Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1228 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2011, (ud. 24/11/2010, dep. 20/01/2011), n.1228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28862-2007 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PATTERI ANTONELLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL

VIMINALE 43, presso lo studio dell’avvocato CERASA ETTORE MARIA, che

lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1443/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/11/2006 r.g.n. 78/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2010 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito l’Avvocato CERASA ETTORE MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO CARLO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Firenze confermava la statuizione di primo grado la quale aveva deciso che nulla era dovuto all’Inps da G.G. per indebita percezione del trattamento di pensione dal 1.1.84 al 31.2.92. L’Istituto con l’atto d’appello aveva dedotto che la controversia riguardava una indebita erogazione sulla pensione di invalidità per complessive L. 18.028.960 fino al 31.12,91 e che, essendo stato l’indebito già recuperato entro il 31 dicembre 1996, non era applicabile la L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 260 e ss.. La Corte territoriale rilevava che l’indebito era stato effettivamente recuperato prima dell’entrata in vigore della L. n. 662 del 1996, la quale quindi non poteva operare, per cui doveva applicarsi la disciplina previgente, ossia la L. n. 88 del 1989, art. 52, per cui l’indebito pensionistico è irripetibile salvo i casi di dolo dell’interessato, disposizione che era stata poi autenticamente interpretata dalla L. n. 412 del 1991, art. 13, per cui la sanatoria opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale e definitivo provvedimento dell’Istituto comunicato all’interessato e che risulti viziato, esclusi i casi di dolo del pensionato, mentre la omessa segnalazione da parte di questi di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, già non conosciuti dall’Istituto, consente la ripetibilità. Affermava in primo luogo la Corte territoriale che l’Inps non si era attenuto alla ulteriore regola introdotta dal citato art. 13 di procedere annualmente alla verifica delle situazioni reddituali incidenti sul diritto a pensione e di provvedere al recupero dell’indebito entro l’anno successivo, giacchè la richiesta dell’Istituto era del 1995 per indebiti maturati fino al dicembre 1991. Inoltre l’Istituto non aveva eccepito con l’atto di appello la sussistenza delle condizioni a cui il citato art. 13 subordina la ripetibilità, ossia la mancanza di un provvedimento formale e la mancata comunicazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto a pensione, onde la impugnazione doveva essere rigettata. Avverso detta sentenza l’Inps ricorre. Il G. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo l’Inps si duole che sia stato posto a suo carico l’onere della prova sulla applicabilità della sanatoria, ossia sulla ripetibilità dell’indebito, prova che invece spetterebbe al pensionato, che deve dimostrare la fondatezza della sua pretesa a trattenere la somma già erogata. Va preliminarmente rigettata l’eccezione contenuta in controricorso, per cui il documento comprovante l’avvenuto recupero dell’indebito sarebbe stato prodotto solo in appello, e quindi di esso non si potrebbe tener conto, con conseguente applicabilità della disciplina di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 260 e ss.. Invero poichè la Corte territoriale si è fondata su di esso, applicando appunto la regola che presiede l’indebito già recuperato, prima o nel corso del giudizio, per inficiare il decisum della Corte medesima sarebbe stato necessario proporre ricorso incidentale, in mancanza del quale non può che restar ferma, ai fini della decisione, la rilevanza del documento che si assume tardivamente prodotto. Il ricorso merita accoglimento.

Infatti, in tema di onere probatorio sulla ripetibilità o no dell’indebito previdenziale si sono di recente pronunciate le Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 18046 del 04/08/2010, con cui si è affermato che “In tema d’indebito previdenziale, nel giudizio instaurato, in qualità d’attore, dal pensionato che miri ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituire quanto l’ente previdenziale abbia ritenuto indebitamente percepito, l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata, ovvero l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrisposto, è a suo esclusivo carico”. Nella fattispecie le S.U. hanno ritenuto che spettasse al pensionato-attore l’onere di provare il mancato superamento della soglia del reddito per l’attribuzione della quota d’integrazione al minimo, contestata dall’Ente previdenziale in sede di richiesta stragiudiziale di ripetizione della maggior somma erogata. Ne consegue che – contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata – spettava non all’Inps ma al pensionato, originario ricorrente, di dimostrare le condizioni per la irripetibilità dell’indebito alla luce della L. n. 88 del 1989, art. 52, come autenticamente interpretato dalla L. n. 412 del 1991, art. 13.

Al riguardo è ben vero, come si sottolinea in controricorso, che l’Inps non si è attivato annualmente per la verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sul diritto o sulla misura delle pensioni, come prescritto dal secondo comma del citato art. 13, dal momento che, come precisato in sentenza, la richiesta dell’Inps era del 1995 per indebiti maturati fino al dicembre 1991.

Tuttavia l’attivazione in tal senso dell’Istituto ha come presupposto la segnalazione da parte dell’interessato di fatti incidenti sul diritto a pensione o sulla sua misura, se sconosciuti all’ente erogatore, mentre, in mancanza di tale segnalazione la seconda parte del citato art. 13, comma 1, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite. Nella specie nulla è dato sapere sulla formazione dell’indebito e delle ragioni che lo hanno provocato, in particolare non si sa se esso sia conseguente alla mancata segnalazione dei dati reddituali da parte del pensionato. Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altro giudice che si designa nella Corte d’appello di Bologna, la quale provvederà ai necessari accertamenti sulla base del principio enunciato dalla Sezioni unite.

Al Giudice del rinvio si rimette anche la disciplina delle spese del presente processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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