Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12241 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. II, 10/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 10/05/2021), n.12241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25374/2019 proposto da:

K.O.R., rappresentato e difeso dall’avv. MASSIMO RIZZATO,

e domiciliato presso cancelleria della la Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

24/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato il Tribunale di Venezia rigettava il ricorso proposto da K.O.R. avverso il provvedimento di diniego della sua domanda di protezione, internazionale e umanitaria, emesso dalla Commissione territoriale competente.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia K.O.R., affidandosi ad un solo motivo.

Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2,7 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria, tanto sotto i profili di cui alle lettere a) e b), quanto con riguardo a quello di cui del richiamato art. 14, lett. c).

La censura è inammissibile.

Il ricorrente aveva riferito di aver subito minacce da esponenti del partito (OMISSIS), poichè egli, come il padre e lo zio, sarebbe stato un attivista dell’opposto partito (OMISSIS). La storia è stata ritenuta, sia dalla Commissione che dal Tribunale, non idonea ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, perchè l’unico episodio riferito dal richiedente risaliva al 2014, ovverosia a due anni prima della sua decisione di lasciare il Bangladesh, con conseguente difetto di attualità della dedotta minaccia. Tale statuizione, non attinta dal ricorso, giustifica il diniego della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Per quanto invece attiene l’ulteriore protezione di cui alla lett. c), della norma da ultimo richiamata, si deve osservare che il Tribunale ha esaminato il contesto esistente in Bangladesh, citando le fonti consultate (Refworld 2017) ed escludendo la sussistenza di una situazione di violenza e pericolo generalizzato. Il ricorrente contrappone una fonte diversa a quella indicata dal giudice di merito – nella specie, il rapporto Amnesty International 2017-2018 sulla situazione del Bangladesh – ma non precisa in che misura essa conterrebbe informazioni più aggiornate di quella usata dal giudice di merito, nè perchè queste ultime sarebbero state interpretate in modo non corretto. In argomento, occorre ribadire che “In tema di protezione internazionale, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 26728 del 21/10/2019, Rv. 655559). Ove manchi tale specifica allegazione, è precluso a questa Corte procedere ad una revisione della valutazione delle risultanze istruttorie compiuta dal giudice del merito. Solo laddove nel motivo di censura vengano evidenziati precisi riscontri idonei ad evidenziare che le informazioni sulla cui base il predetto giudice ha deciso siano state effettivamente superate da altre e più aggiornate fonti qualificate, infatti, potrebbe ritenersi violato il cd. dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice del merito, nella misura in cui venga cioè dimostrato che quest’ultimo abbia deciso sulla scorta di notizie ed informazioni tratte da fonti non più attuali. In caso contrario, la semplice e generica allegazione dell’esistenza di un quadro generale del Paese di origine del richiedente la protezione differente da quello ricostruito dal giudice di merito si risolve nell’implicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie e nella prospettazione di una diversa soluzione argomentativa, entrambe precluse in questa sede.

In definitiva, va data continuità al principio secondo cui “In tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate” (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4037 del 18/02/2020, Rv. 657062).

In definitiva, il ricorso è inammissibile.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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