Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12226 del 10/05/2021

Cassazione civile sez. III, 10/05/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 10/05/2021), n.12226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31702/2018 proposto da:

AXA ASSICURAZIONI SPA, GEOFOR SPA, elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA S. COSTANZA 27, presso lo studio dell’avvocato LUCIA MARINI,

rappresentate e difese dagli avvocati SERGIO PASSONI, GABRIELLA

TIBI;

– ricorrenti –

contro

K.A., H.F., K.S., KH.AN.,

HI.AY., K.H., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOACCHINO BELLI, 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI,

rappresentati e difesi dagli avvocati GIUSEPPE DATI, STEFANO VISCHI;

– controricorrenti –

e contro

K.A., KH.AN., C.I.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2181/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26/9/2018 la Corte d’Appello di Firenze, in accoglimento del gravame interposto dai sigg. K.A. – in proprio e quale procuratrice di K.H. e S. – tutti quali eredi del defunto sig. K.M., e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Pisa 1/7/2015, ha accolto la domanda dai medesimi originariamente proposta nei confronti del sig. C.I., della società Geofor s.p.a. e della compagnia Axa Assicurazioni s.p.a. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) lungo la (OMISSIS) tra il ciclomotore Peugeot condotto dal sig. K.M. e l’autocarro Fiat Iveco di proprietà della società Geofar s.p.a. e condotta dal C., all’esito del quale il K.M. decedeva.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito le società Axa Assicurazioni s.p.a. e Geofar s.p.a. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso i sigg. K.A. ed altri.

L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo le ricorrenti denunziano “violazione o falsa applicazione” degli artt. 1227,2054,2056 c.c., art. 115 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunziano “violazione o falsa applicazione” degli artt. 2697,2729 c.c., artt. 444,445 c.p.p., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunziano”omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio e “vizio di motivazione”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 4 motivo denunziano “violazione o falsa applicazione” degli artt. 1233,2056,2697,2729 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che le ricorrenti fanno riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, all'”atto di citazione notificato a mezzo del servizio postale in data 17 aprile 2013″, alla loro “comparsa di risposta in data 11 luglio 2013″, alla prova testimoniale, alla sentenza del giudice di prime cure, all'”atto di citazione del 30 novembre 2015”, alla relazione del “CT del PM ing. M.”, al “verbale redatto dalla Polizia Stradale (doc. 5, pagg. 3 e segg.)”, alla “condotta posta in essere dal danneggiato”, alle “risultanze degli atti”, alla “condotta del signor K.”, alle “condizioni meteo caratterizzate da forte vento (doc. 14 e deposizione del teste F. alla prima udienza”, ai “tre certificati di residenza rilasciati dal Comune di Cerreto Guidi in data 5 ottobre 2018”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso, ovvero, laddove riprodotti (es., parte delle “deposizioni dei testi M. e F.”, parte della “relazione del consulente medico-legale del P.M., Dott. P.L., a pag. 5 della relazione prodotta come doc. 7”), senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (v. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

L’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono pertanto dalle odierne ricorrenti non idoneamente censurati.

E’ al riguardo appena il caso di osservare come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che i requisiti di formazione del ricorso vanno sempre ed indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano infatti ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare, vanno osservati anche in ipotesi di non contestazione ad opera della controparte (quando cioè si reputi che una data circostanza debba ritenersi sottratta al thema decidendum in quanto non contestata: cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221), ovvero allorquando la S.C. è (pure) “giudice del fatto” (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass., 13/3/2007, n. 5836; Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664, nonchè, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5934, Cass., 17/2/2017, n. 4288; Cass., 28/7/2017, n. 18855).

Va per altro verso posto in rilievo come al di là della formale intestazione dei motivi le ricorrenti deducano in realtà doglianze (anche) di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie vizi della motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Senza sottacersi (con particolare riferimento al 2 motivo) che, diversamente da quanto dalle odierne ricorrenti sostenuto (“nessun argomento di prova può essere desunto da una sentenza di patteggiamento”), nel giudizio civile di risarcimento dei danni e di restituzioni la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., costituisce invero un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragioni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità, ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione, sicchè, pur non potendo configurarsi come sentenza di condanna, presuppone pur sempre una ammissione di colpevolezza ed esonera la controparte dall’onere della prova (v. Cass., Sez. Un., 20/09/2013, n. 21591; Cass., 18/4/2013, n. 9456; Cass., Sez. Un., 31/7/2006, n. 17289. E, conformemente, Cass., 29/02/2016, n. 3980; Cass., 27/2/2017, n. 4920; Cass., 18/12/2017, n. 30328), costituendo indizio liberamente apprezzabile dal giudice civile ai fini degli accertamenti di sua competenza (v. Cass., 11/3/2020, n. 7014; Cass., 6/12/2011, n. 26250; Cass., 11/5/2007, n. 10847), utilizzabile insieme ad altri ex art. 2729 c.c. (cfr. Cass., 30/7/2018, n. 20170).

A tale stregua il motivo è inammissibile anche ex art. 360 bis c.p.c..

Non può sotto altro profilo del pari sottacersi (con particolare riferimento al 4 motivo, con il quale le ricorrenti si dolgono non essersi dalla corte di merito considerato che, essendo “il signor K.M…. cittadino marocchino, come del resto gli odierni intimati” questi ultimi, “al fine di ottenere il preteso risarcimento dei danni, erano innanzitutto gravati dall’onere della prova relativo alla sussistenza della condizione di reciprocità di cui al citato art. 16 preleggi e, più specificamente, della risarcibilità di ogni singola voce di danno pretesa nella presente causa anche nell’ordinamento del loro Stato di cittadinanza: onere che non è stato assolto”; lamentano altresì che “la condizione di straniero non consente di applicare (contrariamente a quanto hanno ritenuto i giudici fiorentini) le c.d. tabelle milanesi, atteso che, tenuto conto delle diverse condizioni economiche e reddituali esistenti in Italia ed in Marocco, la loro applicazione determina una ingiusta ed illegittima locupletazione, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 1223 c.c.”) che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in termini che vanno anche nel caso ribaditi, nella parte in cui subordina alla condizione di reciprocità l’esercizio dei diritti civili da parte dello straniero l’art. 16 preleggi, pur essendo tuttora vigente, deve essere interpretato in modo costituzionalmente orientato, alla stregua del principio enunciato dall’art. 2 Cost., che assicura tutela integrale ai diritti inviolabili della persona; con la conseguenza che allo straniero è sempre consentito, a prescindere da qualsiasi condizione di reciprocità, domandare al giudice italiano il risarcimento del danno, patrimoniale e non, derivato dalla lesione di diritti inviolabili della persona (quali il diritto alla salute e ai rapporti parentali o familiari), ogniqualvolta il risarcimento dei danni – a prescindere dalla verificazione in Italia del loro fatto generatore – sia destinato ad essere disciplinato dalla legge nazionale italiana, in ragione dell’operatività dei criteri di collegamento che la rendono applicabile (v. Cass., 4/4/2013, n. 8212; Cass. n. 7049/12; Cass., 11/1/2011, n. 450; Cass., 24/2/2010, n. 4484; Cass., 7/5/2009, n. 10504).

A tale stregua il motivo è inammissibile anche ex art. 360 bis c.p.c..

Emerge evidente, a tale stregua, come le odierne ricorrenti in realtà inammissibilmente prospettino invero una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonchè una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altro intimato, non avendo il medesimo svolto attività difensiva.

Va altresì disposta, ricorrendone i presupposti, la condanna -irrogabile d’ufficio in tutti i casi di soccombenza quale sanzione (autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., commi 1 e 2 e con queste cumulabile) di carattere pubblicistico (volta a salvaguardare finalità correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonchè interessi della par e vittoriosa, ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso dello strumento processuale, con un’utilizzazione del potere, di per sè legittimo, di promuovere la lite in concreto volta a realizzare fini diversi da crolli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte) – della ricorrente al pagamento della somma equitativamente liquidata in dispositivo ex art. 96 c.p.c., comma 3 (cfr. Cass., Sez. Un., 13/9/2018, n. 22405, nonchè, da ultimo, Cass., 2/4/2019, n. 9064; Cass., 28/8/2019, n. 21759 e Cass., 20/4/2020, n. 7954), non essendo al riguardo richiesta nè la domanda di parte nè la prova del danno, nè il riscontro dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì meramente di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo” (cfr. cfr. Cass., 27/2/2019, n. 5725; Cass., Sez. Un., 13/9/201 n. 22405; Cass., Sei. Un., 20/4/2018, n. 9912)).

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore dei controricorrenti. Condanna le ricorrenti altresì al pagamento in favore dei medesimi di Euro 5.000,00 ex art. 96 c.p.c., comma 3.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2021

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