Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12267 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 23/02/2017, dep.17/05/2017),  n. 12267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11644/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.G., C.F., CO.AN.BR.,

D.R., G.V., GI.AN., L.B.A.,

L.G.F., L.G.D., S.G., P.G.,

AB.MA., elettivamente domiciliati in ROMA CORSO D’ITALIA 19,

presso lo studio dell’Avvocato FRANCO PAPARELLA, che li rappresenta

e difende unitamente all’Avvocato ANDREA PARLATO giusta delega in

calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 161/2014 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 20/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Presidente e Relatore Dott. AURELIO CAPPABIANCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per i controricorrenti l’Avvocato PAPARELLA che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 161/29/14, resa in sede di giudizio di rinvio disposto da questa Corte con sentenza 30766/11.

I contribuenti avevano proposto ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia alle istanze di rimborso avanzate in merito alle ritenute operate con aliquota media (ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16 e art. 17, comma 2), anzichè con quella del 12,50% (ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4 e L. n. 482 del 1985, art. 65), in occasione della corresponsione delle somme provenienti dal fondo previdenziale denominato Fondenel (nel quale, dopo il 1998, era confluito il fondo P.i.a., istituito con accordo Enel/Findai 16.5.1986), loro rispettivamente erogate in qualità di dirigenti Enel, in luogo del trattamento di pensione integrativa, al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Sostenevano che le erogazioni in parola, configurando reddito da capitale e non trattamento di fine rapporto o indennità equipollente, dovevano ritenersi assoggettate a tassazione, non ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16 e art. 17, comma 2 (come effettuato dal sostituto), ma ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986 , art. 42, comma 4 e L. n. 482 del 1985, art. 65, con ritenuta, a titolo di imposta, del 12,50%, commisurata alla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo ove si trattasse di capitale corrisposto dopo almeno dieci anni dalla conclusione del contratto di assicurazione.

L’adita commissione provinciale respinse il ricorso, con decisione, che, in esito all’appello dei contribuenti fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale, che aderì all’impostazione degli appellanti, riconoscendo alle somme sottoposte alle contrastate ritenute natura di reddito da capitale e, come tali, per intero assoggettabili all’aliquota del 12,50% ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4 e L. n. 482 del 1985, art. 65.

Su ricorso dell’Agenzia, la decisione di questa Corte sopra citata cassò con rinvio la sentenza di appello, rilevando la necessità che la decisione si uniformasse al più articolato principio di diritto, affermato dalle Sezioni unite, con la sentenza 13642/11.

In esito alla riassunzione dei contribuenti, il giudice del rinvio rilevato che era incontroverso che tutti i contribuenti erano iscritti al fondo di previdenza aziendale P.i.a./Fondenel da epoca antecende all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993 e che l’erogazione delle somme assoggettate alle contestate ritenute era avvenuta, per tutti, entro il 31 dicembre 2000 – ritenne, sulla scorta di certificazioni rilasciate da Enel s.p.a., assoggettabili alla ritenuta del 12,50% tutti gli importi maturati a favore dei contribuenti entro la data anzidetta, che non fossero riferibili a contributi a carico del dirigente ovvero dell’Azienda. Ridefinì quindi, conseguenzialmente, le somme in concreto oggetto dei crediti restitutori dei contribuenti.

Avverso tale decisione, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione in sei motivi.

Gli intimati resistono con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso – deducendo “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62” – l’Agenzia delle entrate denuncia la nullità della sentenza impugnata per la natura puramente apparente della sua motivazione.

2. – La censura è palesemente infondata, giacchè la motivazione della sentenza impugnata esprime un iter argomentativo, condivisibile o non, certamente identificabile nella sua essenza.

3. – Con il secondo motivo – deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1” – la ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza per violazione del principio di diritto richiamato dalla sentenza di rinvio.

Con il terzo motivo – deducendo “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9 e del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, conv. nella L. n. 30 del 1997, nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 16 e 17 e art. 42 (vecchia numerazione), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 456, art. 62, comma 1” – la ricorrente rileva la contrarietà della decisione ai principi costantemente enunciati dalla pregressa giurisprudenza di questa Corte.

Con il quarto motivo – deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1” – la ricorrente denuncia la violazione del criterio di distribuzione dell’onere della prova, spettando al contribuente, che invoca il diritto alla ripetizione della maggior ritenuta praticata dal sostituto di imposta.

Con il quinto motivo – deducendo “omesso esame di fatti controversi e decisivi della causa, che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 60 c.p.c., comma 1, n. 5 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1” – la ricorrente lamenta l’omissione di ogni indagine in merito al fatto che le somme ritenute in sentenza assoggettabili alla ritenuta nella misura del 12,50% configurassero quota meramente residuale rispetto a quella costituita dai contributi ovvero, come affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni unite, somma “imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato”.

Con il sesto motivo – deducendo “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1” – la ricorrente censura la decisione impugnata per non aver considerato che, riconosciuto che la somma percepita dai ricorrenti era frutto del riscatto con il metodo della capitalizzazione di pensione integrativa, conseguita in virtù del rapporto di previdenza integrativa aziendale (Pia) costituito nell’anno 1986 ed ispirato al criterio retributivo (“a contribuzione definita”), risultava evidente che l’indennità in rassegna, quale provento sostituitivo di detta pensione, dovesse necessariamente rivestire la stessa natura del reddito sostituito (e cioè reddito di lavoro, tale essendo la pensione, e non di capitale.

4. – Le doglianze sopra riportate – che, in quanto strettamente connesse, vanno congiuntamente esaminate – sono fondate e meritano accoglimento.

5. – In base al dictum delle pronuncia di rinvio, il giudice del rinvio era tenuto ad applicare alla fattispecie concreta il principio di diritto affermato da Cass., ss.uu., 13642/11, che, in tema di fondi previdenziali integrativi, ha chiarito (con altre coeve decisioni) che le prestazioni erogate in forma capitale a soggetto iscritto, da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, a fondo di previdenza complementare aziendale (quale Fondenel, in precedenza, P.i.a.) sono assoggettate a duplice trattamento tributario. A) Agli importi maturati a decorrere dall’i gennaio 2001, si applica interamente il regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 T.U.I.R.. B) Agli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a e art. 17 T.U.I.R., per quanto riguarda la sorte capitale corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro; mentre, alle somme rivenienti dalla liquidazione del cd. rendimento – per tale esplicitamente intendendosi il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato – si applica la ritenuta del 12,50% prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6.

Secondo il vincolante principio di diritto imposto dalla decisione di rinvio, per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, il discrimine tra l’applicazione dell’aliquota del 12,50% e la sottoposizione a tassazione separata va, dunque, riferito alla ricorrenza o meno di concreta gestione sul mercato del capitale accantonato. (cfr., tra le tante: Cass. 720/17, Cass. 10604/15, 1977/15, 8310/14, 6380/14, 3136/14, 3132/14, 22950/13, 22492/13, 12491-12496/13, 7724-7728/13, 8320/12, 5376/12, 280/12, 29583/11). Detta gestione verrebbe, ovviamente, a mancare se, e nella misura in cui, le somme erogate fossero frutto, anzichè d’investimento di contributi, di accantonamento in base al criterio delle riserve matematiche e fossero, dunque, realizzate, anzichè con metodo “contributivo”, con metodo “retributivo” (per analoga soluzione con riguardo a situazione simile: cfr., tra le tante, Cass. 120/17, 26739/16, 21332/15 17535/12). D’altro canto – posto che, in tema di contenzioso tributario, il contribuente che impugni il rigetto dell’istanza di rimborso di un tributo riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con il consequenziale corollario in tema di distribuzione dell’onere della prova (cfr., tra le altre, Cass. 15026/14, 18427/12) – spetta indubbiamente al contribuente, che invoca il diritto alla ripetizione della maggiore ritenuta praticata dal sostituto di imposta, fornire la prova del fondamento della sua pretesa, dimostrando quale sia la parte dell’indennità ricevuta ascrivibile a rendimenti frutto d’investimento sui mercati di riferimento.

6. – Alla luce di quanto precede, deve ritenersi che la sentenza impugnata – affermando l’assoggettabilità alla ritenuta del 12,50% di tutti gli importi maturati a favore dei contribuenti entro la data del 31 dicembre 2000 che non fossero riferibili a contributi a carico dei dirigenti ovvero dell’Azienda, senza fornire alcuna indicazione (pur a fronte di specifiche contestazioni dell’Agenzia) in merito al fatto che le somme erogate al beneficiario derivassero in concreto, in tutto o in parte, dalla gestione di capitali sui mercati di riferimento – ha violato il principio di diritto affermato dalle Sezioni unite ed il dictum della decisione di rinvio che ad esso si è richiamata.

La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata e la causa va nuovamente rinviata al giudice di appello, perchè si dia effettivo corso al dictum della sentenza di questa Corte n. 30766/11, consistente nell’affermazione del diritto dei contribuenti ad usufruire dell’imposizione con aliquota del 12,50%, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4 e L. n. 482 del 1985, art. 65, con esclusivo riguardo alle somme costituenti frutto di effettivo impiego sul mercato di capitale accantonato (in tal senso, con riguardo ad analoghe controversie, v., anche, Cass. 720/17 e 26728/16).

La causa va, pertanto, rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sicilia perchè – ai fini della definizione dell’ammontare dell’eventuale credito restitutorio dei contribuenti accerti se (ed eventualmente quale) parte delle somme complessivamente erogate ai contribuenti corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato e calcolando, quindi, le imposte dovute dai contribuenti, con applicazione solo alla parte suddetta delle somme erogate dell’aliquota del 12,50% secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a e art. 17. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

PQM

accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la regolamentazione delle spese alla Commissione tributaria regionale della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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