Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12248 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 19/05/2010), n.12248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito A. – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e

domiciliata presso la sua sede in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

ABROND HOUSE coop. a r.l.;

– intimate –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 227/29/06, depositata il 5 luglio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19

gennaio 2010 dal Relatore Cons. Antonio Greco;

Udita l’avvocato dello Stato Guida Letizia per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il (OMISSIS) Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma, sulla base di un pubblico verbale di constatazione della Guardia di finanza del 25 settembre 1996, notificava alla Abrond House, società cooperativa a r.l., due avvisi di accertamento con i quali venivano rettificate le dichiarazioni IRPEG e ILOR presentate dalla società per gli anni 1991 e 1992, recuperando a tassazione costi relativi ad operazioni, concernenti servizi redazionali resi per la realizzazione di una rivista, ritenute inesistenti.

La Commissione tributaria provinciale di Roma, riuniti i ricorsi proposti dalla contribuente, li accoglieva, ritenendo comprovate le operazioni sulla base della documentazione prodotta, idonea a dimostrare l’effettività dei servizi contestati, che perciò giustificavano i pagamenti di corrispettivi.

La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza in epigrafe, adita in appello dall’Agenzia delle entrate, ufficio di Roma (OMISSIS), “prescindendo da ogni considerazione di merito in ordine alla vicenda”, riteneva il gravame inammissibile e lo rigettava, in quanto, “sia pure ai fini di imposte diverse, per talune annualità (1993 e 1994) successive a quelle in esame (1991 e 1992), e addirittura per uno stesso dei periodi d’imposta oggetto del presente giudizio, erano intervenute tra le medesime parti, per il medesimo oggetto e in ordine a identiche contestazioni, sentenze passate in giudicato che avevano accolto le eccezioni della società, annullando i relativi atti di accertamento”. E ciò prendendo atto “dei giudicati già intervenuti, fondati sulle medesime prospettazioni ed eccezioni formulate dalla società in occasione del presente giudizio”, in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza 10 aprile 2001, n. 8658.

Nei confronti della decisione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La società contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’ari. 2909 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, osserva che, essendo i tributi oggetto di contestazione nel presente giudizio differenti da quelli cui si riferivano le sentenze favorevoli alla contribuente e passate in giudicato, la Commissione tributaria regionale, lungi dal potere dichiarare inammissibile l’appello ai sensi e per gli effetti dell’art. 2909 cod. civ., avrebbe dovuto procedere alla valutazione della fondatezza delle doglianze formulate dall’amministrazione avverso la decisione di prime cure. Alle sentenze, passate in giudicato, che abbiano deciso sulla legittimità dell’avviso di accertamento emesso ai fini dell’iva, non potrebbe quindi attribuirsi efficacia di res iudicata nella controversia, instaurata fra contribuente ed amministrazione finanziaria, con riguardo all’avviso di accertamento, emesso ai fini IRPEG e ILOR in relazione al medesimo ovvero a diversi periodi d’imposta, sicchè sarebbe illegittima la sentenza che dichiari in tale situazione inammissibile l’appello dell’ufficio.

Col secondo motivo, denunciando “insufficiente motivazione e contraddittoria motivazione in relazione ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Art. 360 c.p.c., n. 5”, rileva che tra le decisioni favorevoli al contribuente e costituenti giudicato per il giudice d’appello, ve ne sarebbe una, relativa all’IRPEG per il 1994, favorevole, invece, all’amministrazione, quella della Commissione tributaria provinciale di Roma, n. 2/51/05, indicata, nella relazione prodotta da essa amministrazione nel giudizio d’appello come “favorevole all’Ufficio”, e trascritta nel ricorso per cassazione.

Censura perciò la sentenza impugnata in quanto, in relazione al fatto dell’esistenza di un giudicato tra le parti – idoneo ex se a definire il giudizio – controverso (attesa l’esistenza di sentenze favorevoli tanto all’amministrazione finanziaria quanto al contribuente) e decisivo, attesa la dichiarazione di improcedibilità del gravame, avrebbe omesso di indicare il motivo per cui, pur dovendo decidere in relazione ad una controversia relativa alla legittimità di un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette, ha ritenuto che l’esistenza di un giudicato, favorevole al contribuente e formatosi in relazione all’IVA, determinasse, nonostante la contestuale presenza di un giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria in relazione alle imposte dirette, l’improcedibilità del gravame proposto dall’ufficio.

Il ricorso è fondato, ove si consideri che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “in materia tributaria, la sentenza pronunciata in riferimento ad una determinata imposta, ancorchè fondata sui medesimi fatti rilevanti ai fini dell’applicazione di un’imposta diversa, non spiega efficacia preclusiva nel giudizio avente ad oggetto quest’ultima imposta, essendosi formata mediante l’applicazione di norme giuridiche diverse da quelle sotto le quali deve aver luogo la sussunzione della fattispecie controversa” (Cass. n. 8773 del 2008). Si è in particolare affermato che “nel giudizio in materia di accertamento dell’IRPEG e dell’ILOR dovute da un’impresa (nella specie, in relazione all’emissione di fatture per operazioni di sponsorizzazione ritenute inesistenti), non assume rilevata preclusiva il giudicato esterno formatosi in controversie, aventi ad oggetto l’impugnazione di avvisi di rettifica IVA “fondati sul medesimo presupposto”, definite in primo grado nel senso dell’infondatezza della contestazione del fisco. Ciò in quanto tali ultimi giudizi hanno inciso su un rapporto giuridico diverso sia dal punto di vista oggettivo, perchè concernente una differente obbligazione tributaria, che dal punto di vista soggettivo, essendo diverso, nell’assetto normativo del tempo, l’ufficio finanziario preposto al relativo accertamento” (Cass. n. 5943 del 2007); ed, ancora, che “il giudicato, formatosi in materia di tributi diretti, non è preclusivo delle questioni concernenti il diverso rapporto giuridico d’imposta in tema di IVA, anche se relativo alla stessa annualità e scaturente dalla medesima indagine di fatto” (Cass. n. 25200 del 2009).

Il giudice d’appello è dunque incorso nell’errore di diritto denunciato per aver accolto l’eccezione di giudicato, affermando che questo può estendersi a giudizi aventi ad oggetto imposte diverse ed annualità differenti, senza alcun approfondimento circa gli specifici contenuti delle statuizioni divenute irrevocabili, il che vale a ritenere fondato anche il secondo motivo del ricorso, con il quale si denuncia il vizio di motivazione.

Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza va cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procederà ad un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi sopra enunciati, oltre a disporre in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

 

 

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