Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12249 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 10/05/2021), n.12249

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. R.G. 13856/2013, proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

V.F.

– intimato –

Avverso la sentenza n. 22/63/2013 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, depositata

il 05/02/2013 e non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 4 novembre

2020 dal Consigliere Rosita D’Angiolella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Commissione Tributaria regionale della Lombardia (di seguito, per brevità, CTR), riformando integralmente la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano, accoglieva l’appello proposto da V.F., contro dell’Agenzia delle entrate, avverso l’avviso di accertamento con cui venivano determinati maggiori ricavi per l’anno 2004, sulla base dei cd. studi di settore.

La CTR, con la pronuncia in epigrafe, accoglieva il gravame considerando che “l’accertamento fondato esclusivamente sullo studio di settore è, da solo, insufficiente a dare fondamento alla pretesa impositiva” e che, in base alla ratio della normativa in materia, l’onere probatorio grava sull’Ufficio, “salvo ovviamente a circostanza che durante il contraddittorio non emergano circostanze concrete di presunta evasione derivanti da documenti o dichiarazioni delle parti”.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe, affidandosi ad un unico motivo.

V.F. è rimasto intimato nonostante la ritualità e la tempestività della notifica del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

L’Agenzia delle entrate, con un unico motivo di ricorso, denuncia la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.L. n. 331 del 1991, artt. 62 bis e 62 sexies, della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, per non aver la CTR considerato che per effetto ed in esito del contraddittorio endoprocedimentale instaurato con il contribuente, le presunzioni su cui si basano gli studi di settore acquistano il carattere della gravità, precisione e concordanza, tali da giustificare, in mancanza di prova contraria, la pretesa impositiva.

Il ricorso è fondato.

Secondo l’orientamento consolidato di questa Corte (Sez. U., Sentenza n. 26635 del 18/12/2009, Rv. 610691-01) il procedimento di accertamento standardizzato si caratterizza per l’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, determinando il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell’elaborazione statistica), alla fase dinamica dell’accertamento (l’applicazione degli standard al singolo destinatario dell’attività accertativa).

In tal senso, si è ritenuto che (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 14288 del 13/07/2016, Rv. 640541-01; Sez. 5, Sentenza n. 10242 del 26/04/2017, Rv. 643929-01; Sez. 5, Ordinanza n. 769 del 15/01/2019, Rv. 652188-01), “i parametri o studi di settore previsti della L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e 187, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quanto eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973”, ex art. 39, comma 1, lett. d), fermo restando l’onere per il contribuente di “allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento”.

E’ stato considerato che “la determinazione del reddito mediante l’applicazione degli studi di settore, a seguito dell’instaurazione del contraddittorio con il contribuente, è idonea a integrare presunzioni legali che sono, anche da sole, sufficienti ad assicurare un valido fondamento all’accertamento tributario, ferma restando la possibilità, per il contribuente che vi è sottoposto, di fornire la prova contraria, nella fase amministrativa e anche in sede contenziosa” (così, Sez. 5, Ordinanza n. 23252 del 18/09/2019).

Il metodo di accertamento in questione ha d’altronde superato il vaglio della giurisprudenza unionale, la quale ha stabilito che la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, nonchè i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che consenta all’Amministrazione finanziaria, a fronte di gravi divergenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore, di ricorrere ad un metodo induttivo, basato sugli studi di settore stessi, al fine di accertare il volume d’affari realizzato dal contribuente e procedere, di conseguenza, a rettifica fiscale, a condizione che tale normativa e la sua applicazione permettano al contribuente stesso, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale, di proporzionalità nonchè del diritto di difesa, di contestare, sulla base di tutte le prove contrarie di cui disponga, le risultanze derivanti da tale metodo e di esercitare il proprio diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi delle disposizioni contenute nel titolo X Dir. 2006/112, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v. CGUE 21/11/2018, causa C648/16, Fontana; su tali principi, cfr. Sez. 5, 29/03/2019, n. 8854; 22/05/2019, n. 13769 e 18/09/2019, n. 23252).

Alla luce di tali principi, al fine di superare la presunzione di reddito determinata dalla procedura standardizzata, è onere del contribuente dimostrare, attraverso informazioni ricavabili da fonti di prova acquisite al processo con qualsiasi mezzo, la sussistenza di circostanze di fatto tali da far discostare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento e giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale in virtù di detta procedura.

La sentenza impugnata non ha fatto retta applicazione di tali principi escludendo in radice la valenza indiziaria degli studi di settore e ignorando del tutto l’onere gravante sul contribuente di dimostrare il conseguimento di minori ricavi per vincere la presunzione di cui all’art. 2729 e ss. c.c. Anche l’affermazione contenuta nella motivazione della sentenza (pag. 2, primo cpv.) secondo cui “l’applicazione della percentuale di ricarico è del tutto slegata da elementi reali, essendo pure quella una media aritmetica tra un minimo ed un massimo statisticamente rilevati, con nessuna connessione con la realtà economica del contribuente”, è errata, considerato che anche la percentuale di ricarico è parte degli studi di settore di cui segue le regole applicative di cui si è innanzi detto.

La sentenza impugnata va, dunque, cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi innanzi esposti.

Il giudice di rinvio è tenuto provvedere anche in ordine alle spese dl presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese dl presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione Civile, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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