Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12256 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 19/05/2010), n.12256

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso lo

studio dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ALTAIR srl in persona dell’Amministratore unico legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BISSOLATI 76,

presso lo studio dell’avv. DEGLI ESPOSTI ANDREINA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avv. Villata Riccardo, giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/2004 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 24/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;

udito per il resistente l’avv. DODARO per delega dell’avv. Villata,

che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Generale Dott. APICE Umberto

che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorso in subordine

rigetto.

 

Fatto

La Altair srl ha impugnato l’avviso di accertamento del valore relativo al prezzo di acquisto di un terreno, costituito da più appezzamenti, eccependo la assoluta inedificabilità dello stesso.

La commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ricorso sul rilievo che l’area in questione non era edificabile e che il prezzo dichiarato era superiore a quello tabellare, per cui la rettifica del valore dichiarato era preclusa.

La commissione tributaria regionale, adita su appello dell’Agenzia delle entrate, ha confermato la decisione di primo grado, sul duplice rilievo.

a) che trattasi di aree inedificabili, e quindi insuscettibili di valutazione venale, perchè “inserite in un territorio agricolo a verde di natura urbana in zona di tutela ambientale e paesistica, destinata a parchi urbani esistenti e progettati”;

b) che, comunque, il valore dichiarato sarebbe congruo, dovendosi condividere i calcoli della società appellata, “elaborati sulla base degli indici di edificabilità indicati dalla Agenzia delle Entrate, che nulla ha replicato in merito”.

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza di appello, meglio indicata in epigrafe, sulla base di due motivi.

La società resiste con controricorso, illustrato anche con memoria.

Diritto

Il ricorso non può trovare accoglimento.

Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, artt. 2727, 2729 c.c. (anche in combinato disposto) e della L.R. Lombardia n. 24 del 1990, unitamente a vizi di motivazione, l’amministrazione ricorrente osserva che la destinazione in concreto del suolo in questione non era tale da escludere totalmente la edificabilità dello stesso secondo i canoni dettati da questa Corte con la sentenza n. 7676/2002.

A parte i profili di merito della censura, che sul punto non appare autosufficiente, in linea di principio l’assunto della parte ricorrente è corretto perchè, come dalla stessa ricordato, secondo questa Corte, “In tema di imposta di registro, l’inapplicabilità, ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 52, comma 4, del criterio di valutazione automatica “per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”, non è esclusa dall’esistenza di vincoli di piano che incidono sulla edificabilità (nella specie, verde pubblico attrezzato), atteso che tali vincoli non sottraggono i terreni al regime fiscale proprio dei suoli edificabili – equiparandoli a quelli assolutamente inedificabili – ma incidono soltanto sulla concreta determinazione del valore venale dei terreni stessi” (Cass. 7676/2002).

Con il secondo motivo viene denunciata ancora la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. anche sotto il profilo del vizio di motivazione, sul rilievo della contraddittorietà della determinazione del valore venale di un’area considerata non edificabile e della apoditticità ed insufficienza della motivazione della sentenza che sul punto rinvia agli scritti difensivi.

La censura è infondata perchè non è affatto vero che un suolo non edificabile (ammesso che fosse questo lo status giuridico del suolo in questione) sia privo di valore. La utilizzabilità limitata di un suolo, che certamente ne deprime il valore, non va confusa con la inedificabilità fiscale che ha l’effetto di interdire l’accertamento. Male ha fatto la CTR ad affermare che il suolo fosse non edificabile ai fini fiscali, ma poi bene ha fatto ad accertare autonomamente il valore venale dello stesso. In altri termini, il ragionamento che giunge ad una conclusione corretta, sulla base o prescindendo (come nella specie) da una premessa errata, non vanifica la correttezza della conclusione. Nè appare fondata la censura di insufficienza della motivazione che facendo riferimento alle argomentazioni della società, non contestate dall’ufficio, non avrebbe sostanzialmente esplicitato le ragioni della determinazione del valore. Infatti, il principio di non contestazione vige anche nel processo tributario (Cass. 1540/2007). Nella specie, poi.

L’amministrazione ricorrente nemmeno in questa sede espone eventuali ragioni di non con divisibilità delle argomentazioni di parte.

Nemmeno può trovare accoglimento l’eccezione della inutilizzabilità della dichiarazione di valore presentata alcuni anni prima ai fini invim e non rettificata, valorizzata invece dalla CTR nella determinazione del valore all’atto della compravendita. Infatti, il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3 prevede che l’accertamento può avvenire in base a qualsiasi elemento di valutazione. Il fatto che notoriamente non tutti le dichiarazioni dei contribuenti vengano controllate, come osserva li amministrazione ricorrente, non esclude, come osserva la CTR, che il contribuente possa invocare una sorta di presunzione di congruità del valore dichiarato e divenuto definitivo per l’inerzia dell’ufficio.

Conseguentemente, il ricorso va rigettato, con la correzione della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui erroneamente afferma che il valore dei suoli soggetti ai vincoli sopra specificati non sarebbero suscettibili di rettifica.

Tenuto conto della peculiarità della fattispecie, si ritiene che le spese del giudizio di legittimità vadano compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

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