Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12277 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 26/04/2017, dep.17/05/2017),  n. 12277

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29935/2011 R.G. proposto da:

C.F. e C.S., elettivamente domiciliati in Roma

via Federico Confalonieri 5, presso l’avv. Andrea Manzi, che,

unitamente all’avv. Marco Melideo, li rappresenta e difende giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Bresso, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via Pestinari 13, presso l’avv. prof. Massimo

Pallini, che, unitamente all’avv. Roberto Micheloni, lo rappresenta

e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia (Milano), Sez. 44, n. 133/44/10 del 25 ottobre 2010,

depositata il 3 novembre 2010, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 26 aprile

2017 dal Consigliere Dott. Raffaele Botta.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che:

– la controversia concerne l’impugnazione di otto avvisi di accertamento (quattro per ciascuno dei due contribuenti) per maggior imposta ICI dovuta per le annualità dal 2002 al 2005, sostenendo i contribuenti la decadenza riferita agli anni 20022003 e il corretto versamento per gli anni 2004 e 2005: la controversia si è conclusa negativamente per i contribuenti nella fase di merito in entrambi i gradi di giudizio;

– l’ente locale ha notificato controricorso per ribadire le proprie posizioni difensive;

Preso atto che il P.G. non ha depositato conclusioni scritte e che le parti non hanno prodotto memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 2-bis e della L. n. 212 del 2000, art. 7 e L. n. 241 del 1990, art. 3, per non aver il giudice di merito considerato il difetto di motivazione degli atti impositivi, nei quali non era contenuta alcuna menzione dell’attribuzione della rendita definitiva, ma si faceva solo riferimento ad una differenza tra valore dichiarato e importo effettivamente versato;

la censura è inammissibile trattandosi di questione nuova dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità: i ricorrenti, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non indicano in quale atto difensivo essi avessero eccepito il difetto di motivazione degli atti impositivi come base della propria impugnazione, nè riportano di tale supposto atto difensivo un passo che chiarisca gli esatti contenuti dell’eccezione, nè riportano il contenuto specifico degli atti impositivi; e tanto più ciò sarebbe stato necessario visto che dalla sentenza impugnata emerge con chiarezza che i contribuenti eccepirono esclusivamente la decadenza del Comune (eccezione poi abbandonata in secondo grado) ed il corretto versamento dell’imposta;

– la censura è, peraltro, infondata atteso che il Comune ha motivato l’avviso sulla base del valore risultante all’ufficio, in tal modo rendendo edotto il contribuente della diversità dei valori posti a base del calcolo dell’imposta, senza che l’ente locale avesse alcun onere di allegazione trattandosi di rendita attribuita entro il 31 dicembre 1999 e quindi pubblicata sull’albo pretorio come correttamente evidenzia la sentenza impugnata; il problema, pertanto, concerne esclusivamente l’efficacia della modifica della rendita catastale in difetto di un’autonoma notifica, questione che tuttavia esula dal profilo motivazionale, tant’è che è stata autonomamente posta a base dei restanti motivi di ricorso;

– con il secondo e il quarto motivo di ricorso, da valutarsi congiuntamente per ragioni di connessione logica, i contribuenti lamentano violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 3 (secondo motivo), nonchè vizio di motivazione (quarto motivo), per non aver il giudice di merito rilevato (e nemmeno adeguatamente giustificato l’opposta conclusione) la inidoneità degli atti impositivi a mettere i contribuenti in condizione di conoscere l’esistenza di una nuova rendita attribuita agli immobili;

– le censure non sono fondate in quanto la sentenza impugnata si pone in linea con l’orientamento più volte espresso da questa Corte (che il Collegio intende confermare), secondo cui: “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 3, va interpretato nel senso che, qualora la rendita catastale sia stata attribuita entro il 31 dicembre 1999 (ed è questo il caso) e l’atto impositivo che la recepisce venga notificato successivamente alla data di entrata in vigore della L. n. 342 cit. (10 dicembre 2000), soltanto con tale notificazione il contribuente acquisisce piena conoscenza di detta attribuzione (laddove, fino al 31 dicembre 1999, era sufficiente l’affissione all’albo pretorio), con la conseguenza che dalla data della notificazione il contribuente è legittimato ad impugnare non solo la determinazione del tributo, ma anche quella della rendita senza che assuma alcun rilievo la circostanza che l’attività di liquidazione non sia preceduta dalla comunicazione del classamento definitivo, sia perchè la stessa è imposta al competente ufficio tecnico (prima UTE e poi Agenzia del Territorio) e non già al comune, ente del tutto estraneo all’adozione dell’afferente provvedimento, sia perchè l’omissione non inficia in alcun modo l’attività del comune, costituendo la notificazione, ai sensi della L. n. 342 cit., art. 74, condizione di efficacia solo degli atti fondati sull’attribuzione della rendita catastale decorrente dal 1 gennaio 2000, mentre per quelli fondati su rendita attribuita entro il 31 dicembre 1999 (come nella specie) l’imposta dovuta in base al classamento, che il comune può legittimamente richiedere, ha effetto dalla data di adozione e non da quella di notificazione” (Cass. nn. 2952 e 10801 del 2010; v. anche Cass. n. 5623 del 2015): nella fattispecie assume anche decisivo rilievo il fatto che i contribuenti non abbiano comunque impugnato la rendita attribuita;

– con il terzo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano la violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 2, in ordine alla illegittimità dell’applicazione di sanzioni e interessi;

– la censura (che non può considerarsi questione nuova essendo ricompresa nella proposta eccezione di esatto versamento dell’imposta dovuta) è fondata sulla base dell’orientamento espresso da questa Corte secondo cui: “In tema di ICI, gli atti attributivi o modificativi della rendita catastale, emessi anteriormente al 1 gennaio 2000 (data dalla quale l’efficacia dei medesimi decorre dalla loro notificazione, della L. n. 342 del 2000, ex art. 74, comma 1), in quanto dotati di immediata efficacia anche se non comunicati o notificati al contribuente, consentono il recupero della maggiore imposta eventualmente dovuta, ma non l’applicazione di interessi e sanzioni, la cui irrogazione – come si desume dall’art. 74, comma 2 e dai principi generali in tema di sanzioni tributarie, previsti dal D.Lgs. n. 472 del 1997 – richiede la prova dell’effettiva conoscenza degli atti attributivi o modificativi della rendita medesima, non essendo sufficiente, a tal fine, la conoscenza legale derivante dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale” (Cass. n. 6771 del 2010);

– pertanto, deve essere accolto il terzo motivo di ricorso, rigettati i restanti;

– la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e, ricorrendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento parziale del ricorso originario dei contribuenti dichiarando non dovuti gli interessi e le sanzioni sulla somma corrispondente alla maggiore imposta;

– in ragione del parziale accoglimento del ricorso introduttivo appare giustificata la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie parzialmente il ricorso originario dei contribuenti dichiarando non dovuti gli interessi e le sanzioni sulla somma corrispondente alla maggiore imposta. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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