Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12276 del 07/06/2011

Cassazione civile sez. III, 07/06/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 07/06/2011), n.12276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7356/2009 proposto da:

P.G. (OMISSIS) ved. F., F.

R. (OMISSIS), F.B. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GERMANICO 107, presso lo

studio dell’avvocato GELERA Giorgio, che li rappresenta e difende

2011 unitamente all’avvocato DAL LAGO UGO giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ SFA già LLOYD ADRIATICO HOLDING SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA Giorgio, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO SARTORI giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 101/2008 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione Quarta Civile, emessa il 26/06/2007, depositata il

04/02/2008; R.G.N. 1402/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO;

udito l’Avvocato DAL LAGO UGO;

udito l’Avvocato SPADAFORA GIORGIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.G., i di lei figli F.B. e R., nonchè i cognati F.L., M.T. e P.L. convenivano avanti al Tribunale di Verona A.M. e la società Lloyd Adriatico Assicurazioni spa, proprietario conducente e assicuratrice dell’autocarro tg. (OMISSIS), affinchè risarcissero tutti i danni subiti per la morte di F.G. (loro rispettivo marito, padre e fratello), morte causata dallo scontro avvenuto, per colpa esclusiva dell’ A., tra l’autocarro di quest’ultimo e l’autovettura del F..

Il Tribunale di Verona, ritenuta la responsabilità esclusiva del M., condannava in solido i convenuti a pagare a P. G. Euro 154,363,18, a F.B. Euro 173.511,74, a F.R. Euro 88.392,75, a F.L., F.M. T. e F.P.L. Euro 32.378,24 ciascuno con gli interessi, con parziale compensazione delle spese processuali.

La Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 26 giugno 2007 – 4 febbraio 2008, accoglieva in parte l’appello proposto dei familiari del F.G. relativamente al regolamento delle spese processuali del giudizio di primo grado, confermando nel resto.

La Corte respingeva l’impugnazione relativa all’insufficiente quantificazione del danno morale subito iure proprio rilevando che il Tribunale aveva tenuto, nel giudizio equitativo adottato, di tutti gli elementi indicati dalla giurisprudenza di questa Corte ai fini di tale valutazione e che i danni derivati alla figlia del F., B., sotto il profilo psichico, erano stati liquidati a parte.

Quanto al danno esistenziale per perdita del rapporto parentale, non riconosciuto a fratelli e sorelle del defunto, i giudici di appello, osservavano che lo stesso può essere liquidato solo in presenza di una prova precisa di nesso causale tra il fatto (nel caso non dimostrato) e il danno.

Per quanto riguarda, poi, il danno esistenziale liquidato alla moglie del F., lo stesso era stato valutato in via necessariamente equitativa, in mancanza di parametri assoluti di riferimento.

In ordine al lucro cessante subito dalla moglie del F., nella qualità di collaboratrice della impresa familiare del defunto, lo stesso non era stato dimostrato.

La Corte respingeva anche l’impugnazione relativa al mancato riconoscimento del danno tanatologico in quanto il F. era morto nell’immediatezza del sinistro e tale tipo di danno non spettava per la morte in sè.

P.G., con i figli F.B. e R., proponevano ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia fondato su quattro motivi.

Resisteva con controricorso l’Allianz s.p.a già Lloyd Adriatico assicurazioni.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso viene denunziata la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 3 e violazione e la falsa applicazione delle norme degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056, 2059, 2727 e 2729 c.c. e art. 115 c.p.c., con particolare riguardo al mancato risarcimento dei pregiudizi esistenziali da perdita del rapporto parentale subiti dal figlio del defunto.

1.1. Il motivo è fondato.

Infatti risulta dall’atto di appello trascritto in ricorso nei punti essenziali per la presente decisione, e dalla stessa sentenza impugnata, che la Corte di appello ha omesso di esaminare l’impugnazione proposta dal figlio della vittima, F.R., con cui veniva denunziato il mancato riconoscimento del danno esistenziale da perdita di rapporto parentale, danno che invece era stato riconosciuto alla sorella B..

Questa Corte ,pur dovendo sottolineare la impropria definizione di “danno esistenziale” utilizzata nel ricorso, osserva che i giudici di appello hanno completamente omesso di riportare l’impugnazione proposta da F.R. che denunziava la diversità della liquidazione del risarcimento effettuata in favore della sorella B., che conviveva insieme a lui con il padre, e che nel rigettare la voce di danno da perdita del rapporto parentale, avevano fatto riferimento solamente alla domanda proposta dai fratelli e dalle sorelle, senza mai alcun riferimento all’impugnazione proposta sul punto dal figlio della vittima.

Di conseguenza la sentenza impugnata va cassata sul punto e rinviata alla Corte di appello di Venezia per colmare la omissione motivazionale sul punto.

2. Come secondo motivo viene denunziata la violazione e/o falsa applicazione delle norme degli artt. 69, 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c., con particolare riguardo al mancato risarcimento del danno non patrimoniale subito dal defunto e rivendicato iure hereditatis dai suoi eredi a titolo di danno biologico terminale, morale terminale tanatologico.

Il motivo è infondato.

2.1. Deve in punto di fatto rilevarsi che non è stato neanche dedotto dai ricorrenti che fra lo scontro dei veicoli e la morte di F.G. sia intercorso un lasso di tempo, ma il ricorso si fonda sul presupposto che spetta il risarcimento anche in mancanza di tempo fra l’evento dannoso e l’exitus. Questa Corte ha da tempo ritenuto che “Non è risarcibile la domanda di risarcimento del dannoda “perdita del diritto alla vita”, o danno tanatologico, proposta iure hereditatis dagli eredi del de cuius, in quanto la lesione dell’integrità fisica con il verificarsi dell’evento letale immediatamente o a breve distanza di tempo dall’evento lesivo non è configurabile come danno tanatologico, in quanto comporta la perdita del bene giuridico della vita in capo al soggetto, che non può tradursi nel contestuale acquisto al patrimonio della vittima di un corrispondente diritto al risarcimento, trasferibile agli eredi, attesa la funzione non sanzionatoria ma di reintegrazione e riparazione degli effettivi pregiudizi svolta dal risarcimento del danno, e la conseguente impossibilità che, con riguardo alla lesione di un bene intrinsecamente connesso alla persona del suo titolare e da questi fruibile solo in natura, esso operi quando la persona abbia cessato di esistere, non essendo possibile un risarcimento per equivalente che operi quando la persona più non esiste, Sez. 3, Sentenza n. 7632 del 16/05/2003. Tale orientamento, da cui questa Corte non intende discostarsi, è stato anche di recente confermato dalla sentenza Cass. Sez 3 n. 6754 del 24-3-2011″. Il risarcimento, costituisce solo una forma di tutela conseguente alla lesione di un diritto e consiste nel diritto di credito, diverso dal diritto inciso, ad essere tenuto, per quanto è possibile, indenne dalle conseguenze negative che dalla lesione del diritto derivano, mediante il ripristino del bene perduto e la riparazione, la eliminazione della perdita o la soddisfazione/compensazione se la riparazione non sia possibile. Ora, non solo non è giuridicamente concepibile che sia acquisito dal soggetto che muore, e così si estingue, un diritto che deriva dal fatto stesso della sua morte (chi non è più, non può acquistare un diritto che gli deriverebbe dal non essere più) ma è logicamente inconfigurabile la stessa funzione del risarcimento che, in campo civile, non è, almeno ne) nostro ordinamento, sanzionatoria (funzione, questa, che è invece garantita dal diritto penale), ma riparatoria o consolatoria. E in caso di morte, esclusa la funzione riparatoria, quella consolatoria non può, per la forza delle cose, essere data al defunto.

3. Con il terzo motivo di ricorso viene denunziata omessa, insufficiente e contradditoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 3 e violazione e falsa applicazione delle norme degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c., artt. 2727 e 2729 c.c., dell’art. 115 c.p.c. e della L. 26 febbraio 1977, n. 39, art. 4, con particolare riguardo al mancato risarcimento dei lucro cessante subito dalla sig.ra P.G..

Il motivo è infondato.

3.1. Va ribadito che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione, si configura solo quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate.

Tale vizio non consiste invero nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito (v. Cass., 14/03/2006, n. 5443; Cass., 20/10/2005, n. 20322), solamente a quest’ultimo spettando individuare le fonti del proprio convincimento ed a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova (v.

Cass., 25/02/2004, n. 3803; Cas 21/03/2001, n. 4025; Cass., 8/08/2000, n. 10417; Cass., Sez. 11/06/1998, n. 5802; Cass., 22/12/1997, n. 12960). La deduzione di un vizio di motivazione con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (v., da ultimo v. Cass., 7/03/2006, n. 4842; Cass., 20/10/2005, n. 20322; v. Cass., 27/04/2005, n. 8718; Cass., 25/02/2004, n. 3803; Cass., 21/03/2001, n. 4025; Cass., 8/08/2000, n. 10417; Cass., 8/08/2000, n. 10414; Cass., Sez. Un., 11/06/1998, n, 5802; Cass., 22/12/1997, n. 12960).

3.2. La Corte di appello ha ritenuto che la documentazione prodotta non fosse idonea a dimostrare il reddito percepito dalla P. nella impresa familiare nell’immediatezza del sinistro, rimarcando che non era stata esibita la dichiarazione dei redditi dell’anno precedente e che la dichiarazione del commercialista in ordine alla quote che elle avrebbe percepito nell’impresa familiare conteneva un giudizio immotivato e privo di riscontro.

I ricorrenti non formulano alcuna critica specifica al percorso logico adottato dai giudici di merito ma richiedono una valutazione del materiale probatorio diversa da quella fatta propria motivatamente dai giudici di appello, deducendo la rilevanza probatoria di elementi e circostanze che il giudici di appello hanno invece ritenuto e valutato non determinanti ai fini della prova del lurco cessante, richiedendo una valutazione di merito non consentita a questa Corte di legittimità.

4. Con il quarto motivo viene denunziata omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 3 e violazione e/o falsa applicazione delle norme degli artt. 1223, 1226, 2043, 2056 e 2059 c.c., con particolare riguardo al mancato risarcimento del danno da perdita di chances subito da P. G., F.B. e F.R. in quanto la vittima stava per concludere l’acquisto, insieme ad un socio, di una Fonderia.

Anche tale motivo è infondato.

4.1. I Giudici di appello hanno ritenuto che non era stata raggiunta la prova che la mancata conclusione dell’affare fosse stata dovuta alla morte del F., in quanto risultava che il rinvio della trattative era intervenuto prima della morte e per il motivo che le controparti aveva già rinviato l’affare per avere più tempo per riflettere.

I ricorrenti formulano un motivo di impugnazione generico senza alcuna specifica contestazione in relazione alla ratio decicendi della sentenza, senza alcun riferimento agli elementi valutati dai giudici di appello, chiedendo a questa Corte una valutazione di merito diversa da quella adottata, giudizio di merito non consentito nel giudizio di legittimità.

La sentenza va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di appello di Venezia che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione ,cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2011

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