Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12240 del 09/05/2019

Cassazione civile sez. III, 09/05/2019, (ud. 24/01/2019, dep. 09/05/2019), n.12240

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18260-2017 R.G. proposto da:

C.G., rappresentata e difesa dall’Avv. Angelo Spena,

con domicilio eletto in Roma, via Della Bella Vita 66/D, presso lo

Studio dell’Avv. Tatiana Tarli;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ PER LA GESTIONE DI ATTIVITA’ – S.G.A. S.P.A., in persona del

suo rappresentante legale, D.N.L., rappresentata e difesa

dall’Avv. Patrizia Piepoli, con domicilio eletto in Roma, via G.

Galati, n. 100/C, presso lo Studio dell’Avv. Anna D’alise;

– controricorrente –

TIBERIUS SPV S.R.L., quale mandataria di PHONIX ASSET MANAGEMENT

S.P.A., in persona del Consigliere delegato, T.R.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio De Simone, con domicilio ex

lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

e contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del suo rappresentante legale pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Patrizia Piepoli, con

domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione;

– intimata –

e contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., in persona del suo rappresentante legale pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Patrizia Piepoli, con

domicilio ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione.

– intimata –

e contro

MARTE SPV S.R.L., in persona del suo rappresentante legale pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Emanuele Palmieri, con

domicilio ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione;

– intimata –

e contro

HOIST ITALIA S.R.L., in persona del rappresentante legale

pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Emanuele Palmieri, con

domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione;

– intimata –

e contro

SECURITISATION SERVICES S.P.A., (già BANCO POPOLARE SOC COOP – già

BANCA VERONA & NOVARA SCARL), in persona del rappresentante

legale pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Emanuele

Palmieri, con domicilio ex lege in Roma presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione;

– intimata –

e contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del suo rappresentante legale

pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. C.G., con

domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione;

– intimata –

e contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del suo rappresentante legale

pro tempore, con domicilio ex lege in Roma presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione;

– intimata –

e contro

V.R., già Curatore dell’Eredità giacente di

G.G., con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione;

– intimato –

e contro

M.I., nuovo Curatore dell’Eredità Giacente di

G.G., con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1934/2017 della Corte d’Appello di Napoli,

depositata il 04/05/2017;

Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 24 gennaio

2019 dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con distinti atti di citazione, la Banca Popolare di Novara (citazione del 7/1/98), il Banco di Napoli (mandatario cessionario della Società per la Gestione di Attività – S.G.A. S.p.A., la cui citazione è del 13/1/98) e Credito italiano (citazione dell’aprile 1999) evocavano in giudizio C.G. e G.G., perchè venisse accertata la simulazione assoluta ovvero la revocatoria del contratto preliminare del 17/9/1997, con cui G.G. prometteva di vendere un immobile in (OMISSIS), di sua proprietà, già parte della casa coniugale, a C.G., sua moglie.

Nelle more del giudizio, il 14/09/2000, i coniugi C. – G. stipulavano il contratto definitivo.

Banca Popolare di Novara iniziale al contratto definitivo.

Credito Italiano, invece, con nuova citazione definitivo, chiedendone la declaratoria di simulazione assoluta o di inefficacia ex art. 2901 c.c.

Nei quattro giudizi riuniti intervenivano ENEL Distribuzione S.p.A. e il Fallimento (OMISSIS) S.p.A., di cui G.G. era amministratore delegato.

Si costituiva solo C.G., contestando le pretese attoree sulla scorta del rilievo che la promessa di vendita e la successiva alienazione erano state effettuate per consentirle di cedere alle richieste di anticipazioni del marito, da cui si era separata, che non disponeva di altre liquidità.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 12347/2002, pronunciava la simulazione assoluta del contratto e condannava l’attuale ricorrente al pagamento delle spese di CTU ed a quelle processuali sostenute dalle banche attrici.

La sentenza veniva impugnata separatamente da C.G. e da G.G.. Riunite le impugnazioni, la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 199/2007, dichiarava l’inammissibilità degli appelli proposti da ENEL distribuzione S.p.A. e dal Fallimento (OMISSIS) S.p.A. nei confronti dei coniugi G. – C., rigettava gli appelli proposti da questi ultimi, dichiarava il difetto di legittimazione passiva della Unicredit Banca S.p.A., a modifica della sentenza di primo grado, indicava quale parte attrice e quindi destinataria degli effetti della pronuncia di simulazione della compravendita il Banco di Napoli, ora San Paolo IMI, quale mandatario della SGA S.P.A., dichiarava la carenza di legittimazione passiva in proprio di quest’ultimo, confermava per il resto la sentenza impugnata, e provvedeva alla liquidazione delle spese.

C.G. proponeva ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi.

Resistevano l’UGC Banca Unicredit Gestione Crediti S.p.A., quale mandataria dell’Eris Finance S.r.L., il Banco Popolare di Verona e Novara Scarl e Intesa San Paolo S.p.A.

La Corte di Cassazione, con sentenza del 24/06/2013, n. 15791, riteneva che, contrariamente a quanto statuito dal giudice del gravame, le domande di simulazione o di revocatoria del contratto definitivo di compravendita costituissero domande nuove rispetto a quelle contenute negli atti introduttivi, perchè tali domande, mirando ad ottenere la declaratoria di inefficacia di un contratto diverso rispetto a quello cui erano riferite le domande originariamente proposte, comportavano inevitabilmente un’alterazione dell’oggetto sostanziale dell’azione e dei termini della controversia, introducendo un tema di indagine e di decisione diverso rispetto a quello precedentemente prospettato, trattandosi non di una specificazione della domanda iniziale, ma di immutazione dell’oggetto della pretesa fatta valere precedentemente.

La Eris Finance S.R.L., cessionaria dei crediti della Unicredit Banca e del Unicredit Banca d’impresa, riassumeva il giudizio dinanzi alla Corte d’appello di Napoli, chiedendo la conferma della sentenza del Tribunale di Napoli n. 12347/2002 che aveva dichiarato la simulazione assoluta del contratto di compravendita del 14 settembre 2000 nei confronti di essa Eris Finance S.R.L., sull’assunto che la Corte di Cassazione avesse ritenuto nuove solo le domande proposte dal Banco di Napoli, dalla Banca Popolare di Novara e dall’Enel, ma non anche quella proposta dal Credito italiano, dei cui crediti essa era cessionaria.

L’attuale ricorrente chiedeva il rigetto della domanda di conferma della sentenza di prime cure, essendo giuridicamente inesistente, perchè sostituita dalla decisione di legittimità.

Gli altri appellati chiedevano la conferma della decisione di prime cure.

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 1934/2017, oggetto della odierna impugnazione, dichiarata la contumacia di Enel Distribuzione, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’attuale ricorrente, dichiarava la inammissibilità delle domande nuove del Banco di Napoli, della Banca Popolare di Novara e di Enel, confermava per il resto la sentenza di primo grado e provvedeva in ordine alla liquidazione delle spese.

C.G. ricorre per la cassazione di tale sentenza, formulando quattro motivi che illustra con memoria.

Resistono con autonomo controricorso TIBERIUS SPV S.r.L., cessionaria in blocco di tutti i crediti della ERIS FINANCE S.r.L., che ha chiesto altresì la condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c., comma 3, e Società per la Gestione di Attività – S.G.A. S.p.A.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo la ricorrente deduce: a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 392,393 e 394 c.p.c.; b) la violazione dei principi di diritto di cui alle decisioni n. 3594/2014 e n. 14892/2000; c) la nullità e/o vizio della sentenza e/o del procedimento; d) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

In particolare, la ricorrente rimprovera alla Corte territoriale di avere confermato la sentenza di primo grado – anzichè dichiarare estinta la causa, non avendo Eris Finance riassunto la domanda di simulazione del contratto di vendita – sull’assunto che chi riassume il giudizio è sufficiente che espliciti la propria volontà di ottenere una sentenza favorevole, atteso che l’accertamento fattuale derivante dalla sentenza di cassazione si forma e si definisce esclusivamente nel giudizio di primo grado.

Richiamando taluni precedenti di questa Corte, la ricorrente ripropone l’eccezione di inammissibilità della domanda proposta da Eris Finance S.r.L.. deducendo che con l’atto di riassunzione avrebbe dovuto quantomeno richiamare l’atto introduttivo del giudizio e non invocare la conferma della decisione di prime cure giuridicamente inesistente.

2) Con il secondo motivo la ricorrente assume: a) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 120; b) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2484 e 2495 c.c.; c) la violazione e falsa applicazione dei principi di diritto delle sentenze n. 6071/2013 e n. 18853/2014; d) la nullità e o vizio della sentenza e/o del procedimento; e) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

Non essendo stato l’atto di citazione in riassunzione di Eris Finance S.p.A. notificato al Fallimento (OMISSIS) S.p.A., pur essendo esso destinatario della decisione rescindente, il giudizio di rinvio, benchè tempestivamente instaurato, non avrebbe potuto proseguire legittimamente in applicazione dei principi del litisconsorzio necessario nelle fasi di gravame.

Nessun rilievo, ad avviso della ricorrente, poteva attribuirsi al fatto che il Fallimento (OMISSIS) S.p.A. fosse stato chiuso il 25/01/2002, per avvenuta ripartizione finale L. Fall., ex art. 183, giacchè, ai sensi della L. Fall., art. 120, u.c., ove la chiusura del fallimento avvenga in corso di causa, il giudice delegato e il curatore restano in carica. Anche sulla scorta dell’art. 120 ante riformam, secondo cui “con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento. I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitali e interessi”, la citazione in riassunzione avrebbe dovuto essere notificata alla (OMISSIS) S.p.A. in liquidazione ovvero ai suoi soci.

Di qui la tesi della nullità della sentenza gravata per non essere stata emessa nei confronti di tutte le parti del processo.

3) Con il terzo motivo la ricorrente denuncia: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 210,183 e 184 nonchè degli artt. 112 e 210 c.p.c.; b) violazione e falsa applicazione degli artt. 1417 e 1470 c.c. nonchè degli art. 2727 e 2729 c.c.; c) violazione e falsa applicazione dei principi di diritto di cui alle pronunzie n. 14892/2000, n. 13533/2011, n. 3593/1994; d) nullità e o vizio della sentenza e o del procedimento; e) vizio di omessa pronunzia; f) omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

Tali vizi di legittimità deriverebbero dal mancato accoglimento dell’eccezione di inammissibilità e della conseguente richiesta di revoca dell’ordine di esibizione 2.10.2001 dei moduli di richiesta degli assegni circolari con cui aveva pagato il corrispettivo della vendita nonchè dal mancato accoglimento della domanda di rigetto o di inammissibilità della domanda di simulazione del contratto di vendita proposta da Eris Finance.

La premessa è che la Corte di Cassazione aveva accolto il secondo motivo di ricorso ed aveva ritenuto assorbiti il terzo ed il quarto; con il terzo era stata censurata la inammissibilità della richiesta di revoca dell’ordine di esibizione, di conseguenza, a suo avviso, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare la questione, in quanto ritualmente proposta, fondata ed espressamente riproposta, prima di confermare la sentenza di primo grado.

Altrettanto rilevante avrebbe dovuto essere considerata la questione della revoca dell’ordine di esibizione che, ove accolta, avrebbe reso inutilizzabili, ai fini della prova, gli assegni circolari prodotti dal Credito Italiano e decisivi, onde escludere la simulazione assoluta, gli assegni circolari portati all’incasso dal venditore e recanti sul tergo la firma di girata anche dell’acquirente.

Quanto all’erroneo accoglimento della domanda di simulazione assoluta proposta da Credito Italiano per non essere stata investita dal ricorso per cassazione, la ricorrente sostiene di avere impugnato la decisione di appello n. 199/2007 in quanto confermativa della sentenza di primo grado che aveva accolto le domande di simulazione assoluta proposte da tutte le parti, compresa quella di Eris Finance, all’epoca Credito Italiano, e che la Corte di Cassazione non aveva esaminato, ritenendolo assorbito, il quarto motivo di ricorso con cui era stata prospettata la infondatezza della domanda di simulazione assoluta: tali censure avrebbero, dunque, dovuto essere esaminate autonomamente dalla Corte di Appello nel giudizio di rinvio.

4) Con il quarto motivo la ricorrente censura la decisione gravata per: a) violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c.; b) violazione e falsa applicazione dei principi di diritto di Cass. Sez. un. 17/11/2000, n. 14892; c) nullità e/o vizio della sentenza e/o del procedimento; d) vizio di omessa pronunzia; e) omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, 4 e 5.

La sentenza gravata si sarebbe occupata solo della liquidazione delle spese del giudizio di rinvio, omettendo di decidere su quelle del giudizio di cassazione, come richiesto dalla sentenza rescindente, e su quelle di primo e secondo grado, in violazione del principio secondo cui il giudice del rinvio ha il compito di provvedere, in ogni caso, sulla liquidazione delle spese di tutti i precedenti gradi di giudizio.

Altro errore rimproverato al giudice del rinvio è quello di avere disposto la compensazione delle spese nel rapporto processuale con il Banco di Napoli e con la Banca Popolare di Novara, pur essendo le loro domande statè dichiarate inammissibili.

5) Va esaminata preliminarmente la eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata nel controricorso di TIBERIUS SPV S.r.L. (pp. 7 e 8).

Specificamente la società resistente deduce che la procura alle liti, non presente sull’originale del ricorso nella prima pagina, è stata sottoscritta in formato autografo, il ricorso è stato notificato tramite PEC cui sono allegati, in formato pdf.p7m, il ricorso, la relata di notifica, il mandato a margine del ricorso, l’attestazione di conformità e lamenta la violazione della L. 179/2012 in relazione agli artt. 365 e 370 c.p.c. che impongono la sottoscrizione autografa e non digitale del ricorso e del controricorso, senza che la sottoscrizione da parte del difensore della procura autografata, allegata alla notificazione a mezzo pec, che riproduce l’immagine della sottoscrizione in formato digitale p7 comporti alcuna sanatoria, in quanto tale effetto può verificarsi solo ed esclusivamente nel caso in cui il ricorso sia stato notificato in forma cartacea tramite ufficiale giudiziario.

La censura è inammissibile per le seguenti ragioni:

a) l’originale del ricorso è in formato cartaceo (analogico);

b) l’atto da notificare non consiste in un documento informatico, ma in un documento cartaceo;

c) poichè questo è stato sottoscritto in originale di suo pugno dal procuratore speciale (come risulta dall’originale depositato in formato cartaceo ai sensi ai sensi dell’art. 369 c.p.c.) e poichè, per la modalità di notificazione prescelta (a mezzo di pec con indirizzo del mittente risultante da pubblico elenco), non vi è incertezza alcuna sull’identificazione della parte e del difensore, non può essere messa in discussione la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio (Cass. 18/07/2018, n. 19078 e già Cass. 19/12/2016, n. 26102).

6) Si può ora passare all’esame dei motivi.

7) Il primo motivo è infondato.

Come è stato chiarito da questa Corte, premesso che l’art. 392 c.p.c. si limita a prevedere che “la riassunzione si fa con citazione”, la quale deve avere il contenuto prescritto dall’art. 163 c.p.c., la corrispondente norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, in tema di “giudizio di rinvio”, contiene significativi elementi di specialità rispetto alla disciplina generale processuale civile.

In primo luogo, al comma 1, formula la clausola della compatibilità logico-giuridica (“in quanto applicabili”) in ordine alla adozione delle forme previste per i giudizi di primo e di secondo grado; al comma 3 prevede la inammissibilità nella sola ipotesi della mancata produzione della copia autentica della sentenza della Cassazione, mentre al comma 4 stabilisce che nel giudizio di rinvio le parti “conservano la stessa posizione processuale” del procedimento in cui “è stata pronunciata la sentenza cassata” e, quindi, non della sola fase di legittimità, ma dell’intero procedimento, e che le stesse “non possono formulare richieste diverse da quelle prese” in precedenza (Cass. 11.11.2003, n. 16871; Cass. 1/10/2003, n. 14616).

Da quanto esposto deriva che il giudizio di rinvio non è un giudizio autonomo, ma la prosecuzione dei precedenti gradi e fasi e quindi il suo ambito relativamente alle domande proponibili è circoscritto ex lege (Cass. 11.11.2003, n. 16871); le parti, inoltre, conservano la medesima posizione processuale.

Nel caso di specie, ammesso che con il ricorso in riassunzione la ricorrente si sia limitata a chiedere, nelle conclusioni, di disporre la prosecuzione del giudizio e, in applicazione del principio di diritto riportato nella sentenza della Corte di Cassazione n. 15791 del 24.06.2013, di emettere i consequenziali provvedimenti al fine di rendere definitiva la sentenza di primo grado, ma non abbia specificato l’oggetto della domanda, le conclusioni rassegnate sono esaurienti ed idonee ad estrinsecare la volontà della parte di riattivare la controversia e di proseguire il giudizio. Con tale atto la ricorrente avrebbe potuto chiedere al giudice di rinvio soltanto che venisse emessa pronuncia conforme alla decisione adottata dalla Corte di Cassazione, ma non avrebbe potuto avanzare nuove domande, nè formulare nuove eccezioni.

L’atto di riassunzione, pertanto, è, di per sè sufficiente a ricollocare le parti nella posizione che avevano assunto nel giudizio conclusosi con la sentenza annullata, con la conseguenza che doveva intendersi riproposta la domanda originaria e su questa doveva provvedere il giudice di rinvio indipendentemente dall’assunzione di specifiche conclusioni in tal senso (Cass. 13/7/98 n. 6828).

Gli altri profili dedotti con il motivo – nullità della sentenza e o del procedimento, omesso esame – risultano sforniti di qualunque attività argomentativa.

8) Il motivo numero due è inammissibile.

La ragione assorbente è che la Corte d’Appello nella sentenza annullata n. 199/2007 aveva disposto, senza che la relativa statuizione fosse oggetto di impugnazione, sì da determinarne il passaggio in giudicato, la carenza di legittimazione ad intervenire nel processo del Fallimento (OMISSIS) S.r.l., oltre che di ENEL Distribuzione S.p.A.

Tanto basta a ritenere assorbite le prospettazioni del ricorrente.

9) Il motivo numero tre è inammissibile per le seguenti ragioni.

La Corte d’Appello ha ritenuto che sulla prova della simulazione del contratto definitivo di vendita la sentenza di primo grado risulti immune da censure, in quanto a fronte dell’esistenza del contratto definitivo di vendita la verifica dell’accordo simulatorio e dell’eventus damni è stata compiuta con riferimento alla stipulazione definitiva, mentre il presupposto soggettivo del consilium fraudis è stato valutato con rifermento al contratto preliminare.

A prescindere, dunque, dal rilievo che il fatto che la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15971/2013 non abbia esaminato per assorbimento i motivi di ricorso numeri tre e quattro non implica che siano stati ritenuti infondati precludendone l’esame – perchè la tecnica dell’assorbimento dei motivi utilizzata dalla pronuncia di legittimità, la quale, aveva dato luogo ad una non pronuncia sui motivi di ricorso numeri tre e quattro (relativi, rispettivamente, alla inammissibilità della richiesta di revoca dell’ordine di esibizione ed alla infondatezza della domanda di simulazione) sul rilievo che la deduzione considerata assorbente, quella su cui si fondava il motivo numero due, assumesse, nel contesto decisionale, una valenza del tutto prioritaria e tale da rendere superfluo l’esame delle altre censure – assume decisività il ritenuto accertamento della simulazione assoluta del contratto definitivo.

Va considerato che la deduzione della ricorrente era volta ad ottenere il rigetto della declaratoria di simulazione assoluta del contratto definitivo di compravendita perchè asseritamente fondata su documenti inammissibili (assegni circolari da cui si sarebbe evinto che la provvista era stata fornita da terzi), in quanto prodotti quando già erano scaduti i termini di cui all’art. 184 c.p.c., e quindi, inutilizzabili a fini probatori, nonchè su prove presuntive e/o su supposizioni contrastate da idonea prova contraria (i documenti della separazione e la CTU).

Premesso che non può essere accreditata una ricostruzione della vicenda e, men che mai può chiedersi un apprezzamento delle prove raccolte divergente da quello compiuto dai giudici di merito, si osserva che il motivo è supportato da un’attività deduttiva carente della dimostrazione dei fatti censurati: avendo lamentato la tardiva produzione degli assegni, a sua volta derivante dall’ordine di loro esibizione, la ricorrente avrebbe dovuto fornire a questa Corte tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Cass. 13/04/2017, n. 9559).

Si è limitata, invece, ad affermare che gli assegni erano stati prodotti tardivamente dal Credito italiano, solo a seguito dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. richiesto dal Banco di Napoli (che, invece, a p. 14 del controricorso deduce di avere depositato già il 13/07/2001 gli assegni nella sua disponibilità) e di avere, per parte sua, tempestivamente chiesto la revoca dell’ordine di esibizione nel corso dell’udienza del 2/10/2011 e in quella successiva di precisazione delle conclusioni, omettendo di fornire la prova della rituale proposizione dell’eccezione di inammissibilità dell’ordine di esibizione e del suo effettivo contenuto nonchè di riferire quale sia stata la evoluzione processuale ed in particolare quali siano stati i provvedimenti adottati (nel controricorso della Società per la Gestione di Attività -S.A. S.p.A, p. 15, è dedotto che il giudice di primo grado ha ritenuto tardiva l’eccezione, perchè formulata solo con la comparsa conclusionale, essendosi in precedenza la ricorrente doluta esclusivamente della irrilevanza ed ininfluenza dei documenti acquisiti ex art. 210 c.p.c.; a p. 14 dello stesso controricorso si legge che la Corte d’appello aveva ritenuto inammissibile l’eccezione ex art. 342 c.p.c.).

Neppure ha dimostrato che peso probatorio abbiano avuto quegli assegni sull’accoglimento della domanda di simulazione assoluta e/o che la decisione sarebbe stata diversa ove essi non fossero stati acquisiti, come da lei richiesto.

La ricorrente si è limitata a proporre le sue tesi, ma senza addurre argomentazioni idonee ad inficiare la motivazione della sentenza quanto alla raggiunta prova della simulazione assoluta. Sarebbe stato, invece, necessario dimostrare un rapporto di causalità fra l’eccezione asseritamente trascurata e la soluzione giuridica adottata; in altri termini, avrebbe dovuto dimostrare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, che l’accoglimento della sua eccezione avrebbe reso la ratio decidendi destituita di ogni fondamento.

Quanto alla censura di omessa pronuncia, essa per essere accolta avrebbe richiesto la completa omissione del provvedimento indispensabile per risolvere il caso concreto; ciò non si è verificato nel caso di specie, stante che l’impostazione logico-giuridica della pronuncia quanto alla prova della simulazione assoluta del contratto definitivo consente di ritenere che il giudice a quo abbia reso la soluzione del caso concreto superando le eccezioni dell’attuale ricorrente.

10) Il motivo numero quattro è infondato.

La premessa in fatto secondo cui il giudice del rinvio non avrebbe liquidato le spese del giudizio di legittimità e di quelle di primo e secondo grado trova esplicita smentita a p. 8 della sentenza gravata ove, facendo buon governo della giurisprudenza di questa Corte (confermata, di recente, da Cass. 13/06/2018, n. 15506), viene dato atto che il giudice del rinvio non deve liquidare le spese con riferimento alla soccombenza in ciascuna fase di giudizio, perchè ciò che rileva non è l’esito della fase di cassazione, bensì l’esito complessivo del giudizio e proprio l’esito complessivo del giudizio ha giustificato la compensazione delle spese.

11) Quanto alla richiesta della società TIBERIUS SPV di condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c., comma 3, la Corte ritiene che non sia meritevole di accoglimento perchè nella proposizione del ricorso non si ravvisano gli indici di uno sviamento del sistema giurisdizionale dai suoi fini istituzionali nè un ingiustificato aumento del contenzioso, vale a dire dei presupposti atti ad integrare gli estremi dell’abuso del processo.

12) Ne consegue il rigetto del ricorso.

13) Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

14) Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per porre a carico della parte ricorrente l’obbligo di pagamento del doppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore di ciascuna società controricorrente, liquidandole in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di Consiglio della Sezione Terza civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2019

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