Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12273 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 10/05/2021), n.12273

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 40-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOGET SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 583/2012 della COMM. TRIB. REG. LAZIO SEZ.

DIST. di LATINA, depositata il 12/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/12/2020 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

 

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di due motivi, contro la sentenza della CTR del Lazio che, in accoglimento dell’appello del contribuente Soget srl, ha annullato l’avviso di accertamento emesso ai fini irpeg, irap ed iva per l’anno 2002, con cui veniva accertato maggior reddito di impresa a seguito di indagini bancarie, ritenendo che la documentazione giustificativa prodotta dal contribuente nel giudizio di primo grado non fosse tardiva – per quanto tale documentazione non fosse stata prodotta nella procedura di accertamento con adesione, attivava dal contribuente ma non andata a buon fine -, e fosse sufficiente per costituire prova contraria dei fatti su cui si basava l’accertamento.

La società non si è costituita.

In vista dell’udienza odierna l’Agenzia he depositato copia della notifica del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 32, comma 1, n. 2, art. 51, comma 1, n. 2, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha errato nel ritenere raggiunta la prova liberatoria con la documentazione prodotta da parte del contribuente.

Con il secondo motivo, in subordine, deduce insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo/omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Nel ritenere raggiunta la prova liberatoria da parte del contribuente, la CTR ha omesso di considerare che le argomentazione addotte dal contribuente erano generiche e che erano state puntualmente contrastate dall’ufficio.

I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente attesa la comune tematica, sono fondati.

Come già evidenziato da questa Corte in precedenti occasioni (sez. V, ord. n. 32980 del 2018),

ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa.

In senso analogo Sez. VI – 5, ord. n. 15964 del 2016 e Sez. V, n. 1236 del 2006.

La sentenza impugnata è del tutto priva della parte “dinamica” della motivazione, dando conto solo del risultato conclusivo del giudizio valutativo (“la documentazione fornita giustifica i movimenti nel senso indicato dal contribuente”), senza esporre il percorso logico che ha condotto a tale risultato e senza esporre gli elementi presi in considerazione.

Una simile motivazione deve ritenersi affetta da nullità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, anche nella formulazione post 2012, applicabile nel caso di specie in cui la sentenza è stata depositata nel novembre 2012, atteso che la formale considerazione di un mezzo di prova senza dare conto del ragionamento logico relativo alla sua valutazione si sostanzia, alla fine, nell’omesso esame del fatto storico che ne sta alla base.

In questo senso, sez. L, n. 15636 del 2016, a proposito di una sentenza valutabile sotto l’art. 360 c.p.c., novellato n. 5, ha affermato che un percorso motivazionale “non radicato in un critico esame della documentazione prodotta” integra appunto il vizio di omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti.

Il modo corretto di motivare avrebbe richiesto l’indicazione specifica, anche con riferimenti ai fatti concreti, delle ragioni per cui la CTR ha ritenuto che la documentazione prodotta fosse sufficiente a superare la presunzione.

Poichè i motivi tendono a contestare anche l’omesso esame di fatti decisivi, gli stessi possono essere accolti nei termini sopra indicati.

Su questa base, non può neppure ritenersi che vi sia un deficit di autosufficienza nel ricorso, atteso che il ricorrente ha solo l'”onere di trascrivere le parti essenziali ovvero di riassumerle e localizzarle o altrimenti allegarle”, per essere aderente a quella nozione di “autosufficienza virtuosa” su cui, ancora di recente, questa Corte si è espressa (sez. V, n. 8425 del 2020). Nella specie, l’oggetto dei motivi è del tutto comprensibile, in relazione al vizio che si è individuato nella sentenza impugnata, di omesso esame dei fatti decisivi per il giudizio.

La sentenza deve, pertanto, essere cassata, con rinvio della causa alla CTR del Lazio, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla CTR del Lazio anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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