Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12270 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/05/2019, (ud. 06/11/2018, dep. 09/05/2019), n.12270

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. Gianluca Vitale, per procura allegata al ricorso, con

indicazione per le comunicazioni relative al processo del n. fax n.

(OMISSIS) e alla p.e.c. (OMISSIS);

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’Interno;

– resistente –

avverso il decreto n. 3817/2017 del Tribunale di Torino, emesso il

28.11.2017 e depositato i 6.12.2017, nella causa iscritta al n. R.G.

20993/2017;

sentita la relazione in camera di consiglio del cons. Giacinto

Bisogni.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Torino, con decreto n. 3817/2017, ha respinto il ricorso proposto dal sig. B.A., cittadino della Guinea Conakry, nato il 1.1.1997, inteso a ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato o, in subordine, della protezione sussidiaria o della cd. protezione umanitaria.

2. Ricorre per cassazione il sig. B.A. richiedendo in via preliminare di sollevare una questione di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), e art. 21, comma 1. così come convertito nella L. 13 aprile 2017 n. 46, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, e dell’art. 77 Cost., comma 4, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, per quanto concerne il differimento dell’efficacia temporale e quindi dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale. Sempre in via pregiudiziale il ricorrente richiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, dell’art. 24Cost., commi 1 e 2, dell’art. 111Cost., commi 1, 2 e 5, dell’art. 117 Cost., comma 1 Cost., così come integrato dalla Dir. n. 32/2013, art. 46, p.3, e dagli artt. 6 e 13 C.E.D.U., per quanto concerne la previsione del rito camerale ex art. 737 ss c.p.c. e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale. In particolare il ricorrente ritiene che la scelta del rito camerale, pur di per sè non contraria alla Costituzione, deve garantire il rispetto del contraddittorio mentre, nel sistema introdotto dalla L. n. 46 del 2017 in materia di protezione internazionale, questo non avviene perchè il giudice non è obbligato a disporre la udienza di comparizione personale delle parti, nè a sentire personalmente il richiedente asilo ma può ben affidarsi alla videoregistrazione che, irrazionalmente, è resa disponibile alla parte solo in caso di proposizione di ricorso avverso la decisione della Commissione territoriale di diniego della protezione e ciò si aggiunge alla previsione della abolizione della fase di impugnazione davanti alla Corte di appello. Un sistema da cui deriva una svalutazione del contraddittorio e una compressione del diritto di difesa incompatibili con le norme costituzionali invocate.

3. In via principale il ricorrente censura la decisione del Tribunale di Torino deducendo violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 9-10-11 come introdotto dalle disposizioni del D.L. n. 13 del 2017, art. 6, lett. g), convertito in L. n. 46 del 2017.

4. Con il predetto motivo il ricorrente ritiene violato il citato art. 35 bis perchè il Tribunale di Torino, a fronte della richiesta di fissare udienza in camera di consiglio, in ragione della mancata messa a disposizione della videoregistrazione dell’audizione del richiedente asilo, da parte della Commissione territoriale, ha rigettato l’istanza ritenendo che la disponibilità del verbale dell’audizione supplisce alla mancata messa a disposizione della videoregistrazione rendendo non obbligatoria la fissazione della udienza di comparizione in camera di consiglio. Ritiene al contrario il ricorrente che la norma è chiarissima nello stabilire che ogni qualvolta la videoregistrazione dell’audizione non è disponibile il Collegio è comunque tenuto a fissare una udienza di comparizione delle parti.

5. Non svolge difese il Ministero dell’Interno.

Diritto

RITENUTO

che:

6. Il primo motivo è fondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte (Cass. civ. sez. I n. 17717 del 5 luglio 2018) per le motivazioni che qui vengono ribadite.

7. Il Tribunale ha ritenuto che l’udienza di comparizione delle parti, pur richiesta dal ricorrente, non dovesse essere fissata, attesa la sufficienza della verbalizzazione delle sue dichiarazioni dinanzi alla Commissione territoriale, in mancanza della videoregistrazione che non aveva potuto essere eseguita per motivi tecnici. Si tratta di una affermazione che non tiene conto del testo legislativo, il quale non lascia spazio a dubbi.

8. Il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 14, introdotto dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 6, comma 1, lett. c), convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, sotto la rubrica “Verbale del colloquio personale”, colloquio contemplato in via generale dallo stesso D.Lgs., art. 12, stabilisce al comma 1 che: “Il colloquio è videoregistrato con mezzi audiovisivi e trascritto in lingua italiana”, aggiungendo al comma 7 che “Quando il colloquio non può essere videoregistrato, per motivi tecnici o nei casi di cui al comma 6 bis” (ossia su istanza del richiedente: n.d.r.), “dell’audizione è redatto verbale sottoscritto dal richiedente e si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del presente articolo”.

8. Il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, pure inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, concernente le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, sancisce: al comma 9 che: “Il procedimento è trattato in camera di consiglio”; al comma 10 che: “E’ fissata udienza per la comparizione delle parti esclusivamente quando il giudice: a) visionata la videoregistrazione di cui al comma 8″ (che, a propria volta, rinvia all’art. 14, e dunque alla videoregistrazione di cui si è già detto), ritiene necessario disporre l’audizione dell’interessato; b) ritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti; c) dispone consulenza tecnica ovvero, anche d’ufficio, l’assunzione di mezzi di prova”; al comma 11 che: “L’udienza è altresì disposta quando ricorra almeno una delle seguenti ipotesi: a) la videoregistrazione non è disponibile; b) l’interessato ne abbia fatto motivata richiesta nel ricorso introduttivo e il giudice, sulla base delle motivazioni esposte dal ricorrente, ritenga la trattazione del procedimento in udienza essenziale ai fini della decisione; c) l’impugnazione si fonda su elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa di primo grado”.

9. Deve pertanto ritenersi che, se la videoregistrazione non è disponibile, l’udienza deve essere disposta. Il dato normativo, o difatti, non lascia adito, a dubbio circa la prescrizione del legislatore secondo cui, in mancanza della videoregistrazione, l’udienza debba essere fissata, senza che il giudice disponga di alcun potere discrezionale in proposito. Ciò è non soltanto reso palese dalla lettera della disposizione, rilevante ai sensi dell’art. 12 preleggi, in ragione dell’uso dell’indicativo nella locuzione “L’udienza è altresì disposta…”, ma, inoltre, dal raffronto tra l’ipotesi di cui al comma 10 e quelle indicate dal comma 11. Difatti, nel primo di essi il legislatore ha raggruppato i casi in cui il giudice può fissare discrezionalmente l’udienza (sia perchè ritiene di approfondire quanto emerge dal colloquio videoregistrato, sia perchè ritiene di dar corso all’istruzione probatoria), distinguendoli da quelli, menzionati al comma 11, in cui egli deve fissarla: ossia se la videoregistrazione non è disponibile, in questo caso senza alcun margine di diversa valutazione; se l’interessato lo ha chiesto, salvo che il giudice, specificamente replicando alle motivazioni addotte dal ricorrente, ritenga l’udienza non essenziale ai fini della decisione; se l’impugnazione si fonda su elementi di fatto non dedotti nel corso della procedura amministrativa, nuovamente, in simile caso, senza alcun margine di apprezzamento discrezionale.

10. Se la lettera della legge depone inequivocabilmente nel senso della necessità di fissare l’udienza in mancanza della videoregistrazione, l’intenzione del legislatore, pure rilevante ai sensi del citato art. 12, conferma l’esito interpretativo: il rilievo del colloquio, destinato ad essere valutato secondo i parametri indicati dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, ha indotto il legislatore a prevedere la videoregistrazione, tale da rendere direttamente percepibili nella loro integralità, finanche sotto il profilo dei risvolti non verbali, le dichiarazioni dell’istante, così da consentire lo svolgimento della successiva eventuale fase giurisdizionale nelle forme del rito camerale non partecipato, potendo per l’appunto il giudice basarsi sulla visione della videoregistrazione; ma se questa manca, occorre consentire – in ossequio al disegno istituito dal legislatore – il pieno dispiegamento del contraddittorio attraverso lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti. Non rileva alcunchè, poi, la circostanza addotta nel provvedimento impugnato, secondo cui la videoregistrazione sarebbe stata al momento non disponibile per motivi tecnici, in mancanza di apposito decreto volto a fissare le specifiche tecniche delle operazioni di videoregistrazione. La mancata adozione di dette specifiche tecniche non può evidentemente avere alcuna incidenza sull’applicabilità della disposizione ormai entrata in vigore.

11. In definitiva, in mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve ineluttabilmente disporre lo svolgimento dell’udienza di comparizione delle parti, configurandosi altrimenti nullità del decreto pronunciato all’esito del ricorso per inidoneità del procedimento così adottato a realizzare lo scopo del pieno dispiegamento del già richiamato principio del contraddittorio: salvo che – ovviamente – non sia stato lo stesso richiedente ad aver visto accolta la propria istanza motivata di non avvalersi del supporto della videoregistrazione.

12. Ne discende che il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Torino che, in diversa composizione, e pronunciando altresì sulle spese di questo giudizio di legittimità, provvederà a decidere sulla domanda proposta, previa fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, in applicazione del principio di diritto già fissato con la sentenza n. 17717 del 5 luglio 2018: “In materia di protezione internazionale, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, come inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, ove non sia disponibile la videoregistrazione con mezzi audiovisivi dell’audizione del richiedente la protezione dinanzi alla Commissione territoriale, il Tribunale, chiamato a decidere del ricorso avverso la decisione adottata dalla Commissione, è tenuto a fissare l’udienza di comparizione delle parti a pena di nullità del suo provvedimento decisorio, salvo il caso dell’accoglimento dell’istanza del richiedente asilo di non avvalersi del supporto contenente la registrazione del colloquio”.

13. Si ritiene così assorbito l’esame delle richieste avanzate dal ricorrente in via pregiudiziale. Quanto alla prima – già valutata negativamente con la citata sentenza n. 17717/2018 di questa Corte – per la sua irrilevanza nel caso in esame. Quanto alla seconda perchè l’interpretazione accolta garantisce sempre l’esplicazione del contraddittorio in caso di assenza della videoregistrazione cosicchè l’adozione del rito camerale, nel caso in esame, non si pone in contrasto con l’esigenza di garantire il contraddittorio e il diritto di difesa del richiedente asilo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Torino che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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