Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1226 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 20/01/2011, (ud. 09/11/2010, dep. 20/01/2011), n.1226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9211-2007 proposto da:

D.C.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBALONGA

7, presso lo studio dell’avvocato PALMIERO CLEMENTINO, rappresentato

e difeso dall’avvocato DE NOTARIIS GIOVANNI giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SAN SALVO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PUTATURO WALTER, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 523/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 12/06/2006 R.G.N. 274/04+a;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2010 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato DE NOTARIIS GIOVANNI;

udito l’Avvocato ALBINI CARLO per delega PUTATURO WALTER;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenze n. 7,8 e 9 del 16.1/12.2.2004, emesse dal Tribunale di Vasto, erano state respinte le domande di attribuzione di posizione apicale di responsabile dell’area finanziaria-contabile proposte da D.C.S., addetto al settore bilancio e programmazione prima dell’istituzione dell’area suddetta; era stata dichiarata l’inammissibilità, per carenza di interesse, della domanda di annullamento della delibera, con la quale, pure in assenza di atti di investitura, erano state attribuite le somme dovute a titolo di indennità di posizione ed era stata respinta la domanda di risarcimento del danno avanzata da ricorrente.

La sentenza di secondo grado resa il 18.5/12.6.2006 dalla Corte di Appello di L’Aquila respingeva gli appelli proposti avverso le suddette decisioni di primo grado.

Osservava in sintesi la corte territoriale che la posizione apicale di staff attribuita al D.C. non era da meno della posizione ricoperta dall’appellante nel precedente sistema e comunque apicale;

assumeva che quest’ultimo non approvava il nuova sistema, ma non specificava la violazione dell’ordinamento giuridico a suo dire realizzatasi, al di là di un richiamo ai principi di imparzialità e di buon andamento della P.A., non indicando in che modo tali principi sarebbero violati dalla nuova disciplina; non eccepiva alcuna violazione di procedura attributiva di funzioni al F., ossia al dirigente che, in suo luogo, era stato preposto all’area Finanziaria-contabile. Anche le violazioni rilevate circa la mancata adozione di atti regolamentari preventivi non si erano tradotte in suo danno, avendo il comune ratificato le scelte avvenute prima dell’adozione del regolamento. Non meritava accoglimento, a giudizio della corte territoriale, neanche la domanda di annullamento della delibera di riconoscimento della retribuzione di posizione, in quanto da detto annullamento non sarebbe conseguita la chiesta “reintegra” nel posto di responsabile di area finanziario-contabile rivendicato.

In ogni caso, anche il successivo venir meno dell’incarico di responsabile di gestione in posizione di staff, con conseguente perdita della retribuzione di posizione e risultato connessi alla titolarità di posizione organizzativa, era in linea con la revocabilità e temporaneità degli incarichi.

Propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, il D. C..

Resiste con controricorso, ritualmente notificato, il Comune di San Salvo, che ha presentato, altresì, memoria ai sensi dell’ari. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il D.C. deduce la erroneità del procedimento logico, omesso esame di punti decisivi e motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, falso presupposto, ex art. 360 c.p.c., n. 5. Con lo stesso motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3): violazione degli artt. 8, 9, 10, 11 c.c.n.l. 31.3.1999, parte generale e norme da esso richiamate, violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, modificato dal D.P.R. n. 80 del 1998, art. 25, richiamato dall’art. 3 c.c.n.l., violazione degli artt. 6-8-22 del Regolamento per l’Organizzazione degli uffici e servizi e vizio di motivazione per violazione delle regole di interpretazione ed ermeneutica contrattuale delle norme del c.c.n.l. e delle citate disposizioni regolamentari.

In particolare, viene posto richiamo all’art. 11 del c.c.n.l.

Comparto delle Autonomie Locali, che dispone che, nei piccoli Comuni, l’area delle posizioni organizzative si identifica con la titolarità di uffici e servizi istituiti formalmente con il regolamento sull’ordinamento degli uffici e servizi adottato dalla Giunta ai sensi della L. n. 142 del 1990, art. 51. Si censura la decisione per la violazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 e si richiamano gli articoli di interesse del Regolamento comunale, nonchè, specificamente, l’art. 22, disciplinante i criteri per la prima collocazione del personale. Per gli anni 2002 e 2003 si assume la nullità insanabile dei provvedimenti di conferimento di posizioni organizzative, essendo stata inserita nella struttura dell’Ente la figura del Direttore Generale, cui competeva l’attribuzione delle relative posizioni in luogo del Sindaco. Si formulano, a conclusione dell’esposizione dei motivi di ricorso di cui al punto 1), quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

Con il secondo motivo si denunzia l’erroneità del procedimento logico, omesso esame di punti decisivi; motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria; falso presupposto, ex art. 360 c.p.c., n. 5 (error in iudicando).

Ancora, con il terzo ed il quarto motivo, si censura la sentenza impugnata deducendo la violazione di legge, in particolare, della L. n. 241 del 1990, art. 3, ex art. 360 c.p.c., n. 3; la motivazione omessa, insufficiente o contraddittoria, il. falso presupposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si assume nella sostanza che sarebbe stato violato il principio dell’obbligo di motivazione del provvedimento dell’ente che aveva provveduto alla valutazione delle competenze professionali e che l’atto doveva ritenersi esternato ma non motivato.

Motivazione illogica, contraddittoria ed insufficiente viene, da ultimo, dedotta con riferimento alla domanda di danni conseguenti di natura economica, e vengono formulati per ciascuno dei motivi esposti vari quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

Osserva la Corte, con riguardo al primo motivo di ricorso, che la norma richiamata del CCNL del comparto autonomie locali del 31.3.1999, non prodotto ma acquisito da questa Corte, prevede che “i comuni privi di posizioni dirigenziali che si avvalgono delle facoltà previste dalla L. n. 142 del 1990, art. 51, comma 3 bis introdotto dalla L. n. 191 del 1998 e nell’ambito delle risorse finanziarie ivi previste a carico dei rispettivi bilanci, applicano la disciplina degli artt. 8 e ss. esclusivamente a dipendenti cui sia attribuita la responsabilità degli uffici e dei servizi formalmente individuati secondo il sistema organizzativo autonomamente definito e adottato”. Detti comuni stabiliscono, poi, il valore economico della retribuzione di posizione e di risultato attribuibile al personale di cui allo stesso comma 1 classificato nella categoria D nell’ambito dei limiti definiti dall’art. 10.

La L. n. 142 del 1990, art. 51, comma 3 bis, introdotto dalla L. n. 127 del 1997, prevede che ‘Nei comuni privi di personale dirigenziale, le funzioni di cui al comma 3 sono svolte dai responsabili degli uffici e servizi”.

La norma presuppone l’adozione preventiva di un sistema organizzativo autonomo in detti comuni, attraverso regolamento che disciplini, appunto, la pianta organizzativa ed utile quale elemento di partenza per il passaggio dalla vecchia alla nuova struttura, costituita dalle aree, per la preposizione dei dipendenti, con incarico annuale, alla titolarità delle aree.

Orbene, deve al riguardo rilevarsi che, per quanto attiene al regolamento comunale, la S. C. ha ritenuto che non si tratti di atto normativo di rango paraprimario o subprimario, diversamente dalla Statuto dell’ente, che appartiene, invece, in considerazione anche della forma di pubblicità cui tale fonte è soggetta, alla scienza ufficiale del giudice.

Il regolamento o la delibera comunale integrano fonti non paraprimarie o sub primarie, ma norme secondarie, la cui conoscenza non rientra tra i doveri del giudice, analogamente agli atti meramente amministrativi ed, in particolare, ai Decreti Ministeriali (cfr. Cass. 29.8.2006 n. 18661; Cass. 27.1.2009 n, 1893; Cass. sez. un., 29.4.1009 n. 9941).

Deve, pertanto, rilevarsi il mancato assolvimento dell’onere di allegazione e produzione della fonte normativa de qua, che non consente l’esame completo della questione sottoposta all’esame della Corte, benchè dette norme regolamentari siano richiamate dalle norme di fonte contrattuale collettiva. Peraltro, anche i rilievi relativi alla violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 (già D.Lgs. n. 23 del 1993, art. 56) risultano prospettati in modo affatto generico, assumendosi un non consentito mutamento di mansioni, non equivalenti a quelle da ultimo esercitate o a quelle della qualifica di appartenenza, senza in realtà censurare la motivazione della decisione impugnata, che aveva ritenuto che il D.C. non avesse provato di avere titoli maggiori del F. – cui era stata affidata la responsabilità dell’Are Finanziario contabile – per rivendicare il posto di quest’ultimo e non aveva dimostrato di avere subito una diminuzione in termini di mansioni rispetto alla posizione apicale (responsabilità del settore controllo gestione, in posizione di staff), che, con riferimento alla riorganizzazione richiesta dalla contrattazione collettiva, gli era stata assegnata.

I motivi risultano, nella sostanza, del tutto inammissibili, così come i corrispondenti quesiti di diritto, che confondono in maniera non consentita doglianze di fatto con questioni di carattere giuridico, venendo raggruppati alla fine di un lungo iter motivazionale ed argomentativo i cui passaggi richiederebbero l’enunciazione di autonomo e specifico motivo immediatamente dopo la prospettazione di ogni passaggio su singole questioni di diritto. I detti motivi di ricorso, per di più, si presentano privi di specificità, perchè, per la maggior parte, risultano ripetitivi delle doglianze avanzate in primo grado, senza censurare in maniera, appunto, specifica, le ragioni poste a base della sentenza impugnata;

fanno riferimento ad atti e documenti e a prove, di cui non si riportano i contenuti e ciò in palese violazione del principio dell’autosufficienza dei motivi di ricorso.

Analogamente, anche la censura riferita alla erroneità dell’affermazione de giudice del gravame sulla presunta inattività del ricorrente per scelta risulta inidonea all’individuazione delle precise regole del giudizio violate, richiamando genericamente la prova per testi espletata, senza contestare specificamente i criteri valutativi adottati, così come la doglianza connessa alla ratifica della adozione della regolamentazione dell’assetto organizzativo postuma non può ritenersi idonea a scalfire la relativa motivazione, non contestandosi le argomentazioni spese sulla ratifica sia pure erronea (cfr. Cass. 15.35572004; 23218/06; 2272/07, tra le altre, e, su formulazione dei quesiti di diritto, Cass. n. 20603/2007).

La valutazione negativa espressa sull’attività del F. dai revisori conti non risulta, infine, prospettata quale vizio della motivazione su fatto decisivo ai fini della pronunzia, idoneo a determinarne una conclusione difforme da quella adottata, nè si riscontra una puntuale censura con riguardo alla ritenuta mancata attivazione di procedimento di revoca dall’incarico ai sensi dell’art. 9 c.c.n.l..

Con riguardo alla dedotta violazione legge L. n. 241 del 1990, art. 3, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, deve osservarsi che le norme della L. n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo riguardano i procedimenti strumentali alla emanazione da parte della P. A. di provvedimenti autoritativi destinati ad incidere sulle situazioni giuridiche soggettive dei destinatari dei medesimi, caratterizzati dalla situazione di preminenza dell’organo che li adotta, e non sono perciò applicabili agli atti concernenti il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, i quali sono adottati nell’esercizio dei poteri propri del datore di lavoro privato, connotati dal potere di supremazia gerarchica, ma privi dell’efficacia autoritativa propria del provvedimento amministrativo.

Pertanto, come già in più occasioni, affermato da questa corte, non è nella specie applicabile l’obbligo della motivazione stabilito dalla L. n. 241 del 1990, essendo la scelta del comune sindacabile solo sotto il profilo dell’osservanza delle regole di correttezza e buona fede, che consente di valutare l’atto rispetto ai principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione. (cfr. Cass., sez. lav., 16.5.2003 n. 7704; Cass., sez. lav. 31.7.2009 n. 17852).

Infine, anche la illogicità, contraddittorietà, insufficienza della motivazione con riguardo alla richiesta di danni conseguenti di natura economica, attiene a censura che, oltre a risultare assorbita dalle considerazioni che precedono, appare formulata senza rispetto del principio della specificità e senza indicare il profilo della decisività della questione prospettata.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Le spese di lite del presente giudizio sono regolate in base al principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, di cui Euro 30,00 per spese, Euro 3000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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