Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12233 del 14/06/2016


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Cassazione civile sez. II, 14/06/2016, (ud. 13/04/2016, dep. 14/06/2016), n.12233

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29443/2011 proposto da:

C.F., (OMISSIS), C.S.

(OMISSIS), ELETTIVAMENTE DOMICILIATE IN ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avv.

PAOLO SAPUPPO;

– ricorrenti –

contro

Z.S., C.F. (OMISSIS), M.R. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli Avv.ti

ANTONINO SPADARO, MARCO SPADARO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1160/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 19/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2016 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato Sapuppo Paolo difensore delle ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e il rigetto del controricorso;

udito l’Avv. Spadaro Marco difensore dei controricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento delle difese in atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 26.3.1979 C.F. e Salvatrice, premesso di essere proprietarie della casa in (OMISSIS) in virtù di rogito 3.11.1973, quali aventi causa di C.B., esponevano che dell’immobile faceva parte un cortile al piano terrano, confinante con i coniugi M.R. e Z. S., abusivamente detenuto dagli stessi e li convenivano per il rilascio ed i danni. I convenuti eccepivano di essere proprietari del cortile in virtù del rogito 27.5.1959 ed in ogni caso per usucapione ed in via riconvenzionale chiedevano l’eliminazione di tubi a distanza illegale e la regolarizzazione od eliminazione di servitù.

Istruita la causa, il Tribunale di Siracusa con sentenza non definitiva rigettava l’eccezione di cosa giudicata e con sentenza definitiva rigettava le domande attoree dichiarando il cortile di proprietà dei convenuti, condannando le attrici a regolarizzare luci, vedute ed a rimuovere i tubi mentre la Corte di appello di Catania, con sentenza 19.10.2010, rigettava l’appello principale delle attrici, dichiarava inammissibile l’incidentale dei convenuti con condanna delle prime alle spese, richiamando il titolo di provenienza della dante causa delle C. che non citava il cortile, la planimetria da cui si evinceva che l’immobile C. non aveva accesso al cortile, la ctu e la prova testimoniale sul godimento esclusivo degli appellati e dei danti causa, sulla esclusione di un accesso da parte di terzi e statuendo l’inusucapibilità delle luci e la mancata prova di una usucapione della veduta della terrazza in capo alle attrici.

Ricorrono le C. con tre motivi, illustrati da memoria e produzione documentale, resistono le controparti eccependo l’inammissibilità del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denunzia violazione degli artt. 922, 1158 e 1376 c.c. e vizio di motivazione su un punto decisivo perchè non viene chiarito a che titolo i convenuti sono proprietari del cortile controverso.

Col secondo motivo si denunzia violazione degli artt. 900, 901,902, 1061, 1158 c.c. circa l’usucapione della servitù di affaccio e di veduta.

Col terzo motivo si lamenta violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. perchè la corte di appello ha ignorato che il rigetto dell’appello incidentale costituisce soccombenza reciproca.

Le censure, pur ammissibili ma non risolutive, non meritano accoglimento non può esaminarsi la documentazione che non attiene alla proponibilità del ricorso nè rileva che in altro giudizio il difensore dei controricorrenti abbia dichiarato la morte essendo irrilevanti in cassazione gli eventi interruttivi.

Come dedotto la sentenza ha richiamato il titolo di provenienza della dante causa delle C. che non citava il cortile, la planimetria da cui si evinceva che l’immobile C. non aveva accesso al cortile, la ctu e la prova testimoniale sul godimento esclusivo degli appellati e dei danti causa e sulla esclusione di un accesso da parte di terzi ed ha statuito l’inusucapibilità delle luci e la mancata prova di una usucapione della veduta in capo alle attrici.

Ciò premesso, la prima censura omette di considerare che gli attori dovevano dare la prova della proprietà per cui correttamente la loro domanda è stata rigettata sul rilievo della sussidiarietà delle mappe catastali e del fatto che la propriretà del cortile era esclusa dallo stesso titolo di acquisto (1973) delle attrici, in cui il cortile era indicato come confine, come confermato dalla planimetria allegata, dal titolo di provenienza e dalla mancanza di accesso.

Si chiede, pertanto, un inammissibile riesame del merito.

La seconda censura si limita a contrapporre una propria tesi alle affermazioni contenute nella sentenza e richiede un riesame del merito ed un nuovo accertamento in fatto rispetto ad una sentenza che, alle pagine diciassette, diciotto e diciannove, ha escluso sia acquisibile per usucapione una servitù di luce (ove anche configurabile) irregolare sia perchè difetta il requisito dell’apparenza, trattandosi di tipica servitù negativa, sia perchè ai sensi dell’art. 902 c.c. il vicino ha sempre diritto di esigerne la regolarizzazione e per la terrazza non v’era prova che la veduta fosse stata esercitata per il tempo occorrente al maturarsi dell’usucapione richiamando la genericità del gravame e la prova testimoniale.

Per la configurabilità del possesso “ad usucapionem”, è necessaria la sussistenza di un comportamento continuo, e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo all’uopo previsto dalla legge, un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena” (“ex plurimis” Cass. 9 agosto 2001 n. 11000), un potere di fatto, corrispondente al diritto reale posseduto, manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità e alla destinazione della cosa e tali da rilevare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria sulla cosa stessa contrapposta all’inerzia del titolare del diritto (Cass. 11 maggio 1996 n. 4436, Cass. 13 dicembre 1994 n. 10652).

Nè è denunciabile, in sede di legittimità, l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla validità degli eventi dedotti dalla parte, al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano o meno gli estremi di un possesso legittimo, idoneo a condurre all’usucapione (Cass. 1 agosto 1980 n. 4903, Cass. 5 ottobre 1978 n. 4454), ove, come nel caso, sia congruamente logica e giuridicamente corretta.

Alla cassazione della sentenza si può giungere solo quando la motivazione sia incompleta, incoerente ed illogica e non quando il giudice del merito abbia valutato i fatti in modo difforme dalle aspettative e dalle deduzioni di parte (Cass. 14 febbraio 2003 n. 2222).

La terza censura è infondata perchè l’appello incidentale è stato dichiarato inammissibile per tardività ed è stata sancita la soccombenza delle attrici.

In definitiva, il ricorso va interamente rigettato, con la conseguente condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti alle spese, liquidate in euro 2700 di cui 2500 per compensi, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2016

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