Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12255 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18917-2018 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO 14,

presso lo studio dell’avvocato ALBERTO MARSILI FELICIANGELI,

rappresentato e difeso dall’avvocato NAZZARENO CIARROCCHI;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 567/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 03/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – F.L. ricorre per tre mezzi, nei confronti del Fallimento (OMISSIS), contro la sentenza del (OMISSIS) con cui la Corte d’appello di Ancona ha respinto il reclamo avverso sentenza del Tribunale di Fermo che, in accoglimento della domanda proposta dal Fallimento, aveva dichiarato il suo fallimento, all’esito dell’accertamento della sussistenza di una società di fatto tra lo stesso F. e le V..

2. – Non spiega difese il Fallimento intimato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per motivazione sostanzialmente omessa, criptica e/o apparente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il secondo motivo denuncia nullità del procedimento per non essere stati evocati i creditori istanti quale litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il terzo motivo denuncia omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – L’inammissibilità discende anzitutto dalla violazione del precetto dettato dall’art. 366 c.p.c., n. 6, dal momento che i documenti su cui il ricorso si fonda (in particolare una relazione del curatore tenuta presente dai giudici di merito per i fini della dichiarazione di fallimento del F.) non sono affatto localizzati (Cass., Sez. Un., 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. 20 novembre 2017, n. 27475).

4.2. – In ogni caso ciascun motivo di per sè è inammissibile.

4.2.1. Il primo motivo è inammissibile, giacchè non si misura con la motivazione addotta dal giudice d’appello, limitandosi ad affermare apoditticamente che la sentenza impugnata non sarebbe motivata. Ma in essa si legge quanto segue: “Sono infatti integralmente condivisibili le ragioni dell’impugnata sentenza e quelle sviluppate dalla curatela nella comparsa di costituzione con riferimento all’infondatezza dei motivi di nullità addotti dal reclamante. Quanto al merito, la qualità delle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni valorizzate in sentenza ( Z.J. quale legale rappresentante della società Gimir S.r.l. che aveva svolto attività di terzista per l’impresa fallita, D.L. impiegata dell’impresa fallita e S.L. consulente fiscale dell’impresa) hanno chiarito come fosse proprio il F. a gestire in concreto d’impresa. D’altra parte le circostanze (desunte dalla documentazione prodotta) che lo stesso figuri come dipendente dell’impresa fino alla data del fallimento, nonostante la cessazione dell’attività molti mesi prima, e che abbia prelevato dal conto corrente intestando la società fallita nell’anno 2016 la somma complessiva di Euro 40.344,55, non giustificata da crediti di lavoro (eventualmente maturati per un importo di e 19.907,00) riscontrano oggettivamente, unitamente alle risultanze, non smentite, delle indagini espletate dalla curatela sulle attività imprenditoriali da F. nel settore calzaturiero all’attualità… un tale ruolo, chiaramente palesato nei rapporti di impresa”.

E dunque palese che la motivazione c’è, ed è più che comprensibile.

4.2.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

Indipendentemente dalla questione se ricorresse effettivamente nella specie un’ipotesi di litisconsorzio necessario (v. Cass. 24 ottobre 2016, n. 21430 e Cass. 24 febbraio 2016, n. 3621), sta di fatto che il motivo non è autosufficiente, giacchè la censura concernente la violazione del litisconsorzio necessario comporta l’onere di indicare nominalmente i soggetti pretermessi e i titoli da cui discenda la qualità (p. es. Cass. n. 6822/2013; Cass. n. 3445/2012).

4.2.3. – Il terzo motivo è inammissibile.

Esso in realtà non ha nulla a che vedere con l’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, il quale si riferisce all’omessa considerazione di un fatto storico decisivo e controverso(Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), individuato fatto storico, beninteso non considerato, del quale nel ricorso non vi è traccia, dal momento che la censura è semplicemente diretta a rimettere in discussione la valutazione di merito compiuta dalla Corte d’appello, nei termini precedentemente trascritti, la quale, secondo il ricorrente, sarebbe inconsistente, frutto di un’enfatizzazione tale da richiamare, dice il ricorrente, “il venticello di rossiniana memoria”.

5. Nulla per le spese, sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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