Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12225 del 19/05/2010
Cassazione civile sez. trib., 19/05/2010, (ud. 26/03/2010, dep. 19/05/2010), n.12225
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S.
ALBERTO MAGNO 9, presso lo studio dell’avvocato SEVERINI GAETANO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO BRACCO,
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (Ufficio di (OMISSIS)) in persona del Direttore
pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 60/2007 della Commissione Tributaria Regionale
di TORINO del 6.11.07, depositata il 06/12/2007;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/03/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.
E’ presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.
Fatto
IN FATTO E IN DIRITTO
1. B.G. propone ricorso (successivamente illustrato da memoria) per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di irrogazione sanzioni, la C.T.R. Piemonte riformava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente.
2. Il primo motivo di ricorso (col quale si deduce vizio di motivazione, rilevando che la scarna motivazione posta a base della decisione non consente di identificare il processo logico-giuridico posto a base della decisione) risulta, prescindendo da altre, pur possibili considerazioni nel merito, innanzitutto inammissibile in quanto, concludendosi con un quesito incongruo per il vizio denunciato, risulta carente in relazione al disposto dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2, che, nel caso in cui sia dedotto vizio di motivazione, prevede una illustrazione contenente la chiara e concisa indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, essendo appena il caso di aggiungere che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere suddetto deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. cass. n. 8897 del 2008).
Peraltro, anche valutando (in un’ottica conservativa) il quesito redatto in calce al motivo in esame ai fini della illustrazione richiesta dal citato art. 366 c.p.c., comma 2, è da rilevare che esso contiene informazioni che risultano inesatte alla stregua di quanto riportato nello stesso motivo. Invero, nel quesito (valutato, per quanto sopra esposto, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2) la ragione per la quale la motivazione della sentenza impugnata deve ritenersi insufficiente al punto da renderla inidonea a giustificare la decisione nel fatto è ravvisata nel fatto che essa è fondata soltanto sulla circostanza della mancata esibizione del libro matricola al momento dell’accesso, tuttavia dallo stesso motivo (e dalla lettura della sentenza impugnata) risulta che la decisione è fondata sulla considerazione di più circostanze (la cui lettura complessiva, peraltro, consente agevolmente di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dai giudici d’appello), e precisamente: la mancata esibizione al momento dell’accesso dei libri contabili o di eventuali copie; le dichiarazione del dipendente, risultante dal verbale, secondo la quale egli non aveva ricevuto la lettera di assunzione attestante l’avvenuta iscrizione sul libro matricola; la mancata esibizione da parte del contribuente di altri elementi a sostegno della propria tesi.
Il secondo motivo di ricorso (col quale si deduce vizio di motivazione, rilevando l’omessa considerazione, da parte dei giudici d’appello, delle dichiarazioni rese da B.G. riportate nell’allegato 2 al p.v. del 110-03, delle dichiarazioni rese da C.O. riportate nei p.v. del 24-09-03 e del 1- 10-03, nonchè delle risultanze del libro matricola riportate nel p.v. del 1-10-03) risulta improcedibile per omesso deposito, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., n. 4, degli atti e documenti sui quali esso è fondato (in particolare, le parti di p.v. e relativi allegati dai quali risulterebbero le circostanze asseritamente decisive e trascurate dai giudici d’appello), senza che in contrario rilevi la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito di tale fascicolo o del fascicolo di parte (che in ipotesi tali atti contenga), se esso non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c., o se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato (v. in tal senso la più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale il collegio intende dare continuità in assenza di valide ragioni per discostarsene, e, in particolare, S.U. n. 28547 del 2008 nonchè, tra le altre, Cass. n. 24940 del 2009 e n. 303 del 2010).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio d legittimità che liquida in Euro 1.100,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2010