Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12281 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12281

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27722-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LEMMI DI MONTEGABBIONE SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 361/2018 della COMM.TRIB.REG. TOSCANA,

depositata il 19/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 361 del 19.2.2018, con la quale la commissione tributaria regionale della Toscana, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di riclassamento catastale con il quale era stata attribuita all’immobile in proprietà di Vista srl, sito in Comune di (OMISSIS) (SI), la categoria A1 (abitazioni di tipo signorile, con rendita Euro 3.468,00) in luogo di quella, proposta con Docfa, di A7 (abitazioni in villini, con rendita Euro 2.590,03).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che:

– il classamento catastale era stato confermato con categoria A7 da parte del primo giudice sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio la quale, tra il resto, aveva evidenziato come l’agenzia delle entrate non avesse mai fornito elementi idonei ad individuare i dati caratteristici delle “unità tipo” di riferimento nel comune di ubicazione;

– la categoria A7 era conforme ad un fabbricato avente caratteristiche costruttive tecnologiche e di rifinitura proprie di un fabbricato di tipo civile o economico, anche se dotato, per tutte o parte delle unità immobiliari, di area cortilizia e giardino;

– le caratteristiche concretamente rivestite dall’immobile in oggetto, come rilevate dal consulente tecnico d’ufficio in esito a sopralluogo, rientravano nella suddetta categoria A7.

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dalla società proprietaria, dall’agenzia delle entrate individuata nella intimata Lemmi di Montegabbione srl, “in qualità di subentrante alla cessata Vista srl”.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul primo motivo di appello, con il quale l’agenzia delle entrate aveva dedotto che l’immobile in questione non aveva subito significative variazioni, tali da giustificare il passaggio alla categoria A7 rispetto alla categoria Al (immobile signorile), già assegnatagli fin dal 2007 senza opposizione.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

Come si evince dalla rievocazione dei fatti di causa da parte della sentenza impugnata e dello stesso ricorso per cassazione, l’attribuzione alla unità immobiliare urbana in questione della categoria A7 è derivata dall’accertamento peritale disposto dal giudice di primo grado. Il consulente tecnico d’ufficio, il cui elaborato è stato riportato in ricorso, aveva effettuato il sopralluogo e descritto analiticamente l’immobile in questione, concludendo argomentatamente nel senso della includibilità del medesimo nella categoria catastale A7 in questione.

Il consulente tecnico d’ufficio, in altri termini, aveva accertato che in base alla situazione di fatto rivestita nell’attualità dall’immobile, quest’ultimo rientrava appunto in tale categoria, indipendentemente dalla categoria superiore ad esso attribuita prima che si verificassero i presupposti dell’aggiornamento Docfa.

Orbene, questa conclusione era stata accolta dal giudice di primo grado all’esito delle osservazioni mosse dall’Agenzia delle entrate e, per quello che più conta, è stata infine recepita anche dal giudice di appello il quale, da un lato, dà specificamente atto del motivo di gravame relativo alla pregressa attribuzione della categoria catastale Al ma, dall’altro, ha ritenuto di condividere le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio proprio perchè da questi riscontrate, all’esito di sopralluogo e valutazione analitica, conformi alla categoria A7. Ciò anche alla luce della mancata indicazione, da parte dell’agenzia delle entrate che vi era onerata, dei dati caratteristici di unità tipo di riferimento.

Dunque, non si è affatto trattato di una “omessa pronuncia” rilevante ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, quanto di una pronuncia di implicito ma univoco rigetto del motivo di appello in questione, il cui presupposto (asserita incidenza determinante della classificazione pregressa) trovava smentita nelle rassegnate e condivise conclusioni peritali sullo stato di fatto dell’unità immobiliare esaminata.

Va quindi fatta qui applicazione del consolidato principio secondo cui, per integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto. Il che non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi, in proposito, una specifica argomentazione; dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le molte: Cass. n. 1360/16, Cass. n. 452/15, Cass. n. 16254/12, Cass. n. 20311/11).

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione di legge sostanziale e processuale per: – omessa pronuncia sui criteri normativi adottati dal consulente tecnico d’ufficio nella classificazione dell’immobile; motivazione apparente in ordine alle censure svolte dall’Agenzia delle entrate al consulente tecnico d’ufficio; – violazione di legge in relazione alla nozione di bene di lusso, erroneamente valutata dal consulente tecnico d’ufficio con richiamo al D.M. n. 1072 del 1969, art. 8, invece che art. 6.

p. 3.2 I motivo è infondato.

Per quanto concerne le doglianze di omessa pronuncia e mancanza di motivazione, va considerato che il giudice di appello, nel recepire, come detto, l’elaborato peritale, ha ritenuto che l’individuazione della categoria catastale dovesse in effetti discendere dal ‘quadro generale delle categoriè di cui alla Circolare n. 5 del 1992 della Direzione Generale del Catasto, così come indicata nella consulenza tecnica d’ufficio unitamente al D.M. LLPP 2 agosto 1969; per il che va richiamato quanto poc’anzi osservato sulla non configurabilità nel caso di specie del vizio lamentato.

Quanto all’asserita violazione di legge, la doglianza non si fa carico del fatto che, da un lato, il requisito della superficie superiore ai 240 m2 (presupposto della asserita violazione) attiene ad un elemento fattuale che non trovava riscontro nella consulenza tecnica d’ufficio e che non potrebbe essere rivisto in questa sede di legittimità (salvo configurare un errore di percezione di natura revocatoria, però suscettibile di essere fatto valere nella diversa sede ex art. 395 c.p.c., n. 4); nè si fa carico, d’altro lato, della circostanza che tale requisito attiene ad una fonte normativa (il citato DM LLPP) preposta non già alla classificazione catastale, ma alla diversa materia delle agevolazioni fiscali (appunto precluse alle abitazioni di lusso) e, segnatamente, dell’agevolazione “prima casa”. Là dove l’oggetto del contendere non verteva sul carattere “di lusso” dell’abitazione ai fini del riconoscimento di un trattamento fiscale agevolato, bensì sull’attribuibilità ad essa del diverso parametro dell’immobile “signorile”. Da qui la non rilevanza, ai fini decisori, della mancata motivazione da parte della CTR sull’aspetto in esame, perchè appunto ritenuto non dirimente, quand’anche in ipotesi risultante in fatto.

p. 4.1 Con il terzo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – “omesso esame” circa un fatto decisivo per il giudizio, relativo ai parametri per considerare signorile l’immobile in questione; considerato, da un lato, che esso aveva superficie di molto superiore ai 240 m2 di cui al citato D.M. 1072 del 1969, art. 6, e, dall’altro, che la ricerca dell’unità tipo di riferimento (comunque superata dai requisiti previsti nell’ambito della procedura Docfa) era preclusa dal fatto che l’impianto del catasto del Comune di (OMISSIS) non prevedeva le categorie Al ed A7.

p. 4.2 Il motivo è inammissibile per almeno due convergenti ragioni.

In primo luogo, esso mira a suscitare una diversa valutazione del quadro probatorio (concernente la superficie dell’immobile e, più in generale, i parametri fattuali di classificazione catastale) riproducendo in questa sede, anche con abbondanti inserimenti e trascrizioni in ricorso degli atti difensivi dei gradi precedenti di giudizio, doglianze prettamente di merito sulle conclusioni dell’elaborato peritale e del giudice di appello.

In secondo luogo, va fatta qui applicazione del disposto di cui all’art. 348 ter c.p.c., applicabile anche al ricorso per cassazione contro sentenze del giudice tributario, nel senso che il lamentato travisamento della prova da parte del giudice di appello, già ritenuto valutabile in sede di legittimità qualora dia luogo ad un vizio logico di insufficienza della motivazione, non è oggi più deducibile a seguito della novella apportata all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv. dalla L. n. 134 del 2012, che ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione; sicchè “a fortiori” se ne deve escludere la denunciabilità in caso di cd. “doppia conforme”, stante la preclusione di cui all’art. 348-ter c.p.c., u.c. (Cass. n. 24395/20 ed altre).

Nel caso di specie, si osserva, si tratta di appello introdotto successivamente all’entrata in vigore della suddetta L. di conversione n. 134 del 2012.

Ne segue, in definitiva, il rigetto del ricorso.

Nulla si provvede sulle spese, stante la mancata costituzione in giudizio della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile riunitasi, con modalità da remoto, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

 

 

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