Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12253 del 17/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 24/01/2017, dep.17/05/2017),  n. 12253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6508-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.A., GI COSMETICI SAS;

– intimati –

avverso la sentenza n. 70/2012 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 19/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/01/2017 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rinvio a nuovo ruolo per

acquisizione fascicolo d’ufficio in subordine accoglimento del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso proposto innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, I.A., in proprio e quale socio accomandatario della SAS GI Cosmetici, impugnava il provvedimento di diniego di condono, proposto ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12 notificato dall’Agenzia della Entrate per omesso versamento della seconda rata. La Commissione Tributaria Provinciale, con sentenza n. 132/16/10, depositata il 14.10.10, accoglieva il ricorso del contribuente ritenendo il ritardo del pagamento un errore formale. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che veniva respinto. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, svolgendo quattro motivi. La parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Art. 2945 c.c. e art. 99 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4)”, argomentando che la società SAS GI Cosmetici si è estinta nel (OMISSIS), con la conseguente nullità del ricorso proposto dalla stessa.

2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Ufficio censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Art. 101 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4”, illustrando che il condono ex art. 12 riguarda somme già iscritte a ruolo ed è in ogni caso una forma di accertamento di un debito della società SAS GI Cosmetici, che dovrebbe essere contestato, se denegato, anche dal socio T.N. o dai suoi creditori, pena la violazione del litisconsorzio necessario e la conseguente necessità di cassare la sentenza con rinvio al primo grado.

3. Con il terzo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “L. n. 289 del 2002, art. 12 e art. 360 c.p.c., n. 3”. Parte ricorrente sostiene che, secondo l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di legittimità, l’omesso o il ritardato pagamento di una rata di condono inficia la definizione della lite pendente.

4. Con il quarto motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2 (art. 360 c.p.c., n. 3)”, atteso che il giudice di appello ha erroneamente applicato il D.L. n. 143 del 2003.

5. A disparte i rilievi di inammissibilità delle censure, per totale carenza di autosufficienza, il ricorso non è fondato e va rigettato. Va precisato che la controversia viene decisa previa correzione della motivazione della sentenza del giudice del merito, ex art. 384 c.p.c., e con le precisazioni che seguono, in ragione della funzione nomofilattica affidata dall’ordinamento alla Corte di Cassazione, nonchè per i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2. Ciò premesso, in tema di condono fiscale, la L. n. 289 del 2002, art. 12 nel disciplinare una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle spese eventualmente sostenute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate dalla L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16 le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12, non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto, condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successiva alla prima, regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente (Cass. n. 20746 del 2010; Cass. n. 24316 del 2010, Cass. n. 21416 del 2016; Cass. n. 11669 del 2016).

E’ opportuno premettere che emerge dai fatti di causa, che il contribuente aderì al condono, sottoscrivendo nei termini l’atto apposito in data 15.5.2003 e versando contestualmente l’80% delle somme dovute per la definizione pari al 25% degli importi iscritti a ruolo. L’importo residuo pari al 20% del dovuto venne versato tardivamente, quattro giorni dopo il termine previsto del 16.4.2004, originariamente fissato e, pertanto, l’Ufficio aveva rigetto l’istanza di definizione presentata, ritenendola tardiva. Ciò posto, il Collegio osserva che la L. n. 289 del 2002, art. 12, comma 2 come sostituito dal D.L. n. 282 del 2002, art. 5 bisintrodotto dalla Legge di conversione n. 27 del 2003, fissava per il versamento della prima rata (non inferiore all’80% della somma prevista per la definizione dei carichi di ruolo pregressi) il termine del 16 aprile 2003 e per il versamento del residuo il termine del 16 aprile 2004. Il primo di tale termine fu differito, fermo restando il secondo, al 16.5.2003 con il D.L. n. 59 del 2003, art. 1 non convertito. Il successivo D.L. n. 143 del 2003, convertito con la L. n. 212 del 2003, ha poi differito il primo termine dal 16 aprile 2003, al 16 ottobre 2003 (data poi ulteriormente spostata, con il D.L. n. 335 del 2003, convertito con la L. n. 47 del 2004, al 16 aprile 2004) e ha rimesso al Ministero dell’Economia e delle Finanze la rideterminazione del secondo termine. Il D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g) ha prorogato il termine per il pagamento della seconda rata al 18 aprile 2005, stabilendo: “il termine di versamento del residuo importo dovuto ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, comma 2, secondo periodo, e 2-ter relativamente ai soggetti che alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 143 del 2003 ancora non avevano effettuato versamenti utili per la definizione degli adempimenti e degli obblighi tributari di cui al medesimo art. 12″. Va, inoltre, considerato che la legge di conversione del D.L. n. 143 del 2003, nel comma 2 del suo art. unico, fece salvi gli effetti del già menzionato D.L. n. 59 del 2003, non convertito, e, inoltre, stabilì espressamente: ” Sono utili i versamenti… effettuati tra il 17 aprile 2003 ed il 25 giugno 2003, ai fini delle definizioni di cui alla medesima L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 4, artt. 12, 15 e 16 e art. 17, comma 1″.

Ne consegue che il contribuente aveva diritto di avvalersi della riapertura dei termini di versamento recata dal D.M. 8 aprile 2004, art. 1, comma 2, lett. g) emanato in attuazione del D.L. n. 143 del 2003, art. 1, comma 2, e, conseguentemente, il versamento del saldo effettuato quattro giorni dopo il 16.4.2004 ha perfezionato l’adesione del contribuente al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 12 (Cass. n. 13697 del 2013).

6. Sulla base dei rilievi espressi, la Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese, atteso che la parte intimata non ha svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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