Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12221 del 14/06/2016

Cassazione civile sez. VI, 14/06/2016, (ud. 14/01/2016, dep. 14/06/2016), n.12221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25990-2014 proposto da:

O.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO,

78, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FERRARA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SILVIO FERRARA, giusta mandato

a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

PREFETTURA DI ROMA, in persona del Prefetto pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 35533/2014 del GIUDICE DI PACE di ROMA,

depositato il 09/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2016 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO DE CHIARA.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

Il sig. O.H. propose ricorso avverso il decreto di espulsione notificatogli l’11 aprile 2014 dal Prefetto di Roma, lamentando che il provvedimento non era tradotto in lingua da lui conosciuta – segnatamente in francese, lingua ufficiale del Niger, suo pese di origine – e che l’espulsione era frutto di un errore di persona.

L’adito Giudice di pace di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso perchè tardivo, essendo stato depositato il 10 giugno 2014, oltre il termine perentorio di trenta giorni dalla notifica del decreto. D’altra parte – ha aggiunto – l’attestazione dell’amministrazione dell’impossibilità di tradurre il provvedimento espulsivo in lingua conosciuta dall’interessato non è sindacabile dal giudice, e del resto il provvedimento era stato tradotto in inglese.

Il sig. O. ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’amministrazione intimata ha presentato “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza.

Con relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. il Consigliere relatore ha proposto l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, in relazione all’art. 134 c.p.c., reiterando la doglianza di omessa traduzione del decreto espulsivo in lingua francese, da cui deriva la rimessione in termini per impugnare il provvedimento – non avendo il ricorrente potuto, per tal motivo, avere contezza del termine per impugnarlo – e la nullità del medesimo, e lamentando che il giudice di pace non abbia tenuto conto della nazionalità nigerina del ricorrente, emergente dai documenti in atti.

2. – Il motivo è fondato.

In base al più recente orientamento di questa Corte, è nullo il decreto di espulsione tradotto in lingua veicolare per l’affermata irreperibilità immediata di un traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi ed il giudice ritenga plausibile l’impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dallo straniero per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tal testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta (Cass. 3676/2012, 3678/2012 e successive conformi).

Il giudice di merito ha dunque errato nel ritenere insindacabile l’attestazione d’indisponibilità di un interprete da parte dell’amministrazione.

3. – Il provvedimento impugnato va conseguentemente cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ult. parte, con l’annullamento del decreto di espulsione.

Le spese di entrambi i gradi del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione indicato in motivazione; condanna l’amministrazione intimata alle spese processuali, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per compensi di avvocato, quanto al giudizio di merito, e in Euro 2.300,00, di cui Euro 2.100,00 per compensi di avvocato, quanto al giudizio di legittimità, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2016

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