Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12264 del 15/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2020, (ud. 01/07/2020, dep. 15/10/2020), n.22264

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7548-2018 proposto da:

E.O., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI

CONSOLI 62, presso lo studio dell’avvocato ENRICA INGHILLERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIA PAOLINELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO

DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ANCONA (OMISSIS), in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1106/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 01/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 01/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

ACIERNO.

 

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Ancona ha rigettato la domanda di protezione internazionale proposta da E.O., cittadino nigeriano, il quale aveva dichiarato alla Commissione territoriale che proveniva dalla regione Edo, più esattamente dalla città di Orhionwon; che il padre praticava riti voodo dal 2008 e che in quell’anno era misteriosamente morta sua sorella, lo stesso era accaduto a un fratello e a un’altra sorella nel 2010. Lui era stato lasciato quattordici giorni in un cimitero dopo aver avuto un litigio con il padre. Fuggito dal cimitero, prima, era andato a Khano, da cui si era allontanato, vista la situazione molto critica di quell’area, poi, aveva raggiunto la Libia e, infine, l’Italia.

Il giudice di primo grado ha ritenuto radicalmente non credibili le vicende narrate, non risultando accertate le cause della morte dei fratelli, così, escludendo le protezioni individualizzanti (rifugio e protezione sussidiaria ex art. 14, lett. a) e b).

In relazione alla lett. c), il richiedente ha dichiarato di provenire dalla regione di Edo e non ha fornito elementi per sostenere il suo temporaneo ed occasionale spostamento a Khano. Peraltro, l’Unhcr ha dato indicazioni di rimpatrio soltanto per gli stati settentrionali di Borno, Yobe e Aamawa. Infine il ricorrente non ha allegato di poter rimanere coinvolto in attentati terroristici. Non può affermarsi che il conflitto armato nella specifica zona di provenienza del ricorrente abbia raggiunto un grado così elevato da far ritenere che sussistano gravi motivi che un civile possa, con la sua sola presenza sul territorio, subire il rischio effettivo di una minaccia grave.

E’ stata, infine, esclusa la protezione umanitaria per l’omesso riscontro di condizioni di vulnerabilità e l’irrilevanza del percorso d’integrazione intrapreso.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero affidato a due motivi che possono essere illustrati unitariamente. Ha resistito con controricorso il Ministero dell’Interno.

Si censura, in primo luogo, sia come vizio di violazione di legge che in relazione al difetto di motivazione, la valutazione di non credibilità della Corte d’Appello. Viene anche censurato il rigetto della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) (pag. 15 ricorso) perchè nella pronuncia impugnata la corte territoriale manca di indicare e specificare le fonti dalle quali abbia tratto la conclusione negativa sulla sussistenza della condizione di violenza indiscriminata richiesta dalla norma, così violando il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e incorrendo nel vizio di omessa motivazione. Infine, viene contestato, sotto entrambi i profili già rilevati, il rigetto della protezione umanitaria.

La censura relativa alla valutazione negativa di credibilità è inammissibile perchè sostanzialmente rivolta a sostituire al giudizio di fatto eseguito insindacabilmente dalla Corte d’Appello un proprio giudizio di merito alternativo ad esso.

E’ invece manifestamente fondata la censura relativa alla configurabilità della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c) perchè il dovere informativo officioso deve essere adempiuto dal giudice del merito mediante l’indicazione delle fonti (aggiornate alla decisione) consultate, dando prevalenza a quelle cd. privilegiate (ove rilevanti) indicate dall’art. 8.

Il principio, costante nella giurisprudenza di legittimità, è così massimato:

“Nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio politiche del Paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, sicchè il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo incorrere in tale ipotesi, la pronuncia, ove impugnata, nel vizio di motivazione apparente”. (Cass. 13897 del 2019, 9230 del 2020).

L’accoglimento del motivo determina l’assorbimento della censura relativa alla protezione umanitaria. La pronuncia impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Ancona.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso per quanto di ragione, assorbe il secondo. Cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 1 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2020

 

 

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