Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12248 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 850-2019 proposto da:

G.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA

MARIA BRUNA LATORRE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 311/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 18/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Potenza, con sentenza n. 311/2018, depositata il 18/5/2018, ha respinto il gravame di G.B., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del Tribunale, che, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, aveva respinto la richiesta dello straniero di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, in quanto svolgeva il lavoro di sarto ed aveva iniziato ad avere problemi gli occhi, per la cui cura erano necessarie cure), pur credibile, non integrava i presupposti di legge per il riconoscimento dello status di rifugiato o per la protezione sussidiaria, in relazione alla quale, peraltro, il motivo di appello difettava di specificità in relazione alle ragioni di rigetto espresse dal Tribunale; non ricorrevano le condizioni per la concessione del permesso per ragioni umanitarie, non emergendo ragioni di particolare vulnerabilità dello straniero, difettando il motivo appello della necessaria specificità a fronte delle ragioni di rigetto espresse dal giudice di primo grado.

Avverso la suddetta sentenza, G.B. propone ricorso per cassazione, notificato il 18/12/2018, a mezzo PEC, affidato ad unico motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno (che non svolge attività difensiva).

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 342,434 c.p.c. e art. 702 quater c.p.c., in relazione alla ritenuta carenza di specificità del gravame, nonchè del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e art. 111 Cost., per avere il giudice d’appello limitato, nel vagliare le doglianze mosse nell’atto di appello, in relazione al rigetto della richiesta di protezione sussidiaria, anche D.Lgs. n. 217 del 2007, ex art. 14, lett. c), l’istruttoria a quella espletata in primo grado, e degli artt. 2 e 132 Cost., per mancata valutazione dei presupposti per la chiesta protezione per ragioni umanitarie.

2. La plurima unica censura è inammissibile.

Invero, a fronte del rigetto dell’appello, motivato dalla Corte d’appello, in primis, con l’inammissibilità del gravame per difetto di specifici motivi di doglianza in rapporto alle parti della decisione di primo grado impugnata, il ricorrente si è limitato a dedurre, del tutto genericamente, che sarebbe mancata in appello un’adeguata istruttoria sulla situazione generale del Gambia, ai fini della chiesta protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), di forte instabilità politica e di insicurezza sociale, e che, ai fini della protezione umanitaria, non sarebbe stata vagliata la ragione di vulnerabilità soggettiva dedotta, vale a dire essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine per lo stato di indigenza in cui versava e perchè necessitava di cure, essendo affetto da una patologia agli occhi, come certificato dall’Ospedale di (OMISSIS).

Ora, il ricorrente svolge soltanto generiche doglianze, anzitutto, non consentendo a questo giudice di legittimità di vagliare la doglianza in ordine alla carenza di specificità dei motivi di gravame, operata dalla Corte di merito.

Il ricorrente si limita a dedurre di avere articolato due motivi di gravame: “a – errata valutazione della situazione attuale in Gambia; b – errata valutazione della vicenda personale dell’appellante”.

Questa Corte (Cass. 23834/2019; Cass. 11738/2016) ha chiarito che “in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell'”iter” processuale senza compiere generali verifiche degli atti”.

Con riguardo alla protezione sussidiaria, poi, in rapporto all’onere di allegazione in appello, questa Corte (Cass. 13403/2019) ha chiarito che “in tema di protezione internazionale sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel Paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla S.C. anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi” (nella specie, il ricorrente si era limitato, per sostenere l’esistenza nell’intera Nigeria di una situazione di violenza generalizzata, a richiamare le norme nazionali e convenzionali, i principi affermati nella materia dalla S.C. ed una pluralità di fonti informative – sito Amnesty International, report (OMISSIS), note del Ministero degli Affari Esteri – senza specificare la zona di provenienza nè segnalare i contenuti delle allegazioni svolte in primo grado).

La censura risulta sul punto del tutto generica, in quanto, senza allegare fonti ufficiali, il ricorrente si limita a lamentare la mancata valutazione dello stato del Gambia, “di complicata transizione – per il passaggio da un regime – dittatoriale – ad un ordinamento di tipo democratico”.

Ma la doglianza si rivela generica anche in rapporto al rigetto della richiesta di protezione umanitaria.

La Corte d’appello, pur prendendo in esame le doglianze mosse dal richiedente-appellante, ha confermato la valutazione operata, sul punto, dal Tribunale, che aveva ritenuto insussistenti “stati patologici di rilievo”, stante il difetto di specificità del motivo di gravame.

Vero che, in materia di concessione della protezione umanitaria, il giudice deve valutare il grave pregiudizio alla salute che può derivare al richiedente in caso di rientro nel Paese di origine, quando egli sia un soggetto vulnerabile, tra questi rientrando, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 11, lett. h-bis, anche le persone affette da gravi malattie o da disturbi mentali (Cass. 18541/2019; nella specie, la Corte ha cassato con rinvio perchè il Tribunale non aveva valutato il rischio di danno alla salute del ricorrente, cittadino ghanese affetto da depressione cronicizzata, nel caso di rientro nel Paese di origine, nè aveva accertato se la terapia farmacologica e psicologica necessaria potesse essergli somministrata nel paese di origine).

Ma, il ricorrente non chiarisce, neppure in questa sede di legittimità, quale sarebbe la grave patologia di cui egli è affetto e se essa in effetti non possa essere adeguatamente curata in Gambia.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso.

Non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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