Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12220 del 22/06/2020

Cassazione civile sez. I, 22/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 22/06/2020), n.12220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3182/2019 proposto da:

D.J., rappresentato e difeso dall’avvocato Ameriga Petrucci

del Foro di Potenza, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 357/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 05/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal cons. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 357/2018 pubblicata il 05/06/2018 la Corte d’appello di Potenza ha respinto l’appello proposto da D.J., cittadino del Gambia, avverso l’ordinanza del Tribunale di Potenza che aveva rigettato la sua domanda avente ad oggetto in via gradata il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. La Corte territoriale ha ritenuto che fosse venuto meno il motivo per cui il richiedente aveva riferito di essere fuggito dal suo Paese, ossia a cagione della sua opposizione alla pratica dell’infibulazione nei confronti delle sorelle, in quanto l’infibulazione era stata praticata e le minacce dello zio e degli abitanti del suo villaggio non risultavano più convincenti, oppure degradavano a questione meramente privata. La Corte d’appello ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, non avendo allegato il richiedente alcuna connessione tra la sua situazione personale e l’esistenza del conflitto armato o la situazione di violenza indiscriminata. La Corte d’appello ha, inoltre, confermato la statuizione di diniego della protezione umanitaria, non ravvisando sussistenti profili di vulnerabilità del richiedente, avuto riguardo a quanto dallo stesso allegato.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta il diniego dello status di rifugiato, in relazione ai vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5. Si duole dell’omesso esame e dell’omessa motivazione circa il primo motivo di appello, riguardante il riconoscimento dello status di rifugiato, che riporta nel testo del ricorso. Espone di aver allegato di essere fuggito dal Gambia perchè si era opposto alla mutilazione genitale femminile delle sue sorelle e per questo motivo era stato minacciato di morte dallo zio paterno e dagli abitanti del suo villaggio. Deduce che non è comprensibile e logica la motivazione esplicitata dalla Corte d’appello, che non ha svolto alcun accertamento istruttorio riguardo alla pratica dell’infibulazione in Gambia, al contesto sociale, al significato e alla valenza di quella pratica.

2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole del diniego della protezione sussidiaria, denunciando i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Deduce che la motivazione della sentenza impugnata è apparente, affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perplessa ed obiettivamente incomprensibile e adduce che, nella specie, non può operare il principio della “doppia conforme” in quanto non erano stati attivati nei due gradi di giudizio i poteri ufficiosi del Giudice sulla verifica della situazione geopolitica del Gambia. Si duole dell’errata valutazione degli elementi fondanti la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) ed anche delle lett. a) e b) del citato articolo. Lamenta l’omessa acquisizione di informazioni d’ufficio e l’omesso approfondimento della situazione di violenza indiscriminata nel suo Paese, in base a fonti internazionali, nonchè sui rischi che corrono coloro che si oppongono alla pratica dell’infibulazione.

3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole del diniego della protezione umanitaria, denunciando i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Nel ribadire che, anche in ordine a tale statuizione, la motivazione della sentenza impugnata è apparente, affetta da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, perplessa ed obiettivamente incomprensibile e che, nella specie, non può operare il principio della “doppia conforme”, richiama diffusamente pronunce di questa Corte e rimarca che, in base a numerose ed accreditate fonti internazionali, in Gambia le condizioni di vita sono precarie, con riferimento alla compromissione dei diritti umani, alla salute, all’emergenza ambientale e all’alimentazione, e che era stata omessa la valutazione della sua situazione di vulnerabilità e del suo livello di integrazione in Italia, in base alla comparazione da effettuarsi come da pronuncia n. 4455/2018 di questa Corte.

4. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, in quanto entrambi attinenti al dovere di attivazione dei poteri istruttori ufficiosi sui fatti allegati dal richiedente ai fini del riconoscimento del rifugio e della protezione sussidiaria, sono fondati nel senso di seguito precisato.

4.1. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che “il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nel prevedere che “ciascuna domanda è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi sono transitati” deve essere interpretato nel senso che l’obbligo di acquisizione di tali informazioni da parte delle Commissioni territoriali e del giudice deve essere osservato in diretto riferimento ai fatti esposti ed ai motivi svolti in seno alla richiesta di protezione internazionale” (Cass. ord. n. 30105 del 2018). Questa Corte ha, inoltre, chiarito che se il cittadino straniero abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di eseguire le indagini ufficiose, correlate alle specifiche allegazioni del richiedente, stante l’attenuazione del potere dispositivo, che riguarda la dimostrazione dei suddetti fatti (Cass. ord. n. 17069/2018; Cass. 19716/2018). Infatti la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, incombendo al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (Cass. n. 19716 del 2018). Al fine di ritenere adempiuto il dovere di cooperazione istruttoria, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass. ord. n. 11312 del 2019).

4.2. Nel caso di specie, il ricorrente ha allegato, quali elementi fondanti il riconoscimento sia del rifugio, sia della protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. a) e b), di essersi opposto alla pratica dell’infibulazione delle sue sorelle e di essere stato, perciò, minacciato, anche di morte, dallo zio paterno e dagli abitanti del suo villaggio, essendo in Gambia ampiamente diffusa quella pratica, nonchè conforme alla cultura e tradizione di quel Paese.

A fronte di dette allegazioni, sufficientemente chiare e specifiche, la Corte territoriale, pur non esprimendo il giudizio di non credibilità di quella ragione di fuga, non ha ritenuto di dover attivare i poteri istruttori ufficiosi sulla diffusione della pratica dell’infibulazione in Gambia e sul significato di quella pratica nel contesto sociale di riferimento, anche al fine di valutare la credibilità estrinseca del racconto del ricorrente in ordine alle conseguenze di cui sono passibili coloro che si oppongono alla suddetta pratica. Inoltre la Corte territoriale, implicitamente rigettando anche la domanda di rifugio, ha ritenuto non più attuale il rischio di persecuzione o danno grave in capo al ricorrente in ragione del fatto che l’infibulazione era già stata praticata alle sue sorelle. Tuttavia la Corte d’appello non ha precisato da quale fonte informativa abbia tratto quel convincimento, in contrasto con quanto allegato sul punto dal richiedente, il quale deduce che “l’opposizione che lui ha manifestato ha offeso sia la famiglia (lo zio) che il contesto sociale” (pag. n. 7 ricorso) e che, pertanto, è ancora attuale il pericolo di subire ritorsioni e minacce gravi, anche alla sua vita, in caso di rimpatrio, in ragione del fortissimo radicamento culturale e tradizionale della pratica dell’infibulazione in Gambia.

Va aggiunto che l’accertamento istruttorio correlato alla specificità delle allegazioni del ricorrente non riguarda solo l’indagine sull’obbligatorietà o meno della pratica dell’infibulazione nel Paese di origine del ricorrente, atteso che la mera non obbligatorietà di detta pratica a livello legale o religioso non può ritenersi di per sè decisiva, ove la stessa sia ampiamente imposta da un costume sociale cogente in quel Paese. Il potere-dovere istruttorio demandato ai Giudici di merito dovrà, quindi, esercitarsi acquisendo informazioni accurate e aggiornate anche sul costume sociale cogente in Gambia e fornite dagli organismi internazionali che si occupano del monitoraggio della pratica dell’infibulazione, al fine di un suo efficace contrasto in nome della dignità e della salute delle donne (Cass. n. 29836/2019).

La Corte d’appello non si è, dunque, attenuta ai principi di diritto suesposti, omettendo ogni indagine ufficiosa nei termini precisati e, così, incorrendo nel vizio di violazione di legge denunziato.

4.3. Quanto ai presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati abbiano raggiunto un grado di violenza indiscriminata talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria (Cass. n. 13858/2018 e Cass. n. 9090/2019).

Nel caso di specie, la Corte territoriale, in violazione del dovere di cooperazione istruttoria di cui si è detto, non ha compiuto nessun accertamento sulla situazione del Gambia, ed a tanto provvederà il giudice del rinvio, che darà conto delle fonti informative attinte, in modo da verificarne anche l’aggiornamento (Cass. n. 14283/2019).

5. Resta assorbito il terzo motivo, che concerne la protezione cd. minore.

6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, i motivi primo e secondo meritano accoglimento nel senso precisato, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi primo e secondo di ricorso, dichiarato assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2020

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