Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12244 del 19/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 19/05/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 19/05/2010), n.12244

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

la Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena, con sede in (OMISSIS)

al

Corso (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla Via Nicolò Porpora

n. 9 presso l’avv. GIONTELLA Marco che la rappresenta e difende in

virtù della procura speciale autenticata dal notaio Pistocchi in

data 13 ottobre 2006;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 75/06/05 depositata il primo luglio 2005 dalla

Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE:

letto il ricorso notificato alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena con il quale l’AGENZIA delle ENTRATE premesso che l’intimata aveva presentato istanza di rimborso dell’IRPEG “asseritamente” versata in eccedenza per l’anno 1999 per avere applicato l’aliquota del 37% in luogo di quella del 18,5% “prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6” -, in forza di due motivi, chiede di cassare la sentenza n. 75/06/05 della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna (depositata il primo luglio 2005) – che ha respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (5/01/03) della Commissione Tributaria Provinciale di Forlì la quale ha accolto il ricorso proposto dalla Fondazione avverso il silenzio rifiuto formatosi su detta istanza – denunziando:

(1) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, art. 12 disp. gen.; falsa applicazione del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 1, nonchè omessa motivazione, sull’assunto che le Fondazioni bancarie non possono “beneficiare delle agevolazioni previste dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6” perchè: (a) “nessuna rilevanza può essere attribuita all’assenza del carattere lucrativo dall’attività della Fondazione” atteso che “la mancanza” di tal “fine … deve intendersi riferita agli “istituti di istruzione”, “di studio” e “di sperimentazione”, e non pure alle fondazioni … che, insieme a corpi scientifici, accademie e associazioni (…) sono state individuate dalla legge attraverso la comune caratteristica degli “scopi esclusivamente culturali” perseguiti dai detti soggetti”; (b) “nella sentenza di merito risulta del tutto omessa ogni indagine e motivazione sui fini propri della Fondazione quali risultanti a seguito dello scorporo dell’attività creditizia attuato ai sensi della L. n. 218 del 1990 e del D.Lgs. n. 356 del 1990”, per cui “ha finito con l’assumere valenza decisiva … la circostanza, … decisiva in senso inverso, che, a termini dello Statuto, la Fondazione persegue fini di interesse sociale solo “prevalentemente” in settori di interesse pubblico e di utilità sociali” nei quali “la preminenza (o prevalenza) di detti scopi non ne esclude altri di diversa natura ed in diversi settori, ed anzi li presuppone”; (c) “il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 5, seconda parte, lett. b), nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5, comma 2, lett. b), tra le attività per le quali possa escludersi la natura commerciale indica il possesso di partecipazioni o di quote sociali o di obbligazioni o di altri titoli similari non strumentale nè accessorio ad altre attività esercitate, lasciando chiaramente intendere che il possesso di detti beni … costituisce attività commerciale”; (d) lo “ius superveniens” costituito dal D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, comma 2, (il quale prevede “espressamente che alle Fondazioni bancarie sia applicabile … l’agevolazione fiscale disciplinata dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6”) attribuisce “credito ulteriore alla tesi … della non applicabilità, alle Fondazioni bancarie, dell’art. 6 cit.” in quanto “costituisce elemento decisivo ed ineluttabile per affermare … che in precedenza il beneficio de quo non era riconosciuto … agli enti conferenti di società bancarie”;

(2) violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 88 Trattato CE perchè, come rilevato nell’ordinanza n. 8319 del 26 aprile 2004 di questa Corte, “la natura di operatori commerciali propria delle Fondazioni bancarie comporta che il riconoscimento ad esse dell’agevolazione in discussione verrebbe a costituire un aiuto di Stato vietato” dalle citate norme comunitarie;

letto il controricorso con cui la Fondazione ha chiesto il rigetto dell’avversa impugnazione;

lette le conclusioni del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Antonio MARTONE, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso per sua manifesta fondatezza;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 dicembre 2009 dal Cons. Dr. Michele D’ALONZO. RITENUTO:

il ricorso delle amministrazioni pubbliche manifestamente fondato ai sensi dell’art. 375 c.p.c., atteso che sia le affermazioni della sentenza impugnata – secondo le quali (a) il “nesso di strumentante” esistente tra “le attività di gestione e di amministrazione della partecipazione nella conferitaria” (“prodromiche al raggiungimento delle finalità primarie”: “istruzione, arte, sanità, ricerca scientifica, assistenza e beneficenza”) e gli “scopi sociali che le Fondazioni bancarie sono chiamate a perseguire D.Lgs. n. 356 del 1990, ex art. 12, comma 1, lett. a)” costituisce “chiaro indizio della natura non commercia le degli enti in parola” e “conferma l’appartenenza delle Fondazioni ad una delle categorie elencate nel D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, comma 1, e, in quanto tali, le rende meritevoli del beneficio fiscale de quo” e (b) “la disposizione di cui al D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12” non può essere considerata “ostativa al riconoscimento del beneficio” perchè la “individuazione di un periodo transitorio durante il quale le Fondazioni possono fruire della agevolazione … pur mantenendo le partecipazioni bancarie … non autorizza a ritenere che il legislatore abbia concesso la natura di ente non commerciale alle Fondazioni … solo per detto periodo transitorio bensì che gli enti in questione, già non commerciali, lo sarebbero stati anche nel periodo transitorio ed anche successivamente, a condizione che, nello stesso periodo, avessero dimesso le partecipazioni, pena la perdita ex nunc della natura “non commerciale” – che le (più argomentate, ma sostanzialmente conformi) motivazioni opposte della contribuente (la quale nulla ha osservato a contrasto della richiesta del pubblico ministero, di trattazione della controversia in camera di consiglio, fondata sulla manifesta fondatezza del ricorso) si rivelano erronee perchè contrastanti con gli univoci principi – affermati dalle sezioni unite di questa Corte con la decisione 22 gennaio 2009 n. 1576 (coerentemente alla precedente statuizione 29 dicembre 2006 n. 27619 delle stesse sezioni unite, seguita da Cass., trib.: 21 marzo 2007 n. 5740; 30 marzo 2007 n. 7883; 2007 n. 10253; 4 maggio 2007 n. 10258; 11 giugno 2007 n. 13559; 18 giugno 2007 nn. 14087-14090), accolti e ribaditi nelle successive decisioni 25738 e 26883 depositate da questa sezione rispettivamente il 9 dicembre 2009 ed il 21 dicembre 2009 -, per i quali:

– gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie (cd.

Fondazioni), quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale aventi, scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell’aliquota sull’IRPEG;

– la predetta disciplina agevolativa non trova applicazione agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, poichè la sua ratio va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme;

– la successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12, ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 87, comma 1, lett. c), non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti;

ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 cod. civ., di aver in concreto svolto un’ attività, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni.

CONSIDERATO CHE:

– L’applicazione al caso di tali univoci principi impone di cassare la sentenza impugnata:

(1) perchè, come detto, il compito che il legislatore ha assegnato alle Fondazioni bancarie (enti conferenti) non appare compatibile, in via generale, con quelli propri degli enti a fiscalità privilegiata e, comunque, (2) in quanto dagli atti processuali scrutinabili dal questa Corte non risulta che la contribuente abbia fornito alcuna prova in ordine alla rapportabilità dell’attività da essa svolta in concreto nei due anni d’imposta (1993 e 1994) oggetto della controversia ai modelli legislativi invocati per beneficiare dell’agevolazione fiscale richiesta (non essendo, ovviamente, all’uopo sufficiente la addotta mera riduzione, operata alla fine dell’anno 1994 sia pure con pretesi “effetti fiscali e contabili decorrenti dal primo gennaio 1994”, della “quota di minoranza” della propria partecipazione, effetto, peraltro, non di dismissione di parte della partecipazione ma del rapporto di concambio con le azioni della “nuova società” nata da una operazione di fusione ricevute dalla Fondazione e palesandosi, intuitivamente, irrilevanti, nel caso, le vicende successive alle dette due annualità di imposta);

– l’acquisizione processuale di tutti i necessari conferenti elementi fattuali esclude la necessità di rinviare la causa al giudice del merito per l’afferente accertamento ed impone a questa Corte di decidere la causa ai sensi dell’art. 384 c.p.c.: in base ai principi detti, il ricorso di primo grado della Fondazione deve essere rigettato perchè negli anni in contestazione l’attività della Fondazione non può ritenersi finalizzata al perseguimento di obiettivi sociali meritevoli dell’agevolazione (riduzione alla metà dell’imposta IRPEG) di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6;

– la complessità delle questioni prospettate e le oscillazioni giurisprudenziali che hanno caratterizzato analoghe vicende giudiziarie consigliano la integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado della contribuente; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010

 

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