Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12269 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 10/05/2021), n.12269

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24020/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– ricorrente –

contro

HOME ART. & SALES SERVICES AG (P.IVA: (OMISSIS)), con sede legale

in (OMISSIS), e rappresentante fiscale in Italia (Nuova Import Tir

s.a.s.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avv. (Prof.) Maurizio Leo, con domicilio

eletto presso il detto Avvocato (con studio in Roma, Piazza SS.

Apostoli n. 66);

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per la

Lombardia n. 38/08/2013, pronunciata il 21 novembre 2013 e

depositata l’8 marzo 2013;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 dicembre 2020

dal Consigliere Fabio Antezza;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Mucci Roberto, in termini di accoglimento dei motivi nn. 1

(con assorbimento dei motivi nn. 2 e 3), 4 e 5.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 15/16/2011, emessa dalla CTP di Milano, di accoglimento dell’impugnazione di atto di contestazione di sanzioni (n. (OMISSIS)).

2. Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte, nei limiti di rilievo in questa sede, emerge quanto di seguito circa i fatti processuali.

2.1. Con l’atto in oggetto l’A.E., D.Lgs. n. 471 del 1997, ex artt. 6 e 8, irrogò alla contribuente HOME ART. & SALES SERVICES AG sanzioni (per un importo pari a 1.390.066,00 Euro) per violazioni in materia di regime IVA inerente operazioni di esportazione e di cessione intracomunitaria, con riferimento all’esercizio 2004. Trattavasi della disciplina di cui delle disposizioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c, e al D.L. n. 746 del 1983, art. 1, comma 1, lett. c) (conv., con modif., con L. n. 17 del 1984), nelle formulazioni, applicabili nella specie, anteriori alle diverse modifiche succedutesi dal 2005 in poi, oltre che per la violazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 58 (conv. dalla L. n. 427 del 1993).

In particolare, quanto al primo profilo (citati artt. 8 e 1), fu contestata l’omessa regolarizzazione di fatture in acquisto a seguito di errato utilizzo delle c.d. “lettere d’intenti” da parte della contribuente, con riferimento a beni da essa acquistati da “Menfi Industria s.p.a.”, in ragione dell’assunto per il quale la cessione, dalla seconda alla prima, fosse avvenuta antecedentemente alla ricezione da parte della cedente delle relative lettere d’intenti.

Quanto al secondo aspetto, fu contestata l’omessa regolarizzazione di fatture in acquisto a seguito di errate operazioni di cessione intracomunitaria in triangolazione (ex art. 58 cit.), essendo avvenuto (presso l’acquirente intracomunitario) il trasporto e la spedizione dei beni acquistati dalla contribuente a cura (o a nome) non del (primo) cedente, “Menfi Industria s.p.a.”, bensì della contribuente, cedente i beni a soggetto al di fuori dello Stato, all’esito della consegna fisica (nel territorio italiano) degli stessi a lei da parte di “Menfi Industria s.p.a.”.

2.2. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, rigettò l’appello dell’A.E. confermando le conclusioni oltre che iter logico-giuridico e percorso argomentativo seguiti dal Giudice di primo grado, in fatto fondante anche sulla valutazione della documentazione agli atti, nonchè le rationes decidenti.

In particolare, la Commissione regionale, quanto al primo profilo, ritenne documentalmente provata dalla contribuente HOME ART. & SALES SERVICES AG l’emissione della lettera d’intento il 9 gennaio 2004, in tempo utile per l’emissione da parte della cedente “Menfi Industria s.p.a.” delle fatture assoggettate al regime IVA di cui innanzi, oltre che l’avvenuta ricezione da parte della detta cedente, prima dell’effettuazione delle operazioni fatturate, della medesima lettera d’intenti, anche ivi citata (e, quindi, conosciuta).

Quanto al secondo profilo, la CTR ritenne documentalmente provato il trasporto presso il (terzo) acquirente intracomunitario della merce a cura e a nome di “Menfi Industria s.p.a.”, tramite lo spedizioniere “Kune & Negai s.p.a.”, ed in assenza della fisica disponibilità dei beni sul territorio italiano da parte della contribuente HOME ART. & SALES SERVICES AG. Quanto innanzi fu ritenuto provato nonostante l’esistenza di rapporti tra HOME ART. & SALES SERVICES AG e “Kune & Negai s.p.a.”, in quanto valutati alla stregua di mero accordo quadro per la creazione di sinergie e riduzioni di costi e non quale incarico specifico di spedizione degli specifici beni in oggetto (invece conferito da “Menfi Industria s.p.a.”), e nonostante la presenza in Brugherio di magazzini di “Kune & Negai s.p.a.” (ove era stata materialmente consegnata la merce da”Menfi Industria s.p.a.”) e del rappresentante fiscale in Italia della contribuente. La CTR argomentò, in particolare, anche all’esito della valutazione di innumerevole altra documentazione agli atti, tra la quale: lettera d’incarico a “Kune & Negai s.p.a.” (anche conservata ed esibita in giudizio dal rappresentane fiscale della contribuente); ordine di trasporto da “Menfi Industria s.p.a.” a “Kune & Negai s.p.a.”; buono di ritiro dalla seconda alla prima società; documento di trasporto emesso da “Menfi Industria s.p.a.” recante come cessionario HOME ART. & SALES SERVICES AG e come luogo di destinazione il cliente intracomunitario.

3. Avverso la sentenza d’appello, come detto, l’A.E. propone ricorso fondato su cinque motivi, mentre la contribuente si difende con controricorso. Quest’ultimo è sostenuto da memorie con le quali, oltre a profili di inammissibilità dei singoli motivi di ricorso, si prospetta anche l’efficacia esterna del giudicato sull’accoglimento dell’impugnazione di avviso di accertamento emesso a carico di “Menfi Industria s.p.a.” che, a detta della controricorrente, sarebbe il presupposto delle sanzioni applicate, nella specie, a HOME ART. & SALES SERVICES AG. Si tratterebbe della sentenza n. 140/2009 emessa dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia, depositata il 31/12/2009, oggetto di ricorso per cassazione proposto dall’A.E. e dichiarato improcedibile da Cass. sez. 5, 22/11/2018, n. 30215 (solo quest’ultima depositata in quanto allegata ad una memoria).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’eccezione di giudicato esterno, sollevata con memoria dalla controricorrente nel presente giudizio di legittimità, non ha pregio per l’assorbente ragione della mancata produzione della relativa sentenza della CTR (n. 140/2009, depositata il 31/12/2009) oltre che della mancata riproduzione del testo di essa negli atti di parte, non essendo all’uopo sufficiente la produzione della sola sentenza di questa Corte (n. 30215/2018) che ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso avverso la detta sentenza di merito, dalla quale non emergono elementi tali da far argomentare, nella specie, la paventata efficacia di giudicato.

In tema di rilevabilità del giudicato esterno in sede di legittimità, quando esso (come nella specie) si forma per effetto di una pronuncia della Corte di cassazione successiva alla proposizione del ricorso relativo al procedimento nel quale il giudicato s’intende far valere e l’oggetto della cosa giudicata deve desumersi dalla sentenza di merito in quanto l’impugnazione si è chiusa in rito con declaratoria d’inammissibilità, la parte, per documentare la formazione del giudicato che non possa emergere dal tenore della decisione della Corte di cassazione, può produrre la sentenza di merito fino all’udienza di discussione (o, come nella specie, per la trattazione in adunanza camerale), essendo tale produzione esclusivamente funzionale alla dimostrazione del giudicato (cfr., Cass. sez. 3, 27/01/2011, n. 1883, Rv. 616403-01).

2. Il ricorso non merita accoglimento.

3. Con il motivo n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce “violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 327 c.p.c., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8 comma 1, lett. c, e comma 2, del D.L. n. 746 del 1983, art. 2, convertito dalla L. n. 17 del 1984 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6”.

L’A.E., in particolare, critica la sentenza impugnata per aver, a suo dire, riconosciuto efficacia di giudicato ad una statuizione emessa inter alios e priva del carattere della definitività, laddove la CTR evidenzia che le contestazioni dell’Ufficio sono sfociate prima in un PVC e poi in un avviso di accertamento nei confronti di “Menfi Industria s.p.a.” che è risultata vittoriosa sia in I che in II grado nel ricorso proposto avverso il suddetto avviso di accertamento.

Sotto altro profilo, si deduce la violazione da parte della Commissione regionale delle regole governanti il riparto dell’onere probatorio nella materia che ci occupa ed in particolare laddove avrebbe ritenuto sufficiente, per l’operatività della disciplina di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1, lett. c, della prova (con onere in capo alla contribuente) della sola conoscenza in capo alla cedente della dichiarazione d’intenti e non anche dell’effettiva consegna di essa dal cessionario al cedente.

3.1. Il motivo in esame è inammissibile in quanto non coglie la reale ratio decidendi, che, dunque, non sindaca. Essa difatti si sostanzia nel raggiungimento della prova, documentale, dell’avvenuta ricezione della lettera d’intenti da parte del cedente, antecedentemente alle operazioni oggetto di fatturazione (come sintetizzato al punto 2.2. della precedente ricostruzione dei fatti di causa), e non sull’efficacia esterna della sentenza indicata nella censura nè sulla ritenuta sufficienza della conoscenza da parte del cedente della detta lettera (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. Sez. U, 15/09/2020, n. 19169, Rv. 658633-01, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 15/10/2019, n. 26052, in motivazione; Cass. sez. 3, 15/10/2019, n. 25933, in motivazione, entrambe nel senso della considerazione della relativa censura alla stregua di un “non motivo”, inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4; Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, nn. 28398 e 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

Fermo restando quanto innanzi, deve comunque evidenziarsi e ribadirsi il principio per il quale “in tema di IVA, il regime di cessione (all’esportazione) in sospensione d’imposta, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8 (ratione temporis applicabile), può essere legittimamente applicato dal cedente anche prima dalla ricezione, da parte dello stesso, della dichiarazione di cui al D.L. 29 dicembre 1983, n. 746, art. 1 (ratine temporis applicabile), a condizione che egli provi la sussistenza di tutti i presupposti fattuali caratterizzanti la detta cessione, in quanto derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria. Per il caso in cui la tardiva dichiarazione si manifesti ideologicamente falsa, il cedente deve dimostrare l’assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta, ossia di non essere stato a conoscenza dell’assenza delle condizioni legali per l’applicazione del regime in esame o di non essersene potuto rendere conto pur avendo adottato tutte le ragionevoli misure in suo potere” (cfr., Cass. sez. 5, 05/04/2019, n. 9586, Rv. 653364-01 e Rv. 653364-02; in merito al secondo aspetto, quello relativo alla falsità della tardiva dichiarazione d’intenti, sostanzialmente conforme è anche la successiva Cass. sez. 5, 15/07/2020, n. 14979, Rv. 658353-01).

4. I motivi nn. 2, 3, 4 e 5 di ricorso sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i rispettivi oggetti.

4.1. Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si deduce l’omessa motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo, in particolare una “palese carenza motivazionale” in merito alla circostanza per la quale la consegna della dichiarazione d’intenti al cedente sarebbe avvenuta antecedentemente alle operazioni fatturate.

Con il motivo n. 3, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, questa volta nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, successiva alla sua sostituzione ad opera del D.L. n. 83 del 2012, si deduce l'”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti…, costituito dalla mancata dimostrazione da parte del contribuente dell’avvenuta consegna o spedizione della lettera d’intento…”.

Con il motivo n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si deduce l'”omessa e/o insufficiente motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo”. Per la ricorrente, in merito al secondo dei due profili, quello inerente l’omessa regolarizzazione di fatture in seguito ad errate operazioni di cessione intracomunitaria in triangolazione (D.L. n. 331 del 1993, ex art. 58), la motivazione sarebbe “fondata su una valutazione, assolutamente, superficiale della documentazione versata in giudizio”.

Con il motivo n. 5, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, questa volta nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, successiva alla sua sostituzione ad opera del D.L. n. 83 del 2012, si deduce l'”omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti…, costituito dalla mancata dimostrazione da parte del contribuente, nell’ambito di una pluralità di operazioni c.d. triangolari con destinazione finale estera, dell’avvenuta spedizione o trasporto dei beni a cura o a nome del cedente…”.

4.2. I motivi in esame sono inammissibili.

Tutte le censure in esame mirano difatti in ammissibilmente a sostituire a quelle della CTR proprie valutazioni di merito, anche di natura probatoria; i motivi nn. 2 e 4, per come evidenziato anche dalla stessa ricorrente (nella lettura congiunta, rispettivamente, con i motivi nn. 3 e 5), deducono comunque vizi motivazionali (in termini di omessa o insufficiente motivazione) non più prospettabili in applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua versione, ratione temporis applicabile, successiva alla sostituzione ad opera del D.L. n. 83 del 2012.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che si liquidano, in applicazione dei parametri ratione temporis applicabili, in Euro 15.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.P.A., come per legge.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 15.000,00, oltre al 15% per spese generali, IVA e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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