Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12270 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 19/05/2010), n.12270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ELIT SRL, (societa’ con unico socio), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato MARINI GIUSEPPE, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TOSI LORIS, giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VICENZA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato

DE LEONARDIS FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati STERRANTINO DANIELE, CHECCHINATO LORETTA, TIRAPELLE

MAURIZIO, giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 33/2006 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 29/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/04/2010 dal Consigliere Dott. PERSICO Mariaida;

udito per il ricorrente l’Avvocato MARINI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato BLASIO, per delega dell’Avvocato

DE LEONARDIS, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi 4, 5, 6,

del ricorso, rigetto degli altri.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La societa’ El.i.t. s.r.l. ricorreva avverso gli avvisi di accertamento, notificati il 27.8.2004, relativi all’ICI per gli anni d’imposta 1999 e 2000, emessi dal Comune di Vicenza per il recupero della maggiore imposta ICI dovuto, per quanto qui interessa, per effetto della riscontrata dichiarazione infedele relativamente al valore di un’area edificabile; deduceva che, in applicazione del regolamento comunale vigente e nell’impossibilita’ di rintracciare nello stesso la categoria di “area industriale”, aveva utilizzato per l’area edificabile un valore superiore a quello minimo della “zona collinare” (ritenendola la piu’ vicina a quella propria) e ridotto l’importo cosi’ determinato del 50%, trovandosi il terreno in zona soggetta a piani esecutivi confermati. Il Comune resisteva.

La C.T.P. rigettava il ricorso. La relativa sentenza veniva impugnata dalla contribuente che chiedeva dichiararsi l’illegittimita’ dei suddetti avvisi di accertamento e, in subordine, non dovute, ex art. 10 dello Statuto del contribuente, le sanzioni irrogate, essendovi un’oggettiva difficolta’ di interpretazione delle disposizioni del regolamento comunale.

La Commissione tributaria regionale, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza di primo grado.

Contro tale sentenza ricorre la contribuente ponendo alla Corte sei quesiti con sei motivi; il Comune resiste depositando controricorso.

Diritto

MOTIVAZIONE

La societa’ EL.I.T. con il primo motivo ha censurato l’impugnata sentenza per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1D.Lgs. n. 504 del 1992 (con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3) per difetto di motivazione degli atti impugnati conseguente alla mancata allegazione degli atti richiamati dagli stessi, cioe’ il regolamento comunale ed un documento comprovante quelli che dovrebbero essere i prezzi medi sul mercato.

Tale censura, a prescindere dai profili di inammissibilita’ per l’assoluta genericita’ del quesito posto, e’ infondata. Questa Corte ha gia’ affermato (Cass. n. 25371 del 2008) che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’obbligo di allegazione all’atto impositivo, o di riproduzione al suo interno, di ogni altro atto dal primo richiamato, previsto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7 (cosiddetto Statuto del contribuente), avendo la funzione di rendere comprensibili le ragioni della decisione, riguarda i soli atti necessari per sostenere quelle ragioni intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto. Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento della detta funzione e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalita’ di legge relative alla loro pubblicazione”.

Nel caso di specie non vengono denunciati profili di illogicita’ della motivazione dell’atto impugnato e/o di carenza specifica tale da mettere in discussione la conoscenza da parte del contribuente di tutti gli elementi necessari e sufficienti a rappresentare l’iter logico seguito dalla Amministrazione finanziaria. Ne’ puo’ ritenersi che la nullita’ dell’avviso impugnato possa discendere dalla mancata allegazione o comunicazione al contribuente del regolamento comunale, cioe’ di quell’atto che lo stesso ricorrente correttamente qualifica, stante la sua natura normativa, come atto conoscibile dai cittadini e che, peraltro, dimostra di ben conoscere. E neppure puo’ discendere dalla mancata allegazione del c.d. documento comprovante i prezzi medi praticati sul mercato – come denunciato dalla ricorrente – che non puo’ neppure ritenersi “atto”, trattandosi di mero riferimento ad un dato o notorio e/o desunto da ricerche interne all’amministrazione, non necessariamente consacrate in una delibera;

non puo’ pertanto, con riferimento a tale dato, scaturire un obbligo di allegazione.

Con il secondo motivo la societa’ ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per violazione dell’art. 7, comma 1 del regolamento comunale ICI e dell’allegato A, punto a) della Delib. 28 maggio 1998, n. 53 per non avere ritenuto l’illegittimita’ degli accertamenti in esame sia per carenza di qualsiasi facolta’ accertativa da parte del Comune, sia perche’ essa societa’ aveva correttamente applicato la norma regolamentare e dichiarato un valore superiore a quello minimo individuato dal Comune nel sopra citato allegato, che costituisce parte integrante del regolamento comunale in materia di ICI. Con il terzo motivo deduce sui medesimi punti, il vizio della motivazione.

Va preliminarmente affrontata la censura relativa al vizio di motivazione. La stessa e’ fondata.

La contribuente chiarisce che nel citato Allegato A erano individuate solo n. 6 “zone” (centro storico; centro abitato; collinare;

extraurbana agricola; extraurbana agricola normale; extraurbana agricola particolare); e che di queste, in mancanza di “zona industriale”, la zona piu’ omogenea nella quale inserire il proprio immobile era quella “collinare”, non potendosi prendere in considerazione ne’ le zone agricole ne’ la zona “centro abitato”, che e’ zona dove si addensano le abitazioni ed i relativi servizi.

Va premesso che, come gia’ affermato da questa Corte (tra le molte Cass. n. 16984 del 2004) “In base al nuovo testo dell’art. 114 Cost., lo statuto comunale, ove deliberante in materie poste al riparo dalla preferenza della legge, statale o regionale, ovvero del regolamento governativo, e’ fonte del diritto; ne consegue che la violazione o falsa applicazione dello statuto comunale da parte del giudice di merito e’ denunciabile per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Nel caso di specie il ricorso, dotato sul punto della necessaria autosufficienza per avere allegato al ricorso sia il regolamento comunale sia l’allegato A della Delib. 28 maggio 1998, n. 503 dimostra che il Comune (art. 7 del Regolamento vigente) aveva autolimitato il suo potere di accertamento per le ipotesi in cui l’ICI dovuta fosse versata “sulla base di valori non inferiore a quella stabiliti nell’allegato A della Delib. Giunta 28 maggio 1998, n. 503 che fa parte del presente regolamento”. Secondo tale allegato il valore minimo derivava, ex punto a) dalla inclusione in una delle n. 6 zone individuate e sulla base dei servizi primari e secondari, seguendo il criterio di classificazione del P.R.G.. Quest’ultimo e’ corredato da Norme tecniche di Attuazione che, all’art. 42, fanno riferimento alla zona industriale.

La censura mossa, pertanto, si rivela corretta con riferimento al vizio di motivazione per non avere il giudice di secondo grado dato conto ne’ dell’esistenza di tale autolimitazione ne’ delle ricadute che la stessa comporta sul piano concreto in particolare con riferimento alla scelta da operarsi per l’individuazione della “zona” di cui al Regolamento comunale. Se e’ vero, infatti, che il contribuente doveva inserire l’immobile di sua competenza nella zona piu’ omogenea tra le sei zone individuate dall’allegato, e’ vero altresi’ che manca nella motivazione della impugnata sentenza l’indicazione del percorso logico – giuridico che ha portato quel giudice ad affermare (piuttosto apoditticamente) “l’operato del comune di Vicenza e’ pienamente legittimo in quanto sono stati considerati sia i criteri di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 sia i valori minimi stabiliti con la delibera di Giunta n. 503/98 e sia i valori ricavati da atti di alienazione di aree ricadenti nella stessa zona ed aventi le stese caratteristiche urbanistiche.” In effetti cosi’ affermando non si da conto, pur essendo questo il thema decidendum, se e per quale motivo non si considerano applicati i valori minimi stabiliti nella delibera di Giunta, in particolare perche’, in mancanza di una corrispondenza con qualcuna delle sei zone individuate nel Regolamento ai fini ICI, si debba ritenere che quella da prendere a riferimento sia la “zona centro abitato”, come ha fatto il Comune; ancora perche’, in presenza di un’autolimitazione al potere di accertamento, sia stata considerato legittimo tale accertamento e quindi la comparazione con altre alienazioni.

La sentenza, pertanto, con riferimento a tale motivo deve essere cassata con rinvio. Altrettanto e’ a dirsi con riferimento al quinto motivo.

Il ricorrente con il quarto motivo del ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di legge (art. 360 c.p.c., n. 3) per violazione dell’art. 7, comma 1 del regolamento comunale ICI e del punto 7 lett. B e punto 4 lett. A dell’allegato A della Delib. 28 maggio 1998, art. 503 per non avere ritenuto di riconoscere al terreno in questione la riduzione del 50% del valore; con il quinto motivo (art. 360 c.p.c., n. 5) il vizio di motivazione sul punto.

E’ pacifico tra le parti, che, ai sensi della lett. b del punto 7 del citato allegato A, la riduzione del 50% spettasse ad immobili ricadenti in zone soggette a piano esecutivo confermato; tanto viene da Comune interpretato con l’aggiunta di un dato certamente logico, ma estraneo alla previsione letterale, quale quello della attuazione del piano cioe’ dell’esistenza o mancanza di opere di urbanizzazione nelle zone soggette a piano esecutivo confermato. Il Comune infatti ha ritenuto che nel caso di zone soggette a piano esecutivo confermato la riduzione spetti solo nel secondo caso ma non nel primo. Anche in questo caso il giudice di secondo grado non indica il percorso logico – giuridico in virtu’ del quale ritiene di condividere tale scelta, non potendo ritenersi motivazione adeguata l’asserzione: “Ed invero la predetta riduzione puo’ essere accordata solo nei casi di piani esecutivi non ancora adottati e privi di opere di urbanizzazione (….) laddove nel caso di specie si tratta di un’area dotata di tutte le opere suddette e quindi di un lotto di terreno urbanizzato….”.

Anche per tale motivo la impugnata sentenza va cassata, assorbiti gli altri motivi, con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, la quale procedera’ a nuovo esame della controversia, uniformandosi al principio enunciato relativo alla necessita’ di una adeguata motivazione, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso nei limiti del vizio di motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

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