Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12247 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 10/05/2021), n.12247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 15514 del ruolo generale dell’anno 2017

proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi,

n. 12;

– ricorrente –

contro

Centro Assistenza Doganale (CAD) Italia s.r.l., in liquidazione, in

persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, per

procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti Cristina

Zunino, Valentina Picco e Maria Antonelli, elettivamente domiciliata

in Roma, Piazza Gondar, n. 22, presso lo studio di quest’ultimo

difensore;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria, n. 1801/3/16, depositata il giorno 23

dicembre 2016;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 dicembre 2020

dal Consigliere Giancarlo Triscari;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore

generale Dott. Giacalone Giovanni, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito per l’Agenzia delle dogane l’Avvocato dello Stato Barbara

Tidore.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dall’esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: Centro Assistenza Doganale (CAD) Italia s.r.l., quale rappresentante indiretto, aveva svolto nell’anno 2006, per conto di Alioto Group s.r.l., delle operazioni di importazione di cavi di acciaio acquistate da una società sudcoreana; l’Agenzia delle dogane aveva disconosciuto l’origine coreana delle merci, considerandola prodotta in Cina, sulla base di una informativa dell’OLAF da cui si evinceva che la società esportatrice importava, a propria volta, i cavi di acciaio dalla Cina, sicchè aveva proceduto alla rettifica dell’accertamento richiedendo il pagamento del dazio antidumping; successivamente, l’amministrazione doganale aveva, altresì, notificato a Alioto Group e Cad Italia s.r.l., i conseguenti atti di irrogazione delle sanzioni, che erano stati impugnati con separati ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di La Spezia che, con separate sentenze, li aveva accolti; avverso le pronunce del giudice di primo grado l’Agenzia delle dogane aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Liguria ha rigettato gli appelli, in particolare ha ritenuto che i provvedimenti impositivi erano stati notificati unitamente ai provvedimenti di rettifica delle dichiarazioni doganali, sicchè nessun contraddittorio si era instaurato, in violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso dinanzi a questa Corte l’Agenzia delle dogane affidato a quattro motivi di censura, cui resiste la società contribuente depositando controricorso, illustrato con successiva memoria.

Con ordinanza del 15 luglio 2020 questa Corte ha disposto il rinvio della causa a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza al fine di definire, nel contraddittorio delle parti, la questione della formazione del giudicato interno favorevole alla società.

Cad Italia s.r.l., in liquidazione, ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Deve preliminarmente osservarsi, in relazione a quanto esposto dalla controricorrente nella memoria del 22 luglio 2019, che non risultano definiti, allo stato, i ricorsi relativi agli atti prodromici agli atti di irrogazione delle sanzioni di cui al presente giudizio, sicchè nessuna questione di giudicato esterno può essere prospettata in questa sede.

Nè può assumere rilievo la circostanza, evidenziata già nel controricorso, ulteriormente ribadita nelle successive memorie, che la sentenza oggetto del presente giudizio, emessa anche nei confronti del coobbligato solidale Alioto Group s.r.l., non sarebbe stata oggetto di impugnazione nei confronti del suddetto obbligato solidale, con conseguente formazione, secondo l’assunto di parte controricorrente, del giudicato interno favorevole alla ricorrente.

Questa Corte (Cass. civ., 12 febbraio 2016, n. 2854) ha precisato che, nel caso in cui la controversia ha riguardo a cause scindibili (quale quella in esame, in cui la pretesa è stata fatta valere nei confronti della ricorrente a titolo di responsabilità solidale con l’importatrice Alioto Group s.r.l.) “l’obbligazione solidale passiva non comporta, sul plano processuale, l’inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, il quale può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati (…). Infatti, la decisione sull’impugnazione riguardo ad ognuno dei rapporti processuali tra l’attore e ciascuno dei convenuti può condurre, in difetto di impugnazione, alla formazione della cosa giudicata sostanziale quanto alle questioni decise dal giudice di appello e suscettibili di acquisire quel valore, limitatamente al rapporto nel cui ambito la questione è stata decisa e, quindi, tra l’attore ed il convenuto cui quel rapporto si riferisce”.

Ancora, è stato altresì affermato (Cass. civ., 19 maggio 2020, n. 9194) che, in tema di obbligazioni solidali passive, proprio in ragione della scindibilità delle cause e quindi della scissione del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, “se uno solo di essi propone impugnazione (o questa sia formulata nei confronti di uno soltanto) il giudizio può proseguire senza dovere integrare il contraddittorio nei confronti degli altri, non ricorrendo una delle ipotesi previste dall’art. 331 c.p.c.”.

Del resto, il fatto che, in caso di cause scindibili e di mancata impugnazione nei confronti dell’obbligato solidale che ha preso parte al giudizio, non si formi il giudicato interno in favore dell’altro obbligato solidale, è confermato dalla previsione di cui all’art. 332 c.p.c., che prevede una mera litis denuntiatio nei confronti dell’obbligato solidale al quale non è stata notificata l’impugnazione, che ha lo scopo di avvertirlo, avendo partecipato al giudizio, della necessità di proporre eventuali impugnazioni, che non siano già precluse o escluse nel processo instaurato con l’impugnazione principale, con la conseguenza che, in tal caso, superata la fase di originaria stasi processuale fino a che non siano decorsi i termini di cui all’art. 325 c.p.c. e all’art. 327 c.p.c., comma 1, il processo può utilmente proseguire nei confronti del solo obbligato solidale nei cui confronti è stata proposta l’impugnazione, il che comporta che questi non possa far valere alcun giudicato interno in conseguenza della mancata impugnazione nei confronti dell’altro obbligato solidale.

Va poi precisato che non può trovare applicazione al caso di specie la regola dell’art. 1306 c.c., comma 2, in base alla quale i condebitori in solido hanno facoltà di opporre al creditore la sentenza pronunciata tra questi ed uno degli altri condebitori, in quanto la stessa trova applicazione soltanto nel caso in cui la sentenza suddetta sia stata resa in un giudizio cui non abbiano partecipato i condebitori che intendano opporla, mentre, nel caso, come quello di specie, in cui la controricorrente è stata parte del giudizio, la circostanza che la ricorrente non abbia ritenuto di proporre ricorso nei confronti della coobbligata non comporta, attesa la scindibilità delle cause, il formarsi del giudicato favorevole alla contro ricorrente.

Ciò precisato, per questione di ordine logico-sistematico, si rende necessario esaminare in via prioritaria il quarto motivo di ricorso, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c..

In particolare, parte ricorrente lamenta che il giudice del gravame, pur avendo consapevolezza del fatto che il contenzioso in esame, avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di irrogazione delle sanzioni, era correlato al giudizio, ancora pendente, relativo alla pretesa erariale di cui agli avvisi di accertamento e rettifica, ha comunque ritenuto di potere decidere la controversia, piuttosto che sospendere il giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c..

Il motivo è fondato.

Va in proposito richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui “la sospensione necessaria del processo, di cui all’art. 295 c.p.c., è applicabile anche al processo tributario, qualora risultino pendenti, davanti a giudici diversi, procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità, tale che la definizione dell’uno costituisca indispensabile presupposto logico-giuridico dell’altro, nel senso che l’accertamento dell’antecedente venga postulato con effetto di giudicato, in modo che possa astrattamente configurarsi l’ipotesi di conflitto di giudicati” (Cass., Sez. Un. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. civ., 14 maggio 2014, n. 10501; Cass. civ., 5 novembre 2015, n. 22673).

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno al riguardo chiarito che, fuori dai casi in cui sia espressamente disposto che un giudizio debba rimanere sospeso sino a che un altro da cui dipenda sia definito con decisione passata in giudicato (come ad esempio nel caso previsto dall’art. 75 c.p.c., comma 3), quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato è possibile solo ai sensi dell’art. 337 c.p.c., ossia quando sia impugnata la sentenza la cui autorità è stata invocata in un diverso processo (Cass., sez. un., sent. n. 10027 e n. 21348 del 2012; conf. Cass., sent. n. 13473 del 2014 e ord. n. 21505 del 2013).

Peraltro, è stato ritenuto (Cass. civ., n. 2901/2013) che quando tra due o più sentenze sussista un vincolo di consequenzialità e pregiudizialità e non è possibile realizzare il simultaneus processus, ai sensi dell’art. 274 c.p.c., il giudice deve utilizzare l’istituto della sospensione necessaria, disciplinato dall’art. 295 c.p.c., per evitare il rischio del conflitto di giudicati ed è stato, altresì, precisato, in particolare, che va sospesa la causa accessoria quando si discuta del rapporto tra illecito e sanzioni in cui la decisione della causa accessoria (sulla irrogazione della sanzione) dipende dall’esito della causa principale (sulla sussistenza del fatto illecito), dato che l’accertamento negativo della violazione esclude la possibilità di applicare la sanzione (mentre l’accertamento positivo non comporta automaticamente la legittimità della applicazione della sanzione, che può essere esclusa per carenza di imputabilità o di colpevolezza, ovvero per la presenza di cause di non punibilità).

Nella fattispecie, il giudice del gravame ha espressamente dato atto della circostanza che Alioto Group s.r.l. e Cad Italia s.r.l. avevano impugnato gli avvisi di accertamento e questi erano stati accolti, con conseguente annullamento della pretesa impositiva, sicchè andava ravvisato il rapporto di pregiudizialità tra la presente causa e quella relativa agli atti prodromici, con la conseguenza che il giudicante avrebbe dovuto sospendere la pronunzia sulla questione pregiudicata, relativa alla sanzione, in attesa che fosse passata in giudicato la pronunzia relativa alla questione pregiudicante.

Non corretta è la considerazione della controricorrente in ordine alla circostanza che il giudice di appello avrebbe annullato gli atti di irrogazione delle sanzioni valutando autonomamente un motivo di nullità dei provvedimenti impugnati.

In realtà, la decisione del giudice del gravame si fonda sulla circostanza che i provvedimenti impositivi erano stati notificati unitamente ai provvedimenti di rettifica delle dichiarazioni doganali ed aveva quindi ravvisato la violazione del contraddittorio dell’intero procedimento finalizzato all’adozione anche degli atti prodromici.

Questa lettura della decisione del giudice del gravame, peraltro, trova conferma nella stessa affermazione di parte ricorrente (pag. 9, penultimo periodo) secondo cui il ricorso era stato proposto contestando la violazione del contraddittorio proprio con riferimento ai provvedimenti impositivi prodromici alle sanzioni oggetto del presente giudizio che per tale ragione dirimente e prioritaria sono illegittimi, con il conseguente venire meno del presupposto oggettivo dei provvedimenti sanzionatori de quibus.

Pertanto, la statuizione del giudice del gravame non ha avuto ad oggetto vizi propri degli atti sanzionatori, di per sè autonomamente valutabili, ma ragioni di contestazione direttamente correlate alla legittimità degli atti prodromici.

Sulla base di tali considerazioni, va accolto il quarto motivo di ricorso, con assorbimento degli altri, in particolare: del primo motivo, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione o falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19; del secondo, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12; del terzo, con il quale si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Liguria, per nuovo esame, anche relativamente alle questioni riproposte in questa sede dalla controricorrente e rimaste assorbite nonchè per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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