Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12244 del 23/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 23/06/2020), n.12244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24763-2018 proposto da:

S.K., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARCO ESPOSITO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 593/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 05/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA

IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano, con sentenza n. 593/2018, depositata il 5/2/2018, ha respinto il gravame di S.K., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del Tribunale, che, a seguito di diniego della competente Commissione territoriale, aveva respinto la richiesta dello straniero di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ed umanitaria.

In particolare, i giudici d’appello hanno rilevato che: la vicenda personale narrata dal medesimo (essere stato costretto a lasciare il Paese d’origine, in quanto temeva di essere ucciso da una setta segreta cui apparteneva un zio paterno, il quale era entrato in conflitto con lui a causa di un terreno ricevuto in eredità dal di lui padre), quand’anche credibile, non integrava i presupposti di legge per il riconoscimento dello status di rifugiato, essendo stata dedotta una situazione meramente privatistica o famigliare e non essendo stata allegata e provata una omessa protezione statuale a fronte delle predette persecuzioni; la regione di provenienza del richiedente (il Sud della Nigeria) non era interessata da una situazione di violenza indiscriminata, ai fini della chiesta protezione sussidiaria, come evincibile dai Report annuali di (OMISSIS), Amnesty International, (OMISSIS) 2017; non ricorrevano i presupposti per la protezione umanitaria, in difetto di sufficiente allegazione di una effettiva situazione di vulnerabilità oggettiva o soggettiva (provenendo, anzi, il richiedente dal (OMISSIS) in Nigeria, ove egli aveva ancora dei famigliari) e di particolare integrazione in Italia.

Avverso la suddetta sentenza, S.K. propone ricorso per cassazione, notificato il 24/08/2018, a mezzo PEC, affidato ad un unico plurimo motivo, nei confronti del Ministero dell’Interno (che resiste con controricorso),

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente lamenta, con l’unico articolato motivo, sia la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14, in relazione al rigetto della richiesta di protezione sussidiaria fondata sulla situazione di instabilità e di insicurezza in Nigeria, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al rigetto della richiesta di protezione umanitaria, sia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatto decisivo ovvero la mancanza di motivazione, in relazione al rigetto della richiesta di protezione umanitaria.

2. La censura è inammissibile.

In rapporto alla richiesta di protezione sussidiaria, la Corte d’appello ha ritenuto non adeguatamente assolto dal richiedente l’onere necessario di collaborazione.

Ora, come è noto, questa Corte si è espressa nel senso di ritenere che in materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, (così, tra le tante, la pronuncia 15794/2019).

Il ricorrente non censura efficacemente tale statuizione, limitandosi a lamentare il mancato necessario vaglio delle gravi carenze del sistema giudiziario nigeriano e della carcerazione diffusa in detto Paese e che la situazione del (OMISSIS), “secondo i più recenti rapporti internazionali” sarebbe diversa da quella motivatamente vagliata dalla Corte di merito.

In merito poi alla protezione umanitaria, la Corte d’appello ha espresso una motivazione, avendo ritenuto insussistenti ragioni di vulnerabilità personali, stante l’inidoneità del racconto, privo delle necessarie allegazioni fattuali, e non documentato il processo di integrazione avviato in Italia.

Il ricorrente si limita del tutto genericamente a dire che non sarebbe stata effettuata una comparazione tra la situazione di vulnerabilità nel Paese d’origine e le condizioni di integrazione raggiunte in Italia.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2020

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