Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12255 del 17/05/2017

Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 29/03/2017, dep.17/05/2017),  n. 12255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27804-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA PASUBIO 2,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO HINNA DANESI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 319/2013 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 07/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/03/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI.

Fatto

RILEVATO

che il ricorso dell’Agenzia delle Entrate concerne la controversia relativa al preteso rimborso delle ritenute operate nel momento in cui il Fondo previdenziale aziendale PIA, successivamente denominato (OMISSIS), aveva corrisposto a S.F., cessato dal rapporto di lavoro come dirigente ENEL nel febbraio del 2000, una somma di denaro, in luogo del trattamento di pensione integrativa, in forza di accordo collettivo, avendo il sostituto d’imposta applicato le ritenute fiscali alla stregua del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 e, dunque, la medesima aliquota applicata al TFR;

che l’Agenzia delle Entrate, soccombente in primo grado, appellava la decisione che la CTR del Lazio, respingendo il gravame, confermava, riconoscendo all’ex dirigente dell’ENEL, iscritto a forme previdenziali integrative in data anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, il diritto al rimborso della maggiore IRPEF corrisposta, non trovando applicazione il nuovo regime fiscale da tale disposizione introdotto, alla luce di quanto disposto dal D.L. n. 669 del 1996, art. 1, convertito nella L. n. 30 del 1997, bensì il previgente, e più favorevole, trattamento di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6;

che, su ricorso dell’Agenzia delle Entrate, questa Corte, con la sentenza n. 9494/2012, cassava la decisione di secondo grado e rinviava la causa ad altra sezione della CTR, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, non essendo essa in linea con il principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 13642/2011 delle Sezioni Unite;

che, da ultimo, il Giudice di rinvio respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, per l’effetto, dichiarava dovuta al contribuente la restituzione delle somme indebitamente percepite, come da prospetti contabili in atti, con integrale compensazione delle spese di lite, attesa la ritenuta applicabilità del più favorevole meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, basato appunto sull’aliquota del 12,50%;

che l’intimato contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che l’Agenzia delle Entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, artt. 384, 392 e 394 c.p.c., nonchè dell’art. 2909 c.c., giacchè la decisione della CTR risulta basata sulla certificazione rilasciata dall’ENEL il 23/1/2006 e non contiene alcuna verifica circa l’impiego, da parte del Fondo, del capitale accantonato e dell’assegnazione di eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali;

che, con il secondo motivo di ricorso, deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio e controverso, giacchè la CTR ha omesso il doveroso vaglio delle norme contrattuali applicabili, ovvero dell’accordo ENEL/FNDAI del 16/4/1986, costituente il titolo sulla cui base è stata erogata la prestazione de qua, e della nota del 17/11/2011 n. 2147 dell’ENEL, emergendo dalle stesse prospettazioni del contribuente che i contributi versati al Fondo PIA non sono stati da esso impiegati sul mercato essendosi l’ENEL limitato ad accantonare in bilancio, secondo la tecnica della riserva matematica, la somma presumibilmente necessaria per adempiere agli obblighi contrattuali derivanti dall’accordo ENEL/FNDAI istitutivo della PIA;

che i suesposti motivo di ricorso, scrutinabili congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono infondati;

che, invero, la controversia in oggetto deve essere definita sulla base del principio di diritto – dibadito inter partes con la sentenza n. 9494/2012 di questa Corte che ha disposto il giudizio di rinvio – secondo cui “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di Previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 TUIR, solo per quanto riguarda la sorte capitale, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento (per tale dovendosi intendere, in base a quanto precisato nella motivazione della medesima decisione, il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato), si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 TUIR ” (Cass. SS.UU. n. 13642/2011);

che, inoltre, la Corte ha avuto modo di precisare che “per rendimento del capitale deve intendersi il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato”, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito sulla base di “una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta”, operando “l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,5%” (Cass. n. 29583/2011; n. 17682/2014; n. 1977/2015);

che la decisione impugnata non si pone nel solco del pur richiamato principio di diritto – il quale vale sia nel caso in cui il dipendente opti per la corresponsione di una rendita previdenziale che di un capitale – in quanto sul punto va ricordato quanto stabilito dalle Sezioni Unite, e cioè che “… per rendimento del capitale deve intendersi – come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni Unite (ultima parte del penultimo periodo del paragrafo 6.1) – il rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato “, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito, come questa Corte ha avuto modo di ulteriormente specificare nella successiva sentenza 29583/2011, “sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta”, che operi l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego;

che, viceversa, la CTR muovendo dalla affermata possibilità di “impiegare liberamente il… “capitale” scegliendo qualsiasi tipo di investimento”, non ha compiuto alcun accertamento, approfondito ed analitico, sulla natura e quantità del “rendimento” che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, avendo omesso di verificare se vi sia stato l’impiego sul mercato finanziario del capitale accantonato e quale sia stato il “rendimento” conseguito in relazione a tale impiego, dato che, solo rispetto a quest’ultimo “rendimento” sarebbe giustificata la tassazione al 12,50%, per cui la decisione si discosta dalla giurisprudenza di questa Corte che ha più volte ribadito le condizioni necessarie per generare un reddito di capitale (Cass. 22950/2013; n. 5614/2015), non apparendo condivisibile l’orientamento espresso da alcune isolate pronunce (Cass. n. 11941/2016; n. 15827/2016) le quali non tengono conto dei differenti sistemi gestionali (di tipo assicurativo o di tipo finanziario) impiegati nel tempo per incrementare il patrimonio del fondo;

che, pertanto, la sentenza impugnata è viziata, anche sotto il profilo motivazionale, per il carente accertamento (sul quale non si era formato alcun giudicato interno con la sentenza di primo grado) degli investimenti concretamente effettuati sul mercato finanziario, sulla base delle norme contrattuali via via applicabili, delle quali neppure è fatta menzione alcuna, nonostante la necessità di far emergere la diversità dei modelli gestionali, quanto alle prestazioni erogate ai dipendenti dell’ENEL, e delle plusvalenze con essi realizzati e, quindi, in ordine alla concreta quantificazione, nel caso di specie, dell’importo corrispondente al più volte menzionato rendimento finanziario;

che, infatti, la CTR ha operato tale quantificazione senza svolgere qualsivoglia analisi dei meccanismi di funzionamento del fondo (OMISSIS)/PIA nel corso degli anni e limitandosi a recepire – acriticamente – il contenuto della dichiarazione ENEL del 23/1/2006 e del “prospetto dei conteggi”, di cui non specifica, nè giustifica, i criteri di formazione, sol perchè supportati dalle conclusioni dei periti di parte consulenti tecnici ed omette di spiegare le ragioni che dimostrerebbero che l’importo che essa ritiene soggetto all’aliquota del 12,5% corrisponde effettivamente a quello del rendimento finanziario derivato dall’impiego sul mercato dei capitali degli accantonamenti effettuati negli anni dal lavoratore e dal datore di lavoro;

che manifestamente infondata è l’eccezione di incostituzionalità della L. n. 482 del 1985, art. 6 in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., in ragione di una “compressione probatoria così schiacciante da escludere i beneficiari della PIA… dalla possibilità di accedere al momento della liquidazione in capitale a detto beneficio fiscale, con conseguente trasformazione del diritto enunciato dal predetto art. 6… ad apparenza vuota di contenuto”, attesa la peculiarità della vicenda normativa, nella quale il D.Lgs. n. 124 del 1993 si pone come una sorta di “spartiacque regolativo” del passaggio da una forma di “tutela assicurativa”, rispondente al principio del risparmio finanziario (che trova la propria garanzia costituzionale nell’art. 47 della Carta fondamentale), a “tutela previdenziale”, rispondente al principio del risparmio previdenziale” (che trova la propria garanzia costituzionale nell’art. 38 della Carta fondamentale), laddove, nel primo caso, l’investimento concerne una somma che è già patrimonio del soggetto, mentre, nel secondo caso, concerne una somma che origina da redditi di lavoro (e questa correlazione tra investimento e redditi di lavoro non è senza conseguenze sul regime tributario delle prestazioni erogate dai Fondi pensione, regime che non può essere diverso da quello cui sono soggetti i redditi da cui l’investimento trae alimento);

che il contribuente il quale pretenda un rimborso riveste la qualità di attore in senso sostanziale, con la conseguenza che grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda;

che la sentenza, in conclusione, va cassata ed il Giudice del rinvio, designato in altra sezione della medesima CTR, procederà al riesame in parte qua della controversia, adeguandosi al richiamato principio di diritto, e deciderà, motivando, nel merito, anche sulle spese del giudizio di cassazione;

che non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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