Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12251 del 14/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 14/06/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 14/06/2016), n.12251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1974/2015 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

TRIESTE N. 10, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO VISCA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO GRASSO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3407/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato Antonio Grasso difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. D.M.A. convenne in giudizio T.G. davanti al Tribunale di Latina e, sulla premessa di aver locato alla convenuta un immobile ad uso bar pizzeria, chiese la risoluzione del contratto di locazione in quanto la conduttrice aveva maturato una morosità di tredici mesi nel pagamento del canone.

Si costituì la convenuta, contestando la domanda e proponendo domanda riconvenzionale per il rimborso di pretesi miglioramenti da lei eseguiti sull’immobile.

Il Tribunale accolse la domanda principale, rigettò quella riconvenzionale, dichiarò la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice e condannò quest’ultima al rilascio dell’immobile ed al pagamento delle spese di giudizio.

2. La sentenza è stata appellata dalla T. e la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 20 giugno 2014, ha respinto il gravame, nulla disponendo sulle spese attesa la contumacia della D. M..

3. Contro la sentenza d’appello ricorre Giuseppina T. con atto affidato ad un solo motivo.

D.M.A. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato.

5. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione delle norme relative all’interpretazione dei contratti, in particolare gli artt. 1362 e 1371 c.c., soprattutto in relazione alla postilla n. 1 allegata al contratto di locazione.

5.1. Il motivo, quando non inammissibile, è comunque infondato.

La Corte d’appello ha interpretato il contratto in questione e, in relazione alla domanda della T. volta ad ottenere un’indennità per i pretesi miglioramenti, ha stabilito che l’art. 9 del contratto e la postilla 1 dello stesso consentivano sì alla T. l’esecuzione di lavori volti all’attrezzatura del giardino finalizzata all’espletamento della propria attività commerciale, purchè però fosse mantenuta la destinazione dell’area a giardino.

Nella specie, al contrario, la conduttrice aveva realizzato due nuovi corpi di fabbrica di notevoli dimensioni, costituenti un ampliamento edilizio certamente non consentito alla luce della invocata postilla.

A fronte di siffatta motivazione, la ricorrente invoca genericamente la lesione dei criteri di interpretazione dei contratti, nella sostanza sollecitando questa Corte ad una nuova e diversa interpretazione del contratto intercorso fra le parti, attività viceversa spettante al giudice di merito e certamente preclusa in sede di legittimità.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta CIVILE – 3, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2016

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