di ricorso in sede di legittimità, la critica o la contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito, basate sull’assunto della correttezza dell’apprezzamento e dell’interpretazione di tali risultanze quale prospettata dalla stessa parte, siffatte deduzioni implicando esclusivamente un sindacato nel merito della causa non consentito nel giudizio di cassazione (Cass. nn. 9097/2017, 24555/2016).

5. – Per le considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile, con condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso principale ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessive Euro 2200, di cui Euro 2000 per spese processuali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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