Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12242 del 17/05/2017

Cassazione civile, sez. trib., 17/05/2017, (ud. 18/11/2016, dep.17/05/2017),  n. 12242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20550-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LANISSE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo

studio dell’avvocato PAOLO FIORILLI, rappresentato e difeso dagli

avvocati FRANCESCO PISTOLESI, MARCO MICCINESI giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 137/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 21/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE RICCARDI;

udito per il controricorrente l’Avvocato GUERRIERO per delega

dell’Avvocato PISTOLESI che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 09/05/2011 la Commissione Tributaria Regionale di Roma rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma con la quale era stato accolto il ricorso proposto da Lanisse s.r.l. e dagli eredi di G.T.I. avverso l’iscrizione a ruolo della somma di Lire 1.270.000.000 accertata, quale maggior valore degli immobili oggetto di compravendita, con sentenza della CTP Roma del 06/04/1994, non impugnata; in applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, comma 3, all’epoca vigente, l’iscrizione a ruolo sarebbe dovuta avvenire entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, e dunque entro il 31.12.1996; al contrario, il ruolo era stato reso esecutivo il 04/08/2006.

2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo il seguente motivo di ricorso, qui enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione.

2.1. Violazione e falsa applicazione di legge, e, in particolare, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25, D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 76 e 78, D.P.R. n. 643 del 1972, art. 31, D.L. n. 564 del 1994, art. 2 e D.L. n. 79 del 1997, art. 9 bis: deduce che la pretesa tributaria di cui all’avviso di accertamento era divenuta definitiva in seguito alla pronuncia di sentenza irrevocabile per omessa impugnazione; sulla base di tale accertamento definitivo veniva notificato avviso di liquidazione dell’imposta, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, entro il termine triennale, il 17/10/1997; successivamente, nel termine decennale di prescrizione previsto dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 78 veniva iscritto a ruolo la maggior imposta accertata mediante notifica della cartella di pagamento impugnata, in data 14/12/2006; in materia di imposta di registro, la disciplina applicabile è contenuta nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76 in virtù del rinvio di cui al D.P.R. n. 643 del 1972, art. 31; lamenta l’erroneità dell’interpretazione dei giudici di merito, che hanno ritenuto applicabile il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 (nella formulazione all’epoca vigente), applicabile soltanto alle imposte dirette e all’IVA.

3. Si è costituita, mediante deposito di controricorso, Lanisse s.r.l., deducendo che l’inapplicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 varrebbe soltanto successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 46 del 1999, ossia al 1 luglio 1999, e che non può incidere su fattispecie regolate da termini di decadenza già spirati; nel caso di specie, l’accertamento era divenuto definitivo il 09/11/1994, e la disciplina di cui all’art. 17 cit. era applicabile sia alle imposte dirette che a quelle indirette, in forza del richiamo contenuto nel D.P.R. n. 43 del 1988, art. 67; erronea sarebbe la giurisprudenza richiamata dal ricorrente, in ordine alla prescrizione decennale di crediti già definitivamente accertati, che confermerebbe l’irrilevanza della richiamata disposizione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente si dà atto che è stata autorizzata la redazione della sentenza in forma semplificata ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016.

2. Il ricorso è fondato.

Invero, è pacifico che la riscossione di un credito tributario fondato su una sentenza passata in giudicato non soggiace più ai termini di decadenza previsti per l’esecuzione degli atti amministrativi, ma al termine di prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c., in quanto il titolo della pretesa tributaria cessa di essere l’atto e diventa la sentenza che, pronunciando sul rapporto, ne ha valutato la legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 21623 del 23/10/2015, Rv. 636993); principio ribadito anche in tema di imposta di registro, laddove è stato affermato che, qualora la pretesa erariale si fondi su di una sentenza passata in giudicato, la relativa cartella esattoriale, avendo ad oggetto un credito definitivamente accertato a seguito di contenzioso e come tale avente titolo nella sentenza, va emessa entro il termine decennale di prescrizione previsto dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 78 non trovando applicazione, nell’ipotesi, nè il termine triennale di decadenza di cui all’art. 76 medesimo D.P.R., che concerne, invece, l’esercizio del potere di imposizione, nè il termine annuale di decadenza sancito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. c), (rilevante “pro tempore”), che attiene alle somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio divenuti definitivi per mancata impugnazione dell’atto impositivo che li contiene (Sez. 5, Sentenza n. 8380 del 05/04/2013, Rv. 626164; in senso conforme, ex multis, Sez. 6 – 5, Sentenza n. 20153 del 24/09/2014, Rv. 632343; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15619 del 09/07/2014, Rv. 631684).

Nel caso in esame, l’iscrizione a ruolo della pretesa è fondata sulla sentenza della CTP Roma del 06/04/1994, che, in quanto non impugnata, ha reso definitiva la debenza.

Pertanto, la riscossione delle somme conseguenti al passaggio in giudicato della sentenza che ha definito il giudizio, sancendo la debenza del tributo, non è soggetta a decadenza alcuna, ma unicamente alla prescrizione. Non si è, infatti, in presenza di un’attività esecutiva dell’atto amministrativo di accertamento, perchè manca il presupposto correlato al fatto di essere l’accertamento medesimo divenuto definitivo per mancata contestazione, ma in presenza di un titolo giurisdizionale; in altri termini, il titolo della pretesa tributaria non è più l’atto, ma la sentenza che ne ha confermato la legittimità pronunciando sul rapporto. Sicchè è la sentenza, non l’atto, che viene ad avere successiva esecuzione.

Del resto, in ordine all’applicabilità del termine di decadenza all’imposta di registro, è stato altresì chiarito che, in tema di imposta di registro, non si applica il termine di decadenza sancito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, comma 3, bensì quello di prescrizione decennale previsto dal D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 78trattandosi di imposta non inclusa nell’ambito di operatività dell’art. 17 cit. in quanto non ricompresa nei tributi cui fa riferimento il D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che, successivamente al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, ha nuovamente escluso dai ruoli e dalla decadenza tutte le imposte diverse da quelle sul reddito e dall’IVA (Sez. 5, Sentenza n. 12748 del 06/06/2014, Rv. 631117).

3. All’accoglimento del ricorso, ed alla cassazione della sentenza impugnata, consegue il rigetto dell’originario ricorso proposto da Lanisse s.r.l. e dagli eredi di G.T.I..

La riforma delle sentenze di merito costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese dei giudizi di merito; la regola della soccombenza fonda, invece, la condanna della controricorrente, Lanisse s.r.l., al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso. Compensa le spese dei giudizi di merito e condanna la contro ricorrente, Lanisse s.r.l., al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 maggio 2017

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