Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12235 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. II, 10/05/2021, (ud. 13/07/2020, dep. 10/05/2021), n.12235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23395/2019 proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dall’avvocato ELISABETTA

STRUMIA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 318/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da S.M., cittadino (OMISSIS), la sentenza n. 318/2018 della Corte di Appello di Bologna.

Il ricorso è fondato su quattro motivi e non è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Bologna.

Quest’ultimo respingeva il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura ex art. 360, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8, 10 e 13 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Parte ricorrente, dopo aver svolto una “ricostruzione dell’assetto normativo che regola la materia” sostiene l’erroneità della impugnata sentenza – in relazione alle suddette norme – per vizio di “valutazione della credibilità del ricorrente”.

L’assunto di cui al motivo è errato.

La Corte distrettuale risulta, viceversa, aver svolto – per quanto reso possibile – una adeguata valutazione della credibilità della narrazione del ricorrente e della sua situazione personale.

Nella impugnata sentenza, anzi, viene affermato che il ricorrente “non ha compiuto ogni ragionevole sforzo o, meglio, non ha compiuto alcuno sforzo per circostanziare la domanda”.

Ed, ancora, che “il difetto di precisione e di puntualità nella narrazione è indicativo di scarsa aderenza al reale vissuto del dichiarante”.

A fronte di tale svolto accertamento nulla, al di là di generiche affermazioni su come dovrebbe valutarsi la situazione del dichiarante, adduce in senso rilevante parte ricorrente.

Incongruo è quindi il riferimento a pronunce di questa Corte (Cass. n.ri 10922/2019 e 26921/2017), richiamate in via del tutto generica senza fornire, nè prospettare in concreto alcuna specifica situazione di eventuale pericolo.

Il motivo è dunque infondato e deve, quindi, essere respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c).

In motivo, in assenza della pur dovuta indicazione del parametro normativo processuale alla cui stregua è proponibile ricorso per cassazione, lamenta la “mancata valutazione della situazione generale del paese di origine del richiedente”, mancata valutazione connessa – a dire della parte ricorrente – “in ragione della ritenuta non credibilità del ricorrente”.

La censura è infondata in quanto la decisione non ha ancorato la propria decisione alla sola ritenuta non credibilità del richiedente.

Nella motivazione (pp. 4 e ss.) viene anzi fatto derivare proprio dalla esposizione del richiedente la impossibilità della configurazione di una reale situazione di pericolo. Nè risulta che in sede di merito sia stata dedotta una situazione di violenza indiscriminata. Sarebbe stato onere del ricorrente segnalare in quale atto le avesse fatto valere nel codice di reato.

Il motivo deve, dunque, essere rigettato.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3.

Con il motivo si prospetta come “venga in evidenza, quale motivo di vulnerabilità, la povertà” del richiedente per “le condizioni di vita del Senegal”.

Il motivo, come posto, non può essere accolto.

La mera enunciazione dello stato di povertà del paese di origine del richiedente non consente, anche in assenza di sufficienti allegazioni e prospettate valutazioni comparative, di poter ritenere la fondatezza del motivo.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

4.- Con il quarto motivo (rubricato come 3 a p. 17 del ricorso) si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 32, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa motivazione (e) nullità in relazione all’art. 132, n. 4 ed all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Il motivo si duole genericamente della “carenza della motivazione con riferimento a tutti gli,spetti della domanda” e di una pretesa “mancata argomentazione”.

Il motivo, così come articolato, non può ritenersi ammissibile.

Tanto a maggior ragione in dipendenza del noto e qui ribadito principio per cui, specie al cospetto di una prospettazione (come nella fattispecie) del tutto generica, non è configurabile una inesistenza della motivazione prospettabile solo in caso di mancanza assoluta della stessa (ex plurimis: Cass. civ., S.U., Sent. 7 aprile 2014, n. 8053).

5.- Il ricorso deve, dunque e nel suo complesso, essere rigettato.

7.- Nulla va statuito quanto alle spese del giudizio, attesa la mancata resistenza della parte intimata.

8.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte;

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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