Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12242 del 06/06/2011

Cassazione civile sez. II, 06/06/2011, (ud. 12/04/2011, dep. 06/06/2011), n.12242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.R., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale

a margine del ricorso, dagli Avv.ti Procaccini Ernesto e Bonaventura

Balestrieri ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.

Iasonna Stefania, in Roma, via Riccardo Grazioli Lante, n. 76;

– ricorrente principale –

contro

T.R., P.F. e P.N.,

quali eredi di PI.Ni., rappresentati e difesi dall’Avv.

Terracciano Felice in virtù di procura speciale a margine del

controricorso e domiciliati “ex lege” presso la Cancelleria della

Corte di cassazione;

– controricorrenti –

e

S.M. + ALTRI OMESSI

tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del

controricorso (contenente ricorso incidentale) dall’Avv. Tedeschi

Giuseppe ed elettivamente domiciliati in Roma, alla v. Rubicone, n.

27 (presso Tessitore);

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e

P.S., + ALTRI OMESSI

;

e sul ricorso (iscritto al N.R.G. 155/07) proposto da:

S.M. + ALTRI OMESSI

tutti rappresentati e difesi, giusta procura speciale a margine del

controricorso, contenente ricorso incidentale, dall’Avv. Tedeschi

Giuseppe ed elettivamente domiciliati in Roma, alla v. Rubicone, n.

27 (presso Tessitore);

– ricorrenti incidentali –

contro

G.R., rappresentata e difesa, in forza di procura speciale

a margine del ricorso, dagli Avv.ti Procaccini Ernesto e Bonaventura

Balestrieri ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.

Iasonna Stefania, in Roma, via Riccardo Grazioli Lante, n. 76;

– ricorrente principale e controricorrente al ricorso incidentale –

contro

T.R., + ALTRI OMESSI

rappresentati e difesi dall’Avv.

Terracciano Felice in virtù di procura speciale a margine de

controricorso e domiciliati “ex lege” presso la Cancelleria della

Corte di cassazione;

– controricorrente –

e

P.S., + ALTRI OMESSI

;

Avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 2563/2005,

depositata il 5 settembre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 12

aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

uditi gli Avv.ti Giovanni Mechelli, per delega, nell’interesse della

ricorrente; Terracciano Felice, per i controricorrenti T.

R., + ALTRI OMESSI

per i ricorrenti incidentali;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso principale, per la dichiarazione di assorbimento del primo

motivo del ricorso incidentale e per il rigetto del secondo motivo

dello stesso ricorso incidentale e, solo in via subordinata, per il

rinvio a nuovo ruolo al fine dell’eventuale integrazione del

contraddittorio.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 17 ottobre 1995 S. M., + ALTRI OMESSI esponevano: – che il (OMISSIS) era deceduto “ab intestato”, in (OMISSIS), P.S. (nato a (OMISSIS)), lasciando quali coeredi: P.R. (che poi vendeva l’intera sua quota ereditaria a P.A.), P.A. e P.N. (che poi vendevano l’intera loro quota ai coniugi S.A. e A.A.), P.A., G. R., T.A., T.G. (che poi vendeva l’intera sua quota ai coniugi A.A. e A.F.), T.A.M. (che poi vendeva la sua quota a P. A. ed al coniuge S.M.); – che i beni facenti parte dell’asse ereditario consistevano in due fondi rustici siti in agro di (OMISSIS); che non era stato possibile addivenire ad un bonario scioglimento della comunione per l’opposizione di G.R. (proprietaria della quota di 1/5); tanto premesso convenivano in giudizio quest’ultima dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata chiedendo che fosse dichiarata aperta la successione senza testamento di P.S. e venisse ordinato io scioglimento della comunione ereditaria, con richiesta di attribuzione in caso di indivisibilità dei beni. Si costituiva la convenuta, che instava per il rigetto della domanda, eccependo che i beni oggetto della divisione erano già di sua esclusiva proprietà per acquisto intervenuto antecedentemente nel 1969 e che il “de cuius” P. S. l’aveva nominata erede universale con testamento olografo pubblicato il 14 maggio 1981 (annullato a seguito di impugnazione di T.A. e T.A.M.). In dipendenza delle difese volte dalla G. gli attori S.A., + ALTRI OMESSI eccepivano la simulazione assoluta della vendita del 1969 e chiedevano, ottenendo la relativa autorizzazione, di chiamare in causa i rispettivi danti causa, ovvero P.R., + ALTRI OMESSI affinchè, nella sola ipotesi di accoglimento delle richieste della G., venissero dichiarati responsabili per grave inadempimento contrattuale e garantissero, così, essi acquirenti di buona fede con la risoluzione dei contratti di vendita delle quote e condanna alla restituzione di tutti i corrispettivi versati, rimborso delle spese sostenute e al risarcimento dei danni, oltre accessori. Con successivo atto di citazione in riassunzione P.A. esponeva che P.R. era deceduta successivamente alla notifica e, pertanto, provvedeva a convenire in giudizio i suoi eredi collettivamente ed impersonalmente presso l’ultimo domicilio della “de cuius”. Instauratosi nuovamente il contraddittorio, i chiamati in causa rimanevano contumaci. Espletata l’istruzione della causa, all’esito il Tribunale adito, con sentenza n. 169 del 2002, dichiarava l’inammissibilità della domanda principale e della menzionata chiamata in causa, compensando interamente le spese del giudizio.

Avverso detta sentenza proponevano appello S.M., + ALTRI OMESSI e, nella costituzione di P.N. e P.S. nonchè di G.R., la Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 2563 del 2005 (depositata il 5 settembre 2005), accoglieva, per quanto di ragione il formulato appello e, per l’effetto, dichiarava aperta la successione di P.S.; rigettava la domanda di simulazione assoluta proposta da P.A. con riferimento all’atto di vendita del 31 dicembre 1969 intervenuto tra P. S. e P.F.; dichiarava l’inopponibilità dell’atto di vendita del 31 dicembre 1969 intervenuto tra P. S. e P.F. nei riguardi di S.M., + ALTRI OMESSI accoglieva la domanda di divisione provvedendo alle conseguenti attribuzioni delle quote dei beni e all’individuazione dei necessari conguagli, compensando fra tutte le parti le spese di entrambi i gradi. A sostegno dell’adottata sentenza la Corte territoriale dichiarava, in via preliminare, l’inammissibilità dell’eccezione di prescrizione del diritto ad accettare l’eredità di P.S. da parte degli eredi, proposta dalla G.R., in quanto formulata intempestivamente nella prima udienza di trattazione, non potendosi conferire alcun rilievo alla mancata concessione del termine di cui all’art. 180 c.p.c., comma 2 (“ratione temporis” applicabile) ai fini della valutazione della tempestività dell’eccezione stessa. Esaminava, quindi, le complessive domande nel merito giungendo all’adozione delle statuizioni precedentemente riportate. Nei confronti della menzionata sentenza della Corte di appello di Napoli (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione G.R. (notificato il 28 ottobre 2006 e depositato il 15 novembre 2006), articolato in tre motivi, al quale hanno resistito con controricorso contenente ricorso incidentale (nel solo interesse di T.A. e P. A.) e ricorso incidentale condizionato, S.M., + ALTRI OMESSI nonchè con autonomo controricorso T.R., + ALTRI OMESSI . Le altre parti intimate non si sono costituite in questa fase.

I difensori di tutte le parti costituite hanno depositato rispettivamente memorie illustrative.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare, deve essere disposta la riunione dei ricorsi siccome proposti avverso la stessa sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., per i quali, oltretutto, non trova applicazione la disciplina prevista dall’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006 (poi abrogato dalla L. n. 69 del 2009), poichè trattasi di ricorsi formulati avverso sentenza pubblicata il 5 settembre 2005 e, quindi, antecedentemente all’entrata in vigore della suddetta norma.

2. Con il primo motivo la ricorrente principale censura la sentenza impugnata per assunta violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 102, 330 e 784 c.p.c., nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

3. Con il secondo motivo la G.R. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 180, 183 e 184 c.p.c. e degli artt. 2934 e 2938 c.c., unitamente al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per mancato esame di un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

4. Con il terzo motivo del ricorso principale viene dedotta la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1415 e 1417 c.c., oltre che degli artt. 2643, 2657 e 2663 c.c., congiuntamente all’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

5. Con il ricorso incidentale autonomo proposto nell’interesse di T.A. e P.A. risulta prospettata la violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) con riferimento all’art. 112 c.p.c., agli artt. 570, 713 e 718 c.c., avuto riguardo all’assunta omessa pronuncia da parte della Corte territoriale sul quarto motivo di appello dagli stessi ricorrenti incidentali proposto.

6. Il primo motivo del ricorso principale è infondato e deve, pertanto, essere rigettato. Con tale doglianza la G.R. ha censurato la sentenza impugnata – in relazione ai profili indicati – deducendo che gli appellanti principali, facendo notificare l’atto di appello impersonalmente e collettivamente agli eredi della signora P.R., assunta come deceduta prima della notificazione della sentenza di primo grado, presso il suo ultimo domicilio, avevano effettuato una notifica da qualificarsi insanabilmente nulla poichè essa era stata eseguita in violazione di quanto disposto dall’art. 330 c.p.c. e perchè, in tal modo, non erano stati chiamati in giudizio gli eredi, personalmente e singolarmente, della suddetta P.R., con la conseguente violazione degli artt. 102 e 784 c.p.c..

Osserva il collegio che, superando anche i precedenti giurisprudenziali contrari ai quali ha posto riferimento la G. (tra i quali Cass. 13 giugno 2000, n. 8046), le Sezioni unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 14699 del 18 giugno 2010, componendo un pregresso contrasto, ha statuito che l’atto di impugnazione della sentenza, ne caso di morte della parte vittoriosa (o parzialmente vittoriosa), deve essere rivolto agli eredi, indipendentemente sia dal momento in cui il decesso è avvenuto, sia dall’eventuale ignoranza dell’evento, anche se incolpevole, da parte del soccombente, precisando che detta notifica – la quale può essere sempre effettuata personalmente ai singoli eredi – può anche essere rivolta agli eredi in forma collettiva ed impersonale, purchè entro l’anno dalla pubblicazione della sentenza (comprensivo dell’eventuale periodo di sospensione feriale), nell’ultimo domicilio della parte defunta. Pertanto, essendo stata adottata tale modalità ritenuta legittima dalle Sezioni unite, la doglianza in questione si prospetta infondata, In ogni caso, occorre rilevare che, essendo incontestato che la P.R. aveva ceduto la sua quota ereditaria alla signora P.A. antecedentemente all’introduzione del giudizio di primo grado, ella non poteva essere qualificata come litisconsorte necessaria del processo stesso, spettando tale qualità, in relazione al giudizio di divisione, ai cessionari della quota (cfr, tra le tante, ancorchè risalenti nel tempo, Cass. 11 maggio 1987, n. 4322, e Cass. 4 agosto 1990, n. 7862). Inoltre deve evidenziarsi che la domanda di garanzia proposta da S. M., + ALTRI OMESSI (a seguito dell’eccezione riconvenzionale avanzata dalla G.) nei riguardi dei rispettivi danti causa ( P.S., + ALTRI OMESSI ) aveva determinato l’instaurazione di rapporti processuali scindibili dal giudizio divisorio principale, fondandosi le domande dedotte a fondamento delle relative azioni su titoli diversi. Pertanto, il contraddittorio in grado di appello non doveva essere necessariamente integrato, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di coloro (appunto i chiamati in garanzia impropria quali gli eredi di P.R.) che non rivestivano la qualità di litisconsorti necessari nel giudizio di divisione, con la conseguenza che, vertendosi in tema di cause propriamente scindibili ex art. 332 c.p.c., la supposta invalidità della notificazione dell’atto di appello non sarebbe stata idonea a comportare la nullità insanabile della sentenza impugnata (v. Cass. 2 luglio 1999, n. 6802, e Cass. 4 giugno 2007, n. 12942), invalidità che, in ogni caso, deve essere esclusa alla luce della già richiamata sentenza della Sezioni unite n. 14699 del 2010.

7. Anche il secondo motivo formulato dalla ricorrente principale G.R. non coglie nel segno e va, quindi, respinto.

Secondo la prospettazione di detta ricorrente la Corte territoriale sarebbe incorsa nelle violazioni dedotte con tale doglianza avendo essa ritenuta tardiva la proposizione, nell’ambito del giudizio di primo grado, dell’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità degli appellanti, sul presupposto che la stessa non era stata formulata nel termine di venti giorni antecedente alla prima udienza di trattazione (nella previsione anteriore alla modifica di cui al D.L. n. 273 del 2005, convertito, con modif., nella L. n. 51 del 2006), ma direttamente nella medesima udienza di trattazione, incorrendo, perciò, nella relativa preclusione processuale. Rileva il collegio che, sulla scorta della ricostruzione operata dalla Corte partenopea con riferimento all’ordine delle udienze celebrate in primo grado, tenendo conto dei vari passaggi processuali indotti anche dalle intervenute chiamate in causa, l’eccezione di prescrizione era stata sollevata direttamente in quella che si sarebbe dovuta ritenere come l’effettiva prima udienza di trattazione già disciplinata dal previgente art. 183 c.p.c. (ovvero nella sua formulazione anteriore alle modifiche normative introdotte nel 2005 e nel 2006), alla quale si ricollegava il disposto del comma 2 del precedente art. 180, il quale sanciva che il giudice, nel fissare l’udienza di trattazione, avrebbe dovuto concedere il termine perentorio non inferiore a venti giorni prima della successiva udienza di trattazione per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non fossero rilevabili d’ufficio.

Altrettanto correttamente la Corte di appello ha evidenziato che la mancata concessione di quest’ultimo termine non avrebbe potuto determinare una lesione effettiva del diritto di difesa e al contraddittorio delle parti; in proposito deve, infatti, rilevarsi che – secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 27 maggio 2005, n. 11318) – pur essendo le norme mediante le quali la L. 20 dicembre 1995, n. 534 (di conversione del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432) aveva regolato la sequenza delle udienze di cui agli artt. 180 e 183 c.p.c., da considerarsi poste a tutela dei diritto di difesa delle parti ed avendo natura tendenzialmente inderogabile, il vizio del procedimento consistente nella mancata assegnazione al convenuto dell’indicato termine, di cui all’art. 180 c.p.c., comma 2 risultava sanato in ragione del fatto che tra l’udienza di prima comparizione e quella di trattazione fossero intercorsi almeno i venti giorni richiesti dalla legge, così da restare escluso che le suindicate eccezioni potessero essere sollevate nella prima udienza di trattazione o, addirittura, in una udienza a questa successiva, dovendo esse invece essere proposte, al più tardi, nell’intervallo tra l’udienza di prima comparizione, di cui all’art. 180 c.p.c., e quella di trattazione, prevista dall’art. 183 c.p.c..

In ogni caso, al di là della verificata infondatezza di questo secondo motivo, va rilevato – come eccepito anche dalla difesa dei controricorrenti e ricorrenti incidentali S.M., + ALTRI OMESSI – che, per quanto emergente anche direttamente dall’esame degli atti (consentito in questa sede in virtù della natura processuale del vizio lamentato) – la G.R. non aveva riproposto con la sua comparsa di costituzione nel giudizio di appello l’eccezione di prescrizione (comunque non accolta con la sentenza di primo grado: cfr. pagg. 7-8 della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 169/2002), ragion per cui la stessa si sarebbe dovuta considerare rinunciata, in virtù del disposto dell’art. 346 c.p.c., essendo, infatti, la G. tenuta a riformularla in sede di impugnazione per paralizzare, ove ne fosse stata ravvisata l’ammissibilità e la fondatezza, le avverse domande avanzate dagli appellanti principali.

8. Anche l’ultimo motivo formulato con il ricorso principale è destituito di fondamento e deve, perciò, essere rigettato.

Secondo la rappresentazione di tale doglianza la Corte territoriale – nell’esaminare l’eccezione di simulazione assoluta dell’atto di compravendita con firme autenticate per notar Oliva del 31 dicembre 1969 – aveva errato nel l’affermare che l’atto era opponibile alle parti che stavano in giudizio quali eredi del sig. S. P., in quanto l’erede, continuando la personalità del “de cuius” diviene parte del contratto concluso dallo stesso, per cui egli resta vincolato al contenuto del contratto medesimo ancorchè questo non sia trascritto, mentre, dall’altro lato, lo stesso atto di compravendita non poteva considerarsi opponibile ai terzi acquirenti delle quote ereditarie perchè non trascritto presso la Conservatoria competente (che, nella specie, si sarebbe dovuta identificare con quella di Salerno). In particolare, la ricorrente ha inteso sollecitare questa Corte nel rivalutare la posizione del sig. A.A., che non avrebbe potuto essere considerato “terzo di buona fede”, essendo stato posto a conoscenza dalla stessa G. R. della circostanza che ella era l’esclusiva proprietaria dell’immobile sito in (OMISSIS).

Ciò posto, al di là dell’inammissibilità di quest’ultima deduzione siccome intesa a sollecitare una rivalutazione di aspetti attinenti al merito della controversia non consentita nella presente sede di legittimità, deve, in ogni caso, rilevarsi che la sentenza della Corte partenopea è fondata sull’applicazione di corretti principi giuridici e supportata da un’adeguata e logica motivazione, come tale incensurabile. Infatti, con un ragionamento del tutto congruo, la Corte territoriale, nell’esaminare i motivi di appello, ha giustamente dovuto distinguere tra la sfera degli eredi di P. S., che stavano in giudizio in questa loro effettiva qualità, e la sfera di quelli che avrebbero dovuto considerarsi terzi quali acquirenti delle quote ereditarie. Nell’individuazione di tale differenziazione, la Corte di appello ha, con un impianto argomentativo completo e scevro da vizi logici – giuridici, rilevato che sia l’eccezione di simulazione assoluta che quella relativa a difetto di trascrizione del suddetto atto si sarebbero dovute valutare separatamente per le parti che si trovavano in giudizio quali eredi e per quelle che vi avevano partecipato quali terzi.

Sulla scorta di tale presupposto, quindi, la stessa Corte di merito, dovendo valere nei confronti dei primi le limitazioni di prova della simulazione che sarebbero state operanti per il “de cuius” (nella cui posizione erano subentrati), in virtù della mera deduzione della sola simulazione assoluta dell’atto (non avendo prospettato che esso integrasse una donazione dissimulata e, di conseguenza, senza collegarla alla proposizione di un’azione di riduzione), ha appurato che la simulazione stessa era rimasta del tutto sfornita di prova, poichè le parti aventi interesse si erano avvalse della prova testimoniale e delle presunzioni, che, invece, erano loro precluse (cfr., ad es., da ultimo, Cass. 13 novembre 2009, n. 24134).

Quanto all’esame dell’eccezione di inopponibilità dell’atto di vendita in questione del 31 dicembre 1969 perchè trascritto presso una Conservatoria incompetente (di Napoli, anzichè di Salerno, nella cui provincia si ricomprende il Comune di (OMISSIS) nel quale erano ubicati i relativi immobili), anche a questo proposito la Corte territoriale ha giustamente valorizzato la menzionata distinzione, ponendo riferimento a principi giuridici già acquisiti nella giurisprudenza di legittimità.

A tal riguardo, la Corte partenopea ha correttamente sostenuto – in conformità con l’indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. 13 febbraio 1988, n. 1552; Cass. 15 maggio 1997, n. 4282, e, da ultimo, Cass. 16 giugno 2009, n. 13968) – che l’erede, continuando la personalità del “de cuius”, diviene parte del contratto concluso dallo stesso, per cui egli resta vincolato al contenuto del contratto medesimo, ancorchè questo non sia stato trascritto, con la conseguenza che l’opponibilità dell’acquisto di un immobile nei confronti dell’erede del venditore si sottrae, oltre che alle regole dell’art. 2704 c.c. in materia di certezza della data della scrittura privata, anche alle disposizioni dell’art. 2644 c.c., in ordine agli effetti della trascrizione nel rapporto con l’altro acquirente del bene, per cui la trascrizione dell’atto di acquisto “mortis causa” operato dall’erede, ai sensi dell’art. 2648 c.c., prima della trascrizione dell’atto di disposizione compiuto in vita dal “de cuius”, vale soltanto agli effetti della continuità delle trascrizione, onde l’erede non è legittimato ad eccepire l’anteriorità della trascrizione del suo acquisto, a fine di rendere a lui opponibile l’atto di disposizione a favore dei terzi compiuto, in vita, dal “de cuius”.

Alla stregua di tale principio, perciò, la Corte territoriale ha circoscritto l’ambito di applicabilità del regime di validità e di efficacia della vendita dei beni trasferiti con l’atto del 31 dicembre 1969 nei confronti di P.F. e, quindi, della sua avente causa G.R., che non poteva riguardare tutti i beni indicati nell’atto stesso, ma solo e quote ereditarie su tali beni spettanti a P.A. e a T.A..

Quanto alla posizione dei terzi acquirenti delle quote ereditarie, la Corte di appello di Napoli ha, altrettanto correttamente, ravvisato l’inopponibilità del suddetto atto di vendita nei loro confronti poichè trascritto presso una Conservatoria incompetente (ovvero presso quella di Napoli anzichè di Salerno). In proposito ha fatto esatta applicazione dell’ulteriore principio statuito da questa Corte (v. Cass. 29 agosto 1995, n. 9060), in base a cui la norma dettata dall’art. 2663 c.c. – per la quale la trascrizione deve essere fatta presso ciascun ufficio dei registri immobiliari nella cui circoscrizione sono situati i beni – ha natura imperativa, con la conseguenza che la competenza territoriale da essa fissata deve essere qualificata come assoluta ed inderogabile, ragion per cui l’atto compiuto in violazione della stessa va considerato radicalmente nullo e privo di qualsiasi efficacia. Del resto tale affermazione – che valorizza l’essenziale funzione del collegamento tra la localizzazione del bene e la competenza territoriale dell’ufficio presso cui deve essere effettuata la trascrizione – si pone in sintonia con lo scopo sotteso al citato art. 2663 c.c., che è quello di rendere concretamente possibile la realizzazione della funzione della trascrizione, consentendo di limitare la ricerca sulle vicende giuridiche del bene immobile all’ufficio di Conservatoria nella cui circoscrizione esso è situato, poichè, altrimenti, la ricerca dovrebbe essere estesa in tutti gli uffici esistenti in Italia e risulterebbe oltremodo onerosa da rendere concretamente inutile lo strumento pubblicitario previsto dalla legge.

Sulla scorta di tale presupposto i giudici di appello hanno esattamente rilevato che l’atto di vendita del 31 dicembre 1969 non poteva considerarsi opponibile ai terzi acquirenti delle quote ereditarie proprio perchè non trascritto (neanche successivamente) presso la Conservatoria territorialmente competente, mentre i suddetti terzi, da considerarsi perciò in buona fede, avevano provveduto a trascrivere regolarmente i loro rispettivi atti di acquisto (che valeva contemporaneamente anche quale accettazione tacita dell’eredità da parte degli eredi di P.S.), osservando così il principio della continuità delle trascrizioni.

Pertanto, in virtù dell’accertamento dell’inopponibilità del menzionato atto ai predetti terzi, la Corte napoletana ha considerato superata, in quanto assorbita, l’eccezione di simulazione dell’atto e ha proceduto, conseguentemente, alla formazione delle quote dei partecipanti alla complessiva comunione, sulla quale la ricorrente principale non ha formulato alcuna doglianza.

9. In definitiva, alla stregua degli esposti motivi, il ricorso principale deve essere integralmente respinto, cui consegue il superamento di ogni ragione di valutazione del ricorso incidentale condizionato (pertanto assorbito), siccome subordinato all’eventuale accoglimento della terza doglianza del ricorso della G..

10. Quanto al ricorso incidentale autonomo formulato nell’interesse di T.A. e P.A., rileva il collegio che lo stesso non è stato notificato agli intimati P.A.M. e T.G. (risultando entrambi, dalle rispettive relative, trasferiti, senza che si sia provveduto agli ulteriori conseguenti adempimenti notificatori per la rituale integrazione del contraddittorio nei loro confronti nella presente sede di legittimità), ragion per cui, alla stregua della più recente e prevalente giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 10 novembre 2008, n. 26889; Cass. 13 maggio 2009, n. 11053, e Cass. 21 luglio 2010, n. 17106), deve dichiararsene l’inammissibilità. Invero, alla stregua di detto indirizzo giurisprudenziale preponderante (ai quale si aderisce), occorre ritenere che non si applica la disciplina dell’art. 331 c.p.c. quando la parte impugnante abbia correttamente individuato tutti i contraddittori, ma poi riguardo ad uno o più di essi la notificazione sia stata omessa o sia inesistente ovvero non ne venga dimostrato il perfezionamento; pertanto, ove il ricorrente per cassazione ometta – come nella specie – di comprovare la ritualità della notificazione del ricorso nei riguardi di tutti i litisconsorti, non potendosi applicare in via analogica il citato art. 331 c.p.c. (difettando l’eadem ratio) e tenendosi conto anche del principio generale costituzionale della durata ragionevole del processo, l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile, considerandosi, peraltro, che, nel caso in esame, il difensore dei predetti ricorrenti incidentali ha desistito dal richiedere un termine per la rinnovazione delle notificazioni omesse (o, comunque, inesistenti) del ricorso incidentale, così manifestando anche la sua sopravvenuta carenza di interesse ad ottenere una pronuncia sulla medesima impugnazione esercitata in via incidentale.

11. In virtù della totale soccombenza della ricorrente principale G.R., ella deve essere condannata, in favore di ciascun gruppo dei controricorrenti (così come costituiti e rappresentati dai rispettivi difensori), al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo, mentre non occorre adottare alcuna pronuncia in ordine alla regolazione delle spese processuali con riferimento al rapporto processuale intercorso tra la stessa G. e le altre parti intimate non costituite (non avendo esse, invero, svolto attività difensiva).

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, dichiara inammissibile il ricorso incidentale autonomo. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3.500,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge, in favore di ciascun gruppo dei controricorrenti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 12 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2011

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